BILANCIERE O MANUBRI, QUALE PREDILIGERE?

Si tratta forse di uno dei più grandi, ed ancora aperti, dibattiti nella storia del bodybuilding.
Da sempre si cerca di dare una risposta a questa domanda, e di scegliere un vincitore analizzando ogni possibile beneficio o punto debole di questi strumenti. Quale risulta più funzionale?
Quale di permette di progredire più velocemente nei carichi?
Quando scegliere l’uno o l’altro?

Nell’allenamento, la chiave per progredire è non utilizzare un solo metodo o strumento.
Iniziamo quindi la nostra analisi dalla risposta: scegliamo entrambi, a seconda del contesto!

L’utilità ed i benefici che apportano infatti dipendono dal contesto in cui vengono utilizzati e dal soggetto a seconda della conformazione, della simmetrie e delle predominanze tra i gruppi muscolari.

Differenze tra manubri e bilanciere

La differenza più lampante tra questi attrezzi è sicuramente il fatto che il bilanciere debba essere impugnato con ambo le mani, e quindi non permette a queste di muoversi liberamente nello spazio durante gli esercizi vincolandole al punto in cui si trovano, mentre con i manubri ogni mano può muoversi in maniera indipendente ed è possibile anche svolgere esercizi unilaterali.

Da questa caratteristica fondamentale, dipendono tutte le differenze tra questi due attrezzi, i vari pro e contro dell’utilizzo degli uni rispetto all’altro.

Manubri vs bilanciere:

  • Un bilanciere per essere utilizzato necessita di entrambe le mani, mentre l’esercizio con i manubri può essere anche unilaterale.
  • I manubri se già composti (i classici presenti in palestra), permettono variazioni di carico crescenti, o decrescenti, fisse (solitamente 2/2,5kg), il bilanciere permette invece variazioni anche minime di 0,5/1kg
  • I manubri consentono un maggiore range di movimento e una gamma più ampia di esercizi rispetto al bilanciere.
  • È possibile lavorare su asimmetrie usando i manubri grazie ai lavori unilaterali, a differenza del bilanciere che non permette di fare questo ed anzi, potrebbe portare ad un peggioramento delle stesse.
  • Il bilanciere permette in alcuni esercizi di sollevare pesi maggiori o comunque farlo in modo più confertevole rispetto ai manubri (basti pensare a delle distensioni su panca piana, staccare dal rack un bilanciere già carico è più comodo che portarsi dei manubri pesanti da terra al petto), ed è quindi più favorevole in alcuni casi per progredire con i carichi.
  • Ci sono poi alcuni esercizi che coi manubri non possono essere eseguiti e viceversa col bilanciere, basti pensare ad un curl su panca 45 gradi o ad uno stacco sumo/regular.

Benefici e limiti dell’uso del bilanciere

Nell’utilizzo del bilanciere avere lemani vincolate in una posizione offre un grande vantaggio per i lavori con stimolo meccanico/neurale.
Questo perché, a differenza dei manubri, il fatto che entrambi gli arti lavorino sul medesimo attrezzo, permette di esprimere il massimo della forza, questo grazie anche al carico più stabile che il bilanciere regala a differenza dei manubri e ciò porta ad una minore dispersione di “energie” nei muscoli stabilizzatori, muscoli che coi manubri vengono coinvolti maggiormente.

Questo è il motivo per cui le gare di sollevamento pesi vengono svolte col bilanciere, coi manubri non si avrebbe la possibilità di esprimere la medesima forza e per di più sarebbe anche più complesso valutare l’alzata.

Infine, il bilanciere è più facile da prendere e da posizionare in quanto in genere si trova quasi sempre sul suo apposito supporto, si possono incrementare i carichi anche di frazioni di chilo ed è più facile mantenere una traiettoria senza sbavature.

Benefici e limiti dell’uso dei manubri

Sia che se ne stia usando uno o due alla volta, i manubri consentono una maggiore libertà di movimento rispetto al medesimo esercizio svolto con bilanciere.
Consentono di muovere le mani in modo indipendente e di intra o extra-ruotare l’omero durante il movimento.
Questo è un vantaggio fondamentale, in quanto permette di assecondare/ rendere più gentile il movimento per le proprie articolazioni.
Molto utili anche come varianti ad esercizi in cui è presente del dolore se eseguiti col bilanciere, in quanto, regalando più libertà di movimento, i manubri permettono di arginare il problema in alcuni casi.

Quando si esegue un esercizio con bilanciere, se uno dei due arti presenta ventri muscolari più sviluppati diventa dominante e può portare a dei compensi per il braccio più debole creando così maggiori asimmetrie.
Questo può aiutare ad aumentare il peso, ma appunto accentuerà solo gli squilibri. 
L’uso dei manubri invece può migliorare ciò, in quanto il lato forte sarà costretto a “star dietro” a quello debole, evitando che si sviluppi più del dovuto.

Panca piana, manubri e bilanciere a confronto.

La panca piana è un classico intramontabile presente in quasi qualsiasi routine di allenamento e può essere eseguita sia con bilanciere che con manubri.

Risulta difficile dire quale dia maggior beneficio, perché, come già detto in precedenza ci sono molteplici fattori da tenere in considerazione.

In primis la conformazione del soggetto, in caso sia presente una cassa toracica stretta e/o degli arti lunghi, il bilanciere potrebbe risultare meno proficuo, anche se, nel caso ci trovassimo in contesto come il powerlifting, i manubri assumerebbero un ruolo marginale, per lavori accessori.

Oltre a questo, anche la mobilità piò influire, un soggetto con mobilità limitata della spalla troverà maggior beneficio nell’ausilio dei manubri, grazie ai quali riuscirà ad utilizzare un ROM più ampio.

Vi porto anche il mio esempio, ho sempre avuto buoni carichi nella panca piana eseguita col bilanciere, ma ormai da svariati mesi sono passato ad utilizzare prettamente i manubri in quanto il bilanciere, grazie a qualche problema di postura stava portando a sovraccaricare più del dovuto l’articolazione del deltoide e peggiorando le asimmetrie a livello del gran pettorale già presenti.

CONCLUSIONI

Manubri o bilanciere, non vi è un reale vincitore, bensì la possibilità di sfruttare due attrezzi con peculiarità differenti che vi permetteranno di giostrarvi nel migliore dei modi in base al tipo di lavoro svolto ed alla vostra conformazione.
Non escludete nessuno dei due dalla vostra routine di allenamento, ma utilizzateli con cognizione di causa.

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STACCO SUMO E STACCO REGULAR: QUALE SCEGLIERE?

“È meglio lo stacco sumo o lo stacco regular?”, questa domanda mi viene posta molto di frequente dai ragazzi che alleno, in quanto come ben sanno, sono un grande amante di queste alzate e come al solito la mia risposta è “dipende”, so che la odiate ma purtroppo è così, non c’è mai una risposta corretta per tutti, bensì, è la soggettività a fare da padrone.

Per questo articolo ho deciso di rifarmi ad uno di Greg Nuckols: https://www.strongerbyscience.com/should-you-deadlift-conventional-or-sumo/
In modo tale da poter rispondere nel modo più completo e preciso possibile.

Se il soggetto in questione allena lo stacco per la forza generale e non con particolari pretese consiglierei quanto detto da Greg Nuckols, ovvero di allenarli tutti a due per un po’ con carichi sub massimali e poi decidere in base a quello che ha regalato il miglior feeling.

In caso però ci fossero obiettivi ben specifici, bisogna andare per gradi, prima stabilire il fine per cui viene utilizzato, quindi se per l’ipertrofia o la forza, o meglio, se per il bodybuilding o il powerlifting.

IPETROFIA

Nel primo caso, se lo stacco come fine ultimo ha la ricerca dell’ipertrofia, bisognerà regolarsi in base alle predominanze dei vari gruppi muscolari del soggetto in questione, a seconda di ciò sarà possibile decidere quale versione utilizzare.

Per fare questo infatti bisogna prima di tutto capire a livello anatomico quali sono i fasci muscolari coinvolti ed in che proporzioni lo sono nello stacco regular e nella versione sumo.
In questo modo sarà possibile scegliere l’alzata più idonea al soggetto in questione, c’è bisogno di più lavoro sul dorso, uno stacco regular sarà sicuramente più efficace rispetto ad un sumo in cui il lavoro a carico del back è inferiore ed è maggiore invece quello a carico del lower.

In secondo luogo va valutato il feeling del soggetto, perché, se la versione più idonea è quella con cui ha il peggior feeling piuttosto è meglio prediligere l’altra, oppure, eliminarlo proprio dalla routine.
Eliminarlo perché oggettivamente è inutile/controproducente andare ad utilizzare per forza un’alzata in cui la spesa è maggiore del guadagno.

FORZA

In ottica di “forza”, la scelta dello stacco diventa ben più complessa, in quanto è necessario considerare l’anatomia del soggetto che deve andare ad eseguirlo e più che una questione di lunghezza delle leve, i punti fondamentali da tenere in considerazione sono altri…

In primis va tenuta in considerazione la conformazione dell’anca in quanto va ad impattare sul carico sollevato, dato che influenza la capacità di assumere determinate posizioni nello stacco.

Il bacino è geneticamente differente in ciascun individuo, in termini di grandezza e forma.
Sappiamo che nel bacino va ad incastrarsi, tipo le lego, la testa del femore.
Questo incastro avviene nell’acetabolo del bacino e comprende appunto il bacino ed il femore.
Bacino e femore, in individui diversi, sono diversi.
Abbiamo tutti una conformazione di bacino e femore diversa e questo determina le posizioni che possiamo assumere.
Quindi è possibile trovare tre strutture del bacino…

Al primo posto possiamo vedere la struttura di un bacino neutrale, in quanto presenta un’inclinazione del femore ed un acetabolo neutrali.
Questa struttura è una via di mezzo che permette di scegliere bene o male quale set up assumere nello stacco.

Al secondo posto possiamo vedere una struttura che prende il nome di vara come le ginocchia quando tendono verso l’esterno.
Questo renderà difficoltoso assumere stance piuttosto ampie come nel sumo, in quanto nel momento che il soggetto interessato tenderà ad abdurre il femore, quindi a portarlo verso l’esterno, questo troverà un blocco articolare nel suo percorso, che non gli permetterà di andare molto oltre.
In questo caso sarà sicuramente meglio prediligere lo stacco regular.

Al terzo posto invece troviamo una struttura valga, in questo caso sarà possibile utilizzare stance molto ampie ed al contrario si troveranno problemi ad utilizzare stance “strette”, come nel regular.

In secondo luogo bisogna levarsi dalla testa l’idea che il sumo permetta di alzare più kg rispetto al regular perché il ROM è ridotto e vi spiego subito il perché…

Intanto basti pensare che la maggior parte dei record di stacco al mondo sono stati fatti utilizzando il regular e se il sumo fosse effettivamente così semplice da eseguire rispetto al regular il mondo sarebbe pieno o di eroi coraggiosi che preferiscono sacrificarsi pur di essere maschi, o di idioti…

Aspettate però, non voglio dire che il sumo effettivamente non riduca il ROM, sarebbe come dire che la terra è piatta, semplicemente che questo non è un fattore così rilevante.

Analizzando l’articolo di Greg Nuckols:

Uno stacco con carico massimale, in genere, viene eseguito in meno di 5 secondi. Quando lo stacco è molto grindato potrebbe arrivare fino a 10 secondi.

Bene, in questo arco di tempo, le scorte di energie dedite ad eseguire questo lavoro sono più che sufficienti per completarlo.
Le scorte di ATP e Fosfocreatina sono sufficienti per garantire sforzi massimali fino ai 8-10 secondi.
Quindi la differenza di lavoro puramente meccanico che viene citata, quando si fa riferimento al ROM, potrebbe essere tenuta in considerazione su lavori ad alte ripetizioni, ma noi ora stiamo parlando di lavori con l’1RM.

L’idea che il sumo regali più kg nasce anche dal fatto che l’anca deve compiere un tragitto più breve nel sumo per arrivare alla completa estensione, al contrario del regular in cui il tragitto è più lungo, ma c’è un “però”…

Purtroppo, la biomeccanica non funziona proprio così.
Quello che stiamo analizzando così facendo è solo il piano sagitale, fronte e retro, su cui viene eseguita l’alzata, in realtà, quando andiamo ad abdurre il femore per posizionarci con il sumo, ci spostiamo anche su un altro piano, quello frontale, destra e sinistra.

Quando apriamo la mente al fatto che le dimensioni in cui ci muoviamo sono multiple e non più una sola, quindi non solo quella fronte e retro, ma anche quella destra e sinistra, diventa più chiaro che la larghezza della stance, non è più così determinante come poteva essere nella vista esclusivamente saggitale, fronte e retro.

CONCLUSIONI

Dopo quanto appena letto possiamo dedurre in primis che sumo e regular differiscono nel lavoro a livello muscolare in quanto il primo coinvolge maggiormente i quadricipiti ed il secondo il dorso.
In secondo luogo che la scelta dello stacco, una volta valutata la conformazione del bacino, dipende prettamente da quale regala il miglior feeling e di conseguenza, per decidere quale utilizzare, la cosa migliore da fare sarà lavorare, con entrambi utilizzando carichi submassimali, in modo tale da avere la risposta che cerchiamo.

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RETTO ADDOMINALE: MIGLIORARE PRESTAZIONE ED ESTEICA

Muscoli addominali:
Dal più profondo al più esterno possiamo citare: trasverso dell’addome, obliqui interni, retti addominali ed obliqui esterni. Questi muscoli fanno parte della muscolatura esterna del core e hanno il compito di comprimere le viscere e stabilizzare i movimenti durante i movimenti di tutto il corpo.

Il famoso retto addominale è uno dei gruppi muscolare più amato, esteticamente parlando e talvolta più trascurato, anche in parte per colpa della tanto famosa frase: Gli addominali si fanno a tavola.
Beh, grazie, se hai uno strato di cotenna siberiana a scaldarli, sicuramente non saranno in bella vista, nonostante svolgano comunque le loro funzioni di sostegno insieme agli altri muscoli del core.

Talvolta purtroppo non è sufficiente, agonisticamente parlando, la dieta per sortire l’effetto desiderato a livello estetico e per quei pochi soggetti sfortunati, del cui gruppo faccio parte anche io, l’allenamento diventa più che fondamentale.

FUNZIONI

Il retto addominale svolge un ruolo molto importante negli allenamenti, se debole porterà ad avere prestazioni inferiori in allenamento, riducendo la resa delle vostre sedute in sala pesi.

Questo perché il retto addominale svolge, insieme ai restanti muscoli del core, un’importante funzione di sostegno come già detto ed in caso non fosse sufficientemente allenato, oltre quanto già scritto, aumenterebbe il rischio di infortuni.

Vediamo qualche esempio:

Prendiamo in considerazione una leg curl sdraiato, quante volte capita di vedere il busto inarcarsi durante la fase concentrica?
Spesso e ciò è dovuto ad un retto addominale debole che non permette di controllare l’anca opponendosi ai lombari.

Oppure un military press, in questo caso un retto addominale debole porterebbe a scaricare molta pressione sulla colonna vertebrale, esponendoci così ad un maggior rischio infortuni.

Già solamente leggere ciò dovrebbe apparire più che sufficiente a capire quanto è importante avere un retto addominale ben allenato, ma se non bastasse ve lo do io un altro motivo, che sono sicuro desterà l’interesse di molti narcisi.
Volete avere un addome esteticamente più piacevole?
Allenatelo, è vero che perché si veda è necessario non avere una bodyfat troppo elevata, ma è anche vero che una volta che risulta adeguata, l’allenamento fa una gran differenza.

ALLENAMENTO

L’allenamento del retto addominale dipende e varia in base alla finalità con cui viene svolto, se prestazionale o estetica, in entrambi i casi comunque gioverete di un transfert, anche se in maniera minima, sulla componente tralasciata, in quanto sempre di allenamento del retto addominale si parla, quindi il beneficio anche se parziale, ci sarà da ambo i lati.

ALLENAMENTO ATTO ALLA PERFORMANCE

Quando la finalità è la performance, esercizi come i classici crunch vanno lasciati in disparte, in quanto sì, stimolano il retto addominale, ma la resa, se ovviamente di performance si parla è piuttosto irrisoria, al contrario potranno sortire l’effetto desiderato, l’ausilio di un mix tra esercizi statici e dinamici, quali: plank, hollow position, crunch, e sit up, per poi passare gradualmente ad esercizi piu complessi come la dragon flag.

Questi esercizi permettono di rafforzare a dovere il retto addominale rendendolo sicuramente ben allenato e prestante, in modo tale da poter svolgere senza problemi i vostri esercizi in sala pesi, oltre ad aumentarne le prestazioni, basti pensare alla forza necessaria per eseguire i dragon flag, se si è in grado sicuramente in palestra gli ostacoli saranno pochi.
L’allenamento però non deve essere relegato ad un ruolo marginale, bensì avere lo stesso focus che si riserva agli altri gruppi muscolari.
Limitarsi a ¾ serie a fine allenamento sarà utile come un rotolo di carta igienica finita in bagno.
Quindi riservate il giusto spazio nelle vostre sedute a questo gruppo muscolare e verrete ripagati nel migliore dei modi.

ALLENAMENTO ATTO AD UN MIGLIORAMENTO ESTETICO

Se il nostro obiettivo è invece migliorare la resa estetica del nostro addome, senza dimenticare che se non dimagriamo anche andando a Lourdes non si vedrà mai nulla, l’allenamento cambia e gli esercizi che ci interessano sono uno, esagerando due, infatti qui entra in gioco il fantomatico dimagrimento localizzato!
No ragazzi, non sto scherzando e non voglio nemmeno che cerchiate il mio indirizzo per picchiarmi, il dimagrimento localizzato esiste, ma non come viene inteso normalmente, ovvero semplice riduzione di adipe nella zona X, bensì tramite una ricompartimentazione dei liquidi extracellulari.

Ebbene sì, in questo caso ciò che farà la differenza con l’allenamento, oltre comunque un leggero inspessimento della parete addominale, sarà proprio questo una compartimentazione dei liquidi extracellulari differente, ma ciò com’è possibile?

Come ho già accennato in altri articoli, compreso quello sui polpacci, è il lavoro basato sull’accumulo di volume di centinaia, migliaia di ripetizioni a portare a ciò.

Basti pensare ai lottatori di sumo che presentano delle striature sui glutei nonostante quella cotenna da porco iberico che si ritrovano addosso,

O anche i ginnasti che presentano qualità pressoché migliore di molti culturisti.

Il motivo è presto spiegato, con le loro tipologie di allenamento vi è un accumulo di lavoro esasperato nelle zone che vengono interessate da questo, che porta appunto a quanto detto sopra, sicuramente hanno influito anche i miliardi di lavori di tenute isometriche che eseguono entrambi, ma non grazie all’isometria in sé, bensì grazie al fatto che le tenute isometriche permetto di accumulare, due, tre, quattro, cinque volte tanto il lavoro che si può accumulare con dei lavori dinamici (questo perchè i cambi di tensione presenti nei vari punti del ROM portano ad avere un carico di lavoro inferiore rispetto ad una statica).

Quindi penso abbiate già compreso cosa sto per dirvi, prendete un esercizio, o se volete fare i fighi due ed iniziate ad accumulare lavoro, di giorno in giorno, alzando sempre di più l’asticella, perché sì, è vero che la parte fondamentale è l’accumulo di lavoro, ma ricordiamoci che è importante anche uno stimolo progressivo nel tempo.

Vi riporto la mia personale esperienza, come detto sopra, l’addome è il mio punto debole, quello in cui accumulo più adipe, infatti non sono mai riuscito a portarlo al tiraggio che volevo in gara, a parte in questa ultima stagione agonistica e ciò che ha fatto realmente la differenza è stato il lavoro svolto durante l’off season.

Feci questo lavoro anche sui polpacci, con volume inferiore visto che non erano così malaccio….

Partii da 200 crunch al giorno a corpo libero aumentando le ripetizioni giornaliere gradualmente ogni settimana e lo protrassi per 5 mesi, 5 mesi in cui raggiunsi il totale di 450 crunch al giorno, inutile dire che arrivato alla fine il numero di crunch che riuscivo a macinare senza fermarmi era impressionante.
Ma ciò che fu realmente impressionante era l’addome, pareva rivoluzionato, sempre orrendo, ma sembrava essere quello di un’altra persona.

CONCLUSIONI

Sia che vogliate fare i fighi al mare, che migliorare le vostre prestazioni in allenamento, prestate il giusto tempo all’allenamento del vostro retto addominale.
Sempre di un muscolo si tratta e come tale, se le vostre mire agonistiche sono elevate, va allenato col giusto focus.

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CHEATING, BISOGNA APPRENDERLO PER APPLICARLO.

In questo articolo non voglio propinarvi la solita minestrina riscaldata, in cui vi vado a dire che il cheating è utile per chiudere la serie a patto che il resto sia tecnicamente ottimale, bensì, voglio parlarvi del cheating in maniera differente, mostrandovelo per quello che davvero è, ovvero pura tecnica, senza relegarlo al semplice esaurimento muscolare a fine serie, ma andiamo per gradi…

COS’È E QUANDO SI USA SOLITAMENTE IL CHEATING?

Prima di parlarvene per come a mio avviso andrebbe visto il cheating oltre la classica visione dell’immaginario comune, volevo dare una breve spiegazione di cosa si tratta e quando normalmente viene utilizzato, per chi non lo conoscesse, quindi siete pure liberi di saltare questo paragrafo nel caso…

Il cheating è una tecnica allenante che prevede lo sfruttamento della forza di inerzia tramite movimenti compensatori, quali: slanci e flesso/estensioni delle articolazioni, per ridurre la tensione che il carico va a generare.
Questo è possibile grazie al passaggio da un lavoro muscolo centrico, (con focus primario sulla contrazione muscolare) ad un lavoro carico centrico, (focus primario sullo spostare il carico da punto X a punto Y senza curarsi della contrazione muscolare), per farvi un esempio, avete presente quando vedete gli utenti in sala pesi che mentre eseguono il curl col bilanciare, oscillano avanti e indietro come dei furetti in preda ad una crisi epilettica?
Ecco, quello è considerabile cheating…

La parola cheating infatti, deriva dal termine inglese cheat, letteralmente barare/imbrogliare, visto che oggettivamente mentre lo eseguiamo andiamo a barare sporcando la tecnica per spostare più kg o eseguire più ripetizioni.

Il cheating però va applicato con cognizione di causa e parsimonia, in quanto, un uso intelligente di questa tecnica, prevede che venga sfruttata solo in contesti idonei.

Considerando che nel bodybuilding l’allenamento è sempre muscolo centrico e mai carico centrico, viene da sé, come applicarlo su tutte le ripetizioni e tutte le serie porterebbe, oltre ad un gran sovraccarico a livello strutturale inutile, anche ad un lavoro irrisorio muscolarmente parlando, in quanto appunto il lavoro non sarebbe più focalizzato sul muscolo target della serie, bensì, disperso su molti altri gruppi muscolari, quindi, prendendo sempre come esempio il curl con bilanciere, se utilizzassimo 40kg, trattandosi di una serie con solo cheating ci ritroveremmo ad avere un lavoro irrisorio sui bicipiti, che risulterebbe invece nettamente superiore se eseguissimo la medesima serie con 10kg in meno ed una tecnica corretta.

Il cheating ha senso se utilizzato e mi raccomando, non sempre, per riuscire a strappare una o due ripetizioni in più al termine di una serie, una volta raggiunto il cedimento tecnico, a patto che questa sia eseguita con una tecnica corretta.

Mi raccomando però, è una tecnica assolutamente da evitare coi novizi, in quanto è prima necessario apprendere e consolidare la tecnica di base dei vari esercizi, altrimenti, ciò porterà ad errori grossolani, che consolidandosi nel tempo sarà dura correggere.

ORA VI PARLO DI COSA INTENDO IO PER CHEATING

Bene ragazzi, adesso che abbiamo fatto il solito appunto generale, trito e ritrito sul cheating, che per carità, non è scorretto, ma sempre della solita minestra si tratta, volevo portarvi qualcosa in più derivante dalla mia esperienza in sala pesi in questi due anni di collaborazione con Marcello Del Fitto, mio attuale coach insieme a Davide Pisati, Dave the chemist per chi lo conosce solo tramite instagram.

Facciamo una piccola premessa inerente al “diagramma di forza” che ogni esercizio, in maniera differente, presenta.
Questo serve a mostrare la tensione durante tutto l’arco di movimento in cui muscolo lavora attivamente e non è mai uniforme aimè, avremo sempre punti in cui la tensione è maggiore ed altri in cui è minore.

Infatti, anche se in maniera nettamente inferiore, qualsivoglia esercizio decidiamo di eseguire, la tensione darà l’idea di quella generata dalle contrazioni auxtoniche, che solitamente vengono attribuite agli elastici.
Questo perché, se proviamo ad eseguire un’alzata laterale o un curl con bilanciere, con un elastico, avremo un cambio di tensione durante l’arco di movimento che andremo ad eseguire davvero repentino, quasi come passare da 0 a 1000 in pochi cm.
Tutto ciò avviene anche con i normali esercizi con sovraccarichi, infatti è errato attribuire il titolo di contrazioni auxotoniche solo a lavori con elastici a mio avviso, ma questo è un argomento a parte e non voglio dilungarmi oltre, però penso abbia reso l’idea…

Fateci caso, in tutti gli esercizi abbiamo delle porzioni di ROM in percepiamo una tensione maggior, per esempio in un curl con bilanciere, o in un hack squat la maggior tensione la si può percepire all’inizio della fase concentrica, mentre in un rematore con manubrio, o in un’alzata laterale, la porzione più ostica del movimento da svolgere sarà la porzione finale della fase concentrica.

In alcuni esercizi questa differenza nelle varie porzioni di ROM è maggiore rispetto ad altri, se ci facciamo caso, in buona parte delle tirate per il dorso questa differenza è veramente elevata e anzi, sono proprio quelle in cui ciò avviene più di frequente.
Prendiamo come esempio un classico rematore con manubrio, o un pendlay row, la parte finale della fase concentrica risulta veramente ostica se paragonata alle prime porzioni di ROM in cui, a parità di carico, sembra quasi di irrisoria.

È proprio qui che volevo arrivare, in questi esercizi in cui vi è una variazione piuttosto repentina di tensione, quali buona parte delle tirate per il dorso e pochi altri come le alzate laterali, il cheating potrebbe e anzi, dovrebbe, prendere parte all’intera serie, diventando per l’appunto parte integrante di quella che viene considerata tecnica di esecuzione corretta.

Vi starete chiedendo il “perché?” immagino visto quanto scritto nel paragrafo precedente, beh, perché in questo caso il cheating non sarebbe più mero utilizzo della forza di inerzia per rubare qualche ripetizione extra, bensì, permetterebbe di rendere nettamente più uniforme il diagramma di forza, pensiamoci….

Sto eseguendo un rematore con manubrio, uno, due, tre, nove, alla decima ripetizione non riesco quasi più a completare la fase eccentrica e decido di terminare la serie, se invece provassi a proseguire cosa succederebbe?
Se proseguissi riuscirei a compiere, con nemmeno troppa fatica tra l’altro, svariate ripetizioni parziali appunto con la parte iniziale del ROM, che è appunto, anche quella meno ostica.
Così facendo, se terminassi la serie, mi ritroverei con parte delle fibre esaurite (quelle che intervengono nella fase finale della tirata) e parte ancora fresche, quasi deallenate (quelle intervengono nella porzione iniziale).
Inserendo il cheating ad ogni ripetizione in chiusura invece, andrei a ridurre la tensione nel punto in cui questa raggiunge il suo picco, andando così a rendere più uniforme il diagramma di forza e quindi la tensione nei vari punti del ROM.
In questo modo otterrei svariati benefici, riuscire a dare pressoché il medesimo lavoro a tutte le fibre che intervengono, in questo caso nel rematore e mi eviterei di dover aggiungere altre serie e/o esercizi per farlo, cosa non da poco considerando che il bodybuilding è economizzare, ottenere il massimo col minimo e ciò oltretutto mi permetterebbe di utilizzare un carico più elevato, anche questa cosa da non sottovalutare

ATTENZIONE però, prima di andarlo ad utilizzare è importante saperlo padroneggiare, il cheating è una tecnica ed in quanto tale va appresa e soprattutto è necessario capire in che esercizi trova la sua utilità ed in quale invece perde di senso.

Prendendo sempre il rematore con manubrio come esempio, è fondamentale che il cheating venga applicato solo in chiusura applicando una leggerissima flessione di ginocchia e/o busto, senza cambiare però l’inclinazione di quest’ultimo, pena, cambiare anche il prime mover dell’esercizio e di conseguenza, spostare il focus dal gran drosale.
Lo stesso ad esempio nel pendlay row, elevando troppo il busto e prima del dovuto, il focus si sposterebbe dal gran dorsale ad erettori spinali, trapezi ed elevatori della scapola, rendendo inutile l’esercizio per la finalità con cui era stato inserito nella routine di allenamento.

Ripeto però, non è applicabile a tutti gli esercizi, prendiamo come esempio una lat machine ove gli arti inferiori del tronco sono vincolati, applicare il cheating in questo esercizio non è utile, al contrario, sposterebbe il prime mover cambiando anche i fasci del dorso coinvolti, in quanto un suo utilizzo porterebbe ad una estensione dell’anca, con conseguente variazione della traiettoria del carico, che da verticale passerebbe ad obliqua, trasformando l’esercizio da un’adduzione dell’omero ad una sua estensione, perdendo così il focus primario della tirata.

Movimento corretto, busto che si inarca senza presentare variazione nell’ampiezza dei gradi dell’angolo che lo separano dalla coscia (circa 90 gradi), con conseguente adduzione dell’omero.

Movimento errato, anca che si estende al posto di mantenere invariati i gradi dell’angolo formato tra busto e coscia, che dovrebbe stare in mobile e semplicemente presentare un’accentuazione dell’arco lombare, con conseguente estensione dell’omero.

È importante che vengano rispettate alcune regole per capire se è possibile applicarlo o meno sull’esercizio X:

-Non deve cambiare il prime mover dell’esercizio.

-Non deve esserci variazione nella traiettoria che dovrebbe compiere il carico.

CONCLUSIONI

Questa è la mia visione in merito al cheating, qualcosa di differente, o meglio, più vasto del semplice immaginario comune, qualcosa che ne eleva drasticamente l’importanza trasformandolo in vera e propria tecnica esecutiva.
Utilizzarlo in questo modo vi permetterà di avere un upgrade nei vostri allenamenti, andando ad ottimizzare le varie serie, ricordatevi però le regole sopracitate per applicarlo, altrimenti potrebbe sortire un effetto opposto, o indesiderato.

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PENDLAY ROW

PENDLAY ROW

Il pendlay row è una variante del classico barbell row (o rematore con bilanciere), nasce e viene ampiamente utilizzato nel bodybuilding “old school”, per chi non lo sapesse, mi riferisco all’era in cui regnavano culturisti del carico di Arnold Schwarzenegger e Tom Platz…
Veniva ampiamente utilizzato insieme all’ormai dimenticato bent over row, un’altra remata da eseguire con busto parallelo al terreno, che perse la sua “fama” in quanto considerato pericoloso per le curve innaturali che andava ad assumere la colonna vertebrale durante la sua esecuzione.
Il pendlay row prende il nome dal suo creatore Glen Pendlay, coach di sollevamento pesi negli USA.
È un esercizio che personalmente apprezzo molto e non manca mai nelle mie sedute di allenamento per il back e che preferisco rispetto ad un classico rematore col bilanciere, soprattutto per le ridotte forze di taglio a carico del rachide lombare.

DIFFERENZE TRA BARBELL ROW E PENDLAY ROW

La differenza sostanziale che presenta il pendlay row rispetto al classico barbell row a livello esecutivo è in primis il TUT (time under tensione, il tempo sotto tensione durante la serie), in quanto viene effettuata solo la fase concentrica con assenza totale della fase eccentrica e ad ogni ripetizione si riappoggia il bilanciere a terra, mentre nel barbell row la tensione rimane costante per tutta la serie.
Differiscono anche nell’inclinazione del busto, che nel pendlay row è di circa 90 gradi o poco meno, rispetto ai 45 gradi del barbell row e nell’ampiezza della presa, che nel pendlay row risulta essere più ampia di circa una spanna rispetto alle spalle e con possibilità di aumentarla o diminuirla andando di conseguenza a modificare la traiettoria del bilanciere ed i fasci muscolari coinvolti, mentre nel barbell row la presa è all’incirca all’ampiezza delle spalle.
Da ciò ne consegue anche che vi è differenza a livello di fasci muscolari del dorso coinvolti, il pendlay row viene considerato un esercizio per l’intera schiena, con particolare focus sul GD, che può appunto variare a seconda della presa utilizzata, ad esempio, aumentando l’ampiezza della presa e avendo di conseguenza una traiettoria differente che fa sì che il bilanciere vada a trovarsi a livello del petto a fine della fase concentrica, andremo ad avere maggior focus su deltoidi posteriori e trapezi.
Si può giocare sul ricercare il coinvolgimento di fasci differenti anche col barbell row variando l’ampiezza della presa, ricordandosi però che il ROM già non è ampio e andrebbe a diminuire.
Il pendlay row presenta maggior tensione a parità di carico, in quanto l’omero risulta abdotto di crica 90 gradi dal busto rispetto ai 45 del rematore col bilanciere e maggiore è l’abduzione dell’omero e maggiore sarà l’allungamento che raggiungerà il Gran Dorsale, infatti questo raggiunte il massimo strech muscolare possibile con l’omero abdotto a 180 gradi (braccia distese sopra la nuca).

MUSCOLI COINVOLTI

Quando eseguiamo il pendlay row, attiviamo in modo importante anche i muscoli delle braccia e delle spalle: brachiale, brachioradiale e deltoide posteriore.
Questo esercizio, ti richiede l’attivazione di tutto il corpo, compreso, ovviamente, il core, che stabilizza tronco e colonna, i glutei e le cosce che sorreggono il carico e si attivano anche per consentirti di mantenere la postura.
L’attivazione muscolare cambia molto, a seconda della tecnica e della variante di esecuzione.
I muscoli maggiormente coinvolti comunque sono:

-Grand dorsale

-Trapezio

-Elevatori della scapola

-Romboidi

ESECUZIONE

Posizionati in stance tipica da stacco da terra regular, afferra il bilanciere con la presa poco più larga delle spalle, sblocca le ginocchia, tenendo alto il bacino, rendi neutra la colonna vertebrale (no flessione, no iper-estensione), stacca il bilanciere da terra, tira verso di te il bilanciere contraendo i muscoli della schiena, antieni il tronco il più possibile orizzontale rispetto al terreno, non portare i gomiti eccessivamente in alto e troppo oltre la linea della schiena e mentre il bilanciere sale, non sfruttare l’inerzia e mantieni stabile la postura.
Procedi a riappoggiare a terra il bilanciere ad ogni ripetizione senza eseguire la fase eccentrica del movimento, in quanto il pendlay row eseguito in modo “classico”, non la presenta.
Importantissimo risettarsi ad ogni ripetizione per trovarsi nella posizione ideale, avendo la possibilità di farlo, va fatto!

VANTAGGI DEL PENDLAY ROW

Il pendlay row, a differenza del classico barbell row presenta due vantaggi non da poco:

-La possibilità di risettarsi ad ogni ripetizione, come già detto sopra, si tratta di un lusso e va sfruttato per massimizzare la resa dell’alzata, che sia in ottica di ricerca dell’ipertrofia, o della forza.

-Presenta forza di tagli nettamente inferiori rispetto al barbell row, non dovendo effettuare la fase eccentrica del movimento le forze di taglio a carico del rachide sono nettamente ridotte.

CHEATING, SÌ O NO?

Veniamo ora all’argomento più scottante, il fantomatico cheating, che viene visto fare nel 90% dei casi, da chi lo ricerca volutamente, a chi sta semplicemente stuprando un esercizio per utilizzare un carico che non è in grado di padroneggiare.
Se siete secchi e vi allenate col culo pur di sollevare più kg rimarrete comunque secchi, ma in compenso avrete più dolori articolari, aperta e chiusa parentesi.

Il cheating può essere un’arma veramente interessante se eseguito nel modo corretto ed applicato nei giusti esercizi per renderne più uniforme la tensione durante la loro esecuzione.
Proprio per questo il cheating può essere definito TECNICA!
Il motivo per cui normalmente è sconsigliato l’utilizzo del cheating è perché, essendo una tecnica, come tale è importante saperla eseguire, cosa in cui già molti utenti della sala pesi peccano anche solo nella normale esecuzione degli esercizi base e per di più va contestualizzata, anche il rest pause è bellissimo, ma non ha senso inserirlo in ogni esercizio.

L’utilizzo del cheating, principalmente per quanto concerne l’allenamento del dorso, è una tecnica che torna veramente utile, in quanto permette di rendere più uniforme la tensione nei diversi gradi del ROM.
Pensiamo ad un semplice rematore con manubrio, se eseguito senza cheating, si interrompe la serie quando non si riesce più a concludere la fase concentrica, peccato che quasi 2/3 del ROM, se ci facciamo caso, riusciamo a percorrerli ancora innumerevoli volte.
Questo significa che le fibre che intervengono in quella porzione di ROM sono ancora in grado di compiere altro lavoro, e terminare la serie in quel momento porterebbe a lasciar “deallenate” una porzione di fibre non indifferente.
Inserendo il cheating andremmo ad uniformare la tensione, in quanto, verso la fine della fase concentrica, l’esercizio presenta un aumento di tensione repentino, così facendo invece andremmo a ridurre la tensione, così che tutte le fibre che intervengono nelle differenti porzioni di ROM presentino una mole di lavoro pressoché simile.
Ricordo però, come detto sopra, che va eseguito in maniera corretto, il cheating deve subentrare solo nella chiusura e deve essere a carico del dorso, di conseguenza il movimento deve prevedere una piccola flessione di busto e/o ginocchia e non un’etensione dell’anca.

Quindi, sì al cheating se eseguito con cognizione di causa.

CONCLUSIONI

Il pendlay row è un esercizio bellissimo che permette di regalare grandi volumi e spessore al vostro “back”.
Si presta veramente bene per lavori di forza/con stimolo meccanico, in quanto permette di utilizzare carichi veramente elevati generando alta tensione a carico dei muscoli della schiena, infatti è un esercizio che non dovrebbe mai mancare nella propria routine di allenamento

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Alzate laterali su piano scapolare

La alzate laterali sono uno degli esercizi maggiormente utilizzati in sala pesi per l’allenamento del deltoide.
Questo movimento coinvolge prevalentemente i fasci mediali del deltoide ed in minima parte trapezio, elevatore delle scapole e i fasci anteriori e posteriori, il cui intervento può diminuire o aumentare se vengono eseguite con intra o extrarotazione dell’omero.
Si tratta di un movimento di abduzione dell’omero, che è la funzione primaria dei fasci mediali del deltoide.

Questo esercizio è tanto utilizzato quanto eseguito in maniera scorretta, nonostante la tecnica non sia complessa.
È vero, i muscoli percepiscono la tensione e di conseguenza crescono, ma adottare un’esecuzione ottimale è fondamentale per preservare la salute articolare.

PERCHÉ ALLORA RISULTANO COSÌ OSTICHE DA ESEGUIRE CORRETTAMENTE?

Purtroppo vi è necessità che l’atleta abbia delle buone capacità di padronanza del carico e del proprio corpo, oltre che di un buon trainer che conosca il complesso funzionamento del sistema articolare della spalla.
Si tratta di un’articolazione piuttosto delicata e ciò è dovuto al fatto che sia anche la più mobile, per questo permette di compiere così tanti movimenti.
Purtroppo non basta solo abdurre l’omero, il movimento da eseguire è appena più complesso, in quanto ciò porterebbe ad un’abduzione su piano frontale puro e di conseguenza il movimento non rispetterebbe le caratteristiche anatomiche di tutte le parti coinvolte in questo movimento.
Questo andrebbe a causare schiacciamento dei tessuti molli.

IL CORRETTO ASSETTO POSTRURALE

Posto che il complesso articolare della spalla è composto da ben cinque articolazioni, ovvero la sterno-costo-clavicolare, l’acromion-clavicolare, la scopolo-omerale, la sottodeltoidea e scapolo-toracica, riconosciamo un ruolo fondamentale nella tenuta posturale e funzionale dell’intero complesso all’articolazione scapolo-toracica.
Nell’articolazione scapolo-toracica, le condizione per svolgere in modo corretto e sicuro il proprio ruolo è il corretto equilibrio funzionale, ovvero l’assenza di condizioni paramorfiche che possano alterare l’assetto articolare fisiologico.
Queste condizioni nel caso delle alzate laterali si riferiscono al mantenimento del corretto assetto scapolare durante l’esecuzione.
Essendo le scapole ruotare di 30 gradi rispetto al piano frontale, si converrà, già dopo questa affermazione, che un’abduzione su piano frontale puro non rispetti le caratteristiche anatomiche dell’articolazione del deltoide.

ESECUZIONE CORRETTA IN RAPPORT AL PIANO SCAPOLARE

Essendo le scapole ruotate di 30 gradi rispetto al piano frontale, l’abduzione dell’omero dovrà avvenire rispettando ciò, di conseguenza ci ritroveremo ad eseguire un movimento di abduzione con le scapole rivolte di 30 gradi rispetto al piano frontale, di conseguenza l’omero andrà a trovarsi leggermente anteposto rispetto al tronco e non in linea come avverrebbe con un’abduzione su piano frontale puro.
Ciò renderà tutto nettamente più gentile per l’articolazione del deltoide e nonostante ciò sembri complesso, è più semplice del dovuto.
Per rendere tutto più facile si può chiedere aiuto al proprio training partener o trainer, facendosi posizionare i palmi delle mani sulle scapole scapole e le dita sul deltoide posteriore, con le dita che premono come per spingere in avanti la spalla, ciò aiuterà fungendo come una sorta di guida per eseguire delle alzate laterali su piano scapolare.

COSA COMPORTA UN’ESECUZIONE SCORRETTA

Se non vengono rispettate le corrette funzioni anatomiche dell’articolazione del deltoide, eseguendo appunto un’abduzione pura su piano frontale, ci sarebbe schiacciamento dei tessuti molli lì presenti da parte dell’acromion.
Ciò provocherà il classico fastidio che si percepisce eseguendo le alzate laterali o altri esercizi che coinvolgono il deltoide, in modo errato.
Questo dolore può portare ad infiammazione generando impingement subacromiale, ovvero, la cronicizzazione del dolore a livello del deltoide.
Dolore che spesso porta a credere che sia necessario rinforzare la cuffia dei rotatori…
No ragazzi, ciò non vi porterà a nulla, dovrà passare l’infiammazione e voi dovrete imparare ad eseguire delle alzate laterali in maniera corretta.

CONCLUSIONI

Eseguire delle alzate laterali in questo modo non porterà grandi vantaggi a livello ipertrofico direttamente, in quanto, come già detto, il muscolo percepisce la tensione, si allunga e si accorcia, senza sapere se il movimento che va a compiere rispetti o meno le corrette funzioni anatomiche dell’articolazione interessata.
Però indirettamente sì, in quanto allenarsi nel pieno rispetto della propria salute articolare terrà lontani infortuni che vi costringeranno a fermarvi dagli allenamenti e di conseguenza rallentare il vostro percorso.
È fondamentale salvaguardare la propria salute articolare.

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Lat Machine.

La lat machine, detta anche lat pull-down è uno degli esercizi più in voga per lo sviluppo del gran dorsale, ma anche uno dei meno compresi, tra pesa prona, supina, stretta, larga, avanti o dietro, vi è molta confusione.

ANATOMIA

Il muscolo gran dorsale svolge tre importanti funzioni relative all’omero quali, adduzione, estensione E rotazione interna. Nella lat machine è il muscolo più importante ma partecipa con i romboidi, gran rotondo, trapezio e gran pettorale. Maggiore sarà l’estensione dell’omero (con la lat machine avanti) e più il gran dorsale e gran rotondo saranno coinvolti a discapito degli altri muscoli. Questo per quanto riguarda l’esecuzione con presa prona, ciò che differenzia da essa la versione supina oltre al fatto che nella variante a presa prona venga coinvolto maggiormente il brachioradiale, è il coinvolgimento del bicipite che risulta maggiore.

ESECUZIONE SEMPLICE MA COMPLESSA

La lat machine non richiede di apprendere una tecnica di esecuzione troppo ostica, il problema principale infatti è attivare il dorso senza coinvolgere più del dovuto i bicipiti. È importante quando ci si setta posizionarsi col busto sotto il cavo mantenendo il petto bene in fuori. La schiena durante la fase concentrica va ad inarcarsi leggermente per rendere il movimento più naturale ed enfatizzare l’accorciamento, in quanto il dorsale si inserziona molto in basso. Durante la fase eccentrica è opportuno tornare in posizione neutrale col busto, così da ricercare il massimo allungamento, perché, come già detto, il gran dorsale si inserziona molto in basso sulla schiena e rilasciare le scapole accompagnando il movimento, è importante non perdere tensione in questa fase. Dopo di che, per ripartire con la fase concentrica le scapole andranno depresse per poi iniziare a “tirare”, importante che questo movimento sia eseguito in modo fluido e non spezzato in due fasi.

ERRORI

Spesso si vede eseguire delle “schienate” durante l’esecuzione della lat machine, dovute principalmente ad un carico troppo elevato o all’esaurimento muscolare, in quanto sfruttando la forza d’inerzia e la riduzione della flessione dell’omero si riesce comunque a chiudere le ripetizioni. Il fatto di “buttarsi all’indietro” comporta una riduzione dell’escursione di movimento. L’esercizio parte con l’omero a un grado di flessione che non è più di 180° ma va man mano a ridursi con l’aumentare dell’inclinazione del busto, con la conseguente riduzione della fatica a parità di peso, peccato che la lat machine vada a trasformarsi praticamente in un pulley. Questa inclinazione del busto va a cambiare anche il piano di lavoro che non è più frontale ma trasversale, in quanto si va ad estendere l’omero trasversalmente e non più ad addurlo. La conseguenza è una variazione del reclutamento muscolare, il lavoro a carico del deltoide posteriore aumenterà riducendo quello a carico del gran dorsale. Molti la eseguono così per ricercare un maggior coinvolgimento del deltoide posteriore, però è bene esserne consapevoli in quanto potreste discostarvi troppi da ciò per cui era stata inserita nella routine la lat machine.

VARIANTI

Presa larga e stretta

Vi fermo subito, la differenza tra queste due prese non sta nel focus tra ampiezza o spessore del gran dorsale. La differenza sostanziale tra queste due prese è il piano su cui avviene il movimento, nella lat machine con presa largo vi è un’adduzione dell’omero sul piano frontale (coinvolgimento del gran dorsale, del grande rotondo ed in parte del gran pettorale). L’adduzione pura, rispetto all’estensione, richiede una minor adduzione delle scapole, ragion per cui si “sente” meno la parte centrale della schiena e non gli si attribuisce proprietà per lo “spessore”. Questo però non significa che la porzione centrale non venga coinvolta, semplicemente vi è un maggior intervento del gran dorsale e del grande rotondo rispetto agli altri fasci. Stringendo la presa invece vi è un passaggio dal piano frontale ad un ibrido frontale/sagittale, fino ad arrivare ad un lavoro su solo piano sagittale quando la presa risulta ad ampiezza spalle. L’esercizio diviene quindi un’estensione dell’omero con l’attivazione contemporanea di gran dorsale, grande rotondo, fasci sterno-costali del gran pettorale e capo lungo del tricipite. A livello scapolare, romboidi e trapezio medio determinano un’adduzione funzionale a completare l’estensione dell’omero, inoltre saranno coinvolte le fibre più basse e verticali del gran dorsale piuttosto delle alte e del grande rotondo. Con lo stringersi della presa aumenta l’intervento del bicipite, dovuto appunto alla maggior flessione del gomito.

Lat avanti e dietro

La variante eseguita dietro la nuca arriva dal bodybuilding old school e spesso i benefici tanto millantati che dovrebbe regalare rispetto alla versione “avanti” non sono presenti. La lat machine dietro la nuca è praticamente l’antagonista del “lento dietro” in cui però viene effettuata un’adduzione dell’omero sul piano frontale. La posizione in cui ci si va a trovare a fine concentrica richiede un’extrarotazione della spalla, che richiede molta mobilità scapolo-omerale, la quale quando viene a mancare porta a generare molti compensi (flessione del tratto cervicale e spinta indietro dei gomiti) per completare il movimento. È un movimento molto forzato, per nulla naturale e ciò potrebbe esporre ad infortuni, la variante avanti è sicuramente più gentile a livello articolare e non richiede la mobilità scapolo-omerale della variante dietro la nuca. I gruppi muscolari coinvolti sono praticamente i medesimi salvo che vi siano variazioni nella presa con la lat avanti, che è l’unica delle due che permette appunto di utilizzare delle variazioni, al contrario della versione dietro la nuca che non ne permette. La fallace sensazione di maggior lavoro della lat machine dietro è regalata dall’extrarotazione forzata che porta in massimo accorciamento il deltoide posteriore, come avviene nel lento avanti.

La lat machine è un ottimo esercizio per il gran dorsale che presenta tantissime sfaccettature, permettendo di dare focus a porzioni differenti soltanto variando presa o inclinazione del busto durante l’esecuzione.

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LAT PULL DOWN E PULL OVER

Lat pull down, uno degli esercizi che più apprezzo per quanto concerne l’allenamento del gran dorsale, può regalare dei feeback davvero fantastici. È molto valido ed utile, purché venga eseguito in modo corretto, cosa tutt’altro che scontata, è molto più ostico di quanto sembra.

La lat pull down è un esercizio che permette di utilizzare un rom davvero ampio a differenza del suo parente, il pull over con manubrio, in quanto la tensione viene mantenuta fino a che non si arriva in prossimità del tronco (o oltre se si ha la possibile di utilizzare una corda o dei cavi svincolati), senza considerare che a differenza della versione con manubrio, è molto più gentile sull’articolazione della spalla. Si tratta di un esercizio monoarticolare e viene impiego come complementare, personalmente sono solito eseguirlo a fine seduta utilizzando un reps range alto, si presta molto bene ad essere utilizzato in questo modo avendo un basso impatto a livello di SNC. L’esecuzione corretta prevede un posizionamento iniziale con il busto lievemente inclinato in avanti, le scapole addotte e depresse, le ginocchia lievemente flesse e il bacino in antiversione per preservare la fisiologica lordosi lombare. Durante la fase concentrica è importante che non vi sia lavoro a carico dell’anca per una variazione della posizione errata, per evitare ciò è bene durante la fase concentrica che non vi sia spostamento in estensione e flessione dell’anca sul piano sagittale.

(pullover con manubrio)

GRUPPI MUSCOLARI COINVOLTI

Il pull down è un esercizio poco compreso e frainteso, questo perché molti non hanno ben chiaro quali muscoli coinvolga, dove e come inserirlo nell’allenamento. Quali sono i muscoli che attuano questo movimento?

-Le fibre addominali dei pettorali (la porzione “bassa” del pettorale)

-I Dorsali specialmente con le fibre situate nella porzione “bassa”

-Il capo lungo del tricipite

La parte iniziale del movimento di estensione dell’omero è principalmente a carico del capolungo del tricipite e del gran pettorale, in maniera minore del dorsale, che è poi la porzione di ROM che viene coperta nell’esecuzione del pullover con manubrio. L’estensione dell’omero viene poi completata arrivando al busto dal dorsale ed in minima parte dal gran pettorale. Se l’estensione dovesse proseguire oltre il busto (questo è possibile ad esempio se eseguito con dei cavi svincolati o una corda) il lavoro andrebbe principalmente a carico dei deltoidi posteriori e del capolungo del tricipite. Questi sono i motivi per cui spesso il pullover con manubrio viene utilizzato principalmente per allenare il gran pettorale o i tricipiti (per questi viene talvolta eseguita la versione ibrida con la french press o il pjr pullover, la differenza tra i due sta nel fatto che il primo presenti un movimento spezzato in due fasi ed il secondo invece sia fluido) e per il dorso la versione al cavo alto.

ESECUZIONE

La lat pull down è un’estensione di spalla a ROM completo, l’omero si estende di circa 90°, dalla posizione completamente flessa (braccia in alto sopra la testa) a braccia perpendicolari al busto. Una volta che ci si è settati in modo corretto bisogna appunto spingere l’omero indietro, mantenendo i gomiti leggermente flessi per evitare un’iperestensione ed un sovraccarico all’apparato legamentoso. Per aumentare il rom utile si potrebbe flettere maggiormente i gomiti a fine concentrica nel caso eseguiste la versione con la sbarra, altrimenti utilizzando la corda non sarebbe necessaria la maggior flessione dei gomiti non avendo le mani vincolate.

ERRORI COMUNI

Spesso capita di vedere durante la fase concentrica soggetti che vanno in cifosi dorsale, questo come in svariati esercizi per il dorso tipo la lat machine, avviene perché il carico è troppo elevato o mancano le energie per chiudere la ripetizione. È fondamentale che ciò non accada in quanto il focus del lavoro sul dorsale verrebbe spostato su altri distretti per i vari compensi messi in atto.

 Si sente spesso parlare anche di tricipiti più affaticati del gran dorsale durante questo esercizio, ciò è dovuto ad una scorretta esecuzione ed al fatto che il capolungo del tricipite viene ampiamente attivato negli ultimi gradi di estensione. Per evitare o ridurre ciò è importante non tirare dai polsi per quanto venga più naturale, ma pensare di tirare dai gomiti, il braccio deve stare rilassato e funge solo da presa per l’attrezzo, è il gomito che si muove.

È POSSIBILE ESPANDERE LA CASSA TORACICA?

Gira ormai da tempo questa leggenda, che il pullover possa espandere la gabbia toracica. Peccato che la gabbia toracica sia formata da strutture ossee e cartilaginee che una volta raggiunto lo sviluppo completo non possono più aumentare di dimensione. Mi spiace deludervi, ma in compenso questo esercizio è in grado di migliorare la mobilità e la postura, oltre al dare stimoli unici al gran pettorale e ciò può regalare appunto un aspetto del torace più ampio, proprio grazie a ciò è nata questa leggenda.

UNA VARIANTE CHE AMO MOLTO

Il capolungo del tricipite ed il deltoide posteriore sono muscoli molto più piccoli e deboli rispetto ai pettorali ed i dorsali. Ciò è da tenere a mente quando si sceglie una variante del pullover, visto che per utilizzare un rom completo si dovrà selezionare un carico, che se adeguato per lavorare la parte finale del rom risulterà invece troppo basso durante la restante parte del rom che coinvolge muscoli molto più forti.

Per questo motivo io sono solito utilizzare una variante eseguita mantenendo il busto orizzontale per tutto lo svolgimento dell’esercizio, in modo tale da poter sfruttare solo la porzione di ROM in cui è possibile applicare maggiore forza. Questo perché nei miei allenamenti vengono spesso segmentate le porzioni di ROM da lavorare, infatti quella parte verrà lavorata durante la seduta con altri esercizi. Questo torna molto utile perché permette di allenare al meglio tutte le fibre senza lasciarne alcune deallenate.  Ciò è dovuto al fatto che nei vari esercizi (visto che il dorso presenta ROM di lavoro davvero ampi) alcune porzioni di ROM sono sempre più ostiche di altre e spesso viene terminata la serie perché non si riesce più a chiudere le ripetizioni, quando magari le fibre che intervengono in ¾ del ROM avrebbero ancora energia per lavorare e rimarrebbero deallenate.

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FRENCH PRESS

La french press è uno dei migliori esercizi di isolamento per i tricipiti ed anche uno dei più famosi, presenta innumerevoli varianti, con manubri, con bilanciere, french press ibrido pullover, french floor press e chi più ne ha più ne metta. La sua esecuzione prevede l’estensione del gomito sdraiati supini. Il tricipite brachiale che interviene è suddiviso in tre capi:

Capo Lungo: ha il compito di addurre, estendere, estendere in orizzontale, e retroporre il braccio.

Capo Mediale e Laterale: Favoriscono l’estensione dell’avambraccio sul braccio.

Il capo lungo è quello che viene coinvolto maggiormente nella french press.

ESECUZIONE

L’omero deve trovarsi perpendicolare al terreno all’inizio della ripetizione, la spalla flessa a 90 gradi ed il gomito in massima flessione, fino a dove viene mantenuta la tensione sul tricipite, solitamente sono consigliati 120 gradi, la ripetizione termina quando il gomito è completamente esteso.

Fase eccentrica: vi è una flessione del gomito, nella quale il tricipite si opporrà a resistenza, questa fase terminerà una volta che il bilanciere arriverà a contatto con la nuca o appena oltre (a seconda dell’esecuzione adottata)

Fase concentrica: prevedere un’estensione del gomito e la fase termina una volta che si ritorna in posizione di partenza col gomito alla massima estensione. Bisogna effettuare il movimento lento e controllato e le spalle devono rimanere ben salde.

Per ricercare un maggior allungamento si può aumentare l’inclinazione della panca, ciò però ci porrà in una posizione di lavoro sfavorevole, quindi il tricipite produrrà meno forza e la forza espressa è inversamente proporzionale all’inclinazione della panca.

DOVE ARRIVO COL BILANCIERE

La french press viene spesso eseguita sia arrivando alla nuca col bilanciere, sia andando oltre. La differenza in tale senso sta nei gradi di flessione della spalla raggiunti mentre si esegue l’estensione del gomito, non è sbagliato da un punto di vista anatomo-funzionale se eseguito consapevolmente e con escursione completa, visto che il capolungo del tricipite estende la spalla. Può avere senso a livello anatomico, ma può avere meno senso se l’obiettivo è l’ipertrofia, visto che portare la spalla in flessione in eccentrica infatti rischia di ridurre il tempo sotto tensione del tricipite, oltre a coinvolgere maggiormente altri muscoli quali i fasci addominali del gran pettorale ed il gran dorsale. Quindi è bene preferire l’esecuzione classica, salvo in alcuni contesti con atleti avanzati con un buon controllo motorio.

ERRORI

L’OMERO DEVE STARE FERMO! Uno degli errori più comuni è di allargare i gomiti e portarli verso il basso, ciò va a trasformare la french press da un esercizio monoarticolare ad un multiarticolare. Questa esecuzione va a coinvolgere la spalla in modo similare a quello in cui verrebbe coivolta in una panca piana con presa stretta, per evitare ciò è opportuno arrivare col bilanciere alla fronte o oltre. Ovviamente l’omero se la spalla viene sbloccata durante l’esecuzione non può stare fermo, è importante però, come già detto, che ciò venga fatto con consapevolezza, evitando appunto di allargare ed abbassare i gomiti.

MANUBRI E BILANCIERE, DIFFERENZE

Manubri: I manubri rispetto al bilanciere permettono di eseguire un movimento di prono supinazione, il quale però non apporta benefici a livello ipertrofico, semplicemente è più gentile a livello articolare, in quanto risulta più naturale come movimento. Permettono anche di sfruttare un ROM maggiore non avendo vincoli.

Bilanciere: Il bilanciere non permette la prono supinazione in quanto i polsi sono bloccati ed è meno gentile a livello articolare, però permette di generare più forza in quanto vi è maggior stabilità, dato che entrano in gioco meno forze. Da prediligere il bilanciere sagomato (EZ) rispetto a quello dritto, in quanto è più gentile a livello articolare e non obbliga ad allargare i gomiti richiedendo l’intervento della spalla, per di più, ciò trasformerebbe la french press da mono a multiarticolare.

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ROM ATTIVO E ROM ARTICOLARE DIFFERENZA

Il cosiddetto range di movimento o range of motion (ROM) ha una grande importanza durante l’esecuzione di un esercizio per massimizzare lo sviluppo muscolare.
Fra i parametri più importanti ai fini dello stimolo ipertrofico ci sono sicuramente l’intensità di carico, il volume, la densità e la frequenza di allenamento ma anche il range di movimento nell’esecuzione di un esercizio non deve essere sottovalutato.Il ROM o Range di movimento definisce la mobilità d’azione di un’articolazione – è definito come il numero di gradi compiuti da un segmento corporeo dalla posizione di partenza alla posizione finale, lungo il suo intero arco di movimento completo.

Quando si parla di ROM completo si tende a pensare all’anatomia funzionale dei muscoli, spesso dimenticandosi un fattore molto importante, ovvero, la resistenza e come questa varia lungo il range di movimento.
Un esempio banale lo possiamo avere con un curl su panca a 45 gradi, il ROM completo permette di ridurre praticamente a zero l’angolo del gomito, però la tensione non verrebbe mantenuta per tutto l’arco di movimento, in quanto a fine ROM ci si andrebbe a trovare con l’avambraccio perpendicolare al terreno e di conseguenza, col vettore forza che coincide con l’avambraccio e la tensione sul bicipite che va a perdersi.
Quindi non vi è la possibilità di utilizzare un ROM completo, per questo è necessario distinguere il ROM articolare da quello attivo.

ROM ARTICOLARE

Per non riportare tutta la definizione scritta sopra…
Il ROM o Range di movimento definisce la mobilità d’azione di un’articolazione, in soldoni comprende tutto l’arco di movimento che può compiere l’articolazione, quindi massima estensione e flessione raggiungibili.
Sempre utilizzando i bicipiti come esempio, il rom articolare del braccio eseguendo un curl, comprende tutto l’arco di movimento che può compiere il braccio senza tener conto della tensione muscolare.

ROM ATTIVO

Il ROM attivo comprende il numero di gradi compiuti da un segmento corporeo in tutto l’arco di movimento in cui può essere mantenuta la tensione a livello muscolare.
Questa distinzione esiste perché come già visto, il ROM attivo spesso non copre quello articolare, perdendo così qualche grado nell’arco di movimento.
Come anche in uno squat, con mancanza di mobilità si può incorrere durante l’esecuzione nella retroversione dell’anca, di conseguenza nonostante il ginocchio abbia un ROM articolare nettamente maggiore, sarà opportuno fermarsi fino a dove riesce ad mantenere la neutralità della schiena (ROM attivo).

L’IMPORTANZA DI UTILIZZARE UN ROM COMPLETO

Come già detto, utilizzare un ROM attivo completo durante lo svolgimento di ogni serie è molto importante, questo perché permette di coinvolgere un maggior numero di fibre muscolare, in quanto, in base alla porzione di ROM intervengono fibre differenti.
Quindi non sfruttare tutte le porzioni di ROM lasciarebbe “deallenate” parte delle fibre muscolari e i conseguenza ciò si tradurrebbe in guadagni minori.

GUADAGNARE QUALCHE GRADO EXTRA

Vi è però la possibilità di guadagnare qualche grado del ROM articolare sfruttando dei macchinari, prendiamo di nuovo in esempio lo squat, andare a sostituirlo con un hack squat, permetterebbe in caso di mobilità ridotta, di guadagnare qualche grado di lavoro, in quanto richiede meno mobilità.
Di conseguenza si riuscirebbe ad avere maggior lavoro sui quadricipiti, lo stesso vale anche con le croci, se eseguendo quelle coi manubri su panca si perde tensione verso gli ultimi gradi del ROM di movimento, eseguendole ai cavi si potrà ovviare a questo problema.

CONCLUSIONI

Se l’obiettivo è quello di massimizzare la crescita muscolare bisogna allenarsi con ripetizioni a range di movimento completo (full ROM). Prestare particolare attenzione alla posizione di massimo allungamento e accorciamento è fondamentale, tenendo però sempre conto della tensione generata dal carico e di conseguenza a non lavorare coinvolgendo anche porzioni di ROM in cui questa non è presente.