COME GENERARE IPERTROFIA MUSCOLARE

Dilemma attorno al quale ruota il mondo del culturismo, come sviluppare sempre più ipertrofia muscolare, che, per quanto ormai si conosca ampiamente la fisiologia umana, lascia ancora molti punti di domanda e quesiti irrisolti, per non parlare delle molteplici novità che vengono fuori giorno dopo giorno.

Per rendere possibile questo è necessario continuare a generare stimoli che inducano un adattamento, vedasi teoria della GAS (sindrome generale da adattamento).

OMEOSTASI E ADATTAMENTO CELLULARE

Il nostro organismo vive perennemente in uno stato di omeostasi, una sorta di equilibrio tra tutti i valori biologici e quando qualcuno di questi si altera mette in moto una serie di meccanismi compensatori per ritornare alla sua tanto amata omeostasi.

Come ad esempio quando mangiamo dei carboidrati e si ha un picco glicemico, il nostro organismo rilascia insulina nel circolo ematico, così che possa abbassarsi la glicemica (ecco perché i diabetici se assumono glucidi o elevate quote di protidi possono avere problemi se non somministrano una quantità di insulina esogena adeguata).

Questo avviene più e più volte durante la giornata ed è chiamato Stress Cellulare, ma solo in caso lo stress sia veramente elevato possiamo andare incontro ad un adattamento cellulare.

Ma cosa si intende per adattamento cellulare?

L’adattamento cellulare è la modificazione morfologica e fisiologica delle cellule in risposta alla nuova funzione e si tratta principalmente dell’ipertrofia.

Quando il nostro organismo va incontro ad uno stress o ad uno stimolo a cui non è in grado di adattarsi vi sono due possibilità, in caso sia lieve e transitorio si verifica un danno cellulare denominato reversibile, che come si evince dal nome è appunto possibile riportare allo stato iniziale, in caso contrario viene chiamato irreversibile e si verifica necrosi o apoptosi della cellula.

Infatti noi, quando ci alleniamo, andiamo a rompere, o perlomeno cerchiamo di farlo, l’equilibrio cellulare.

QUINDI QUALI STIMOLI PORTANO ALL’IPERTROFIA

Come già ampiamente scritto sopra, per generare ipertrofia è necessario creare uno stimoli che obblighi le cellule ad adattarsi e sono tre i fattori che permettono di generare ipertrofia:

-Stimolo meccanico

-Danno Muscolare

-Stimolo metabolico

STIMOLO MECCANICO

Partiamo dal primo fattore, nonché uno dei più rilevanti, ovvero lo stimolo meccanico, detto anche, tensione meccanica.
Questo si riferisce al carico utilizzo per allenarsi e sembra essere la chiave principale per l’ipertrofia, mi raccomando però, non confondiamo powerlifting con bodybuilding, nel primo caso, essendo il fine prettamente prestativo, il carico interno non sarà vicino a quello esterno, in quanto lo scopo non è sviluppare ipertrofia, ma spostare più kg possibili.

Questa puntualizzazione è importante perché, più kg solleverete e più ipertrofia genererete, ma è fondamentale che vi sia padronanza e percezione del carico, perché un conto è eseguire una panca piana spostando X kg anche con lo sfintere, un conto isolando il più possibile il petto.

Un carico importante permetterà quindi di generare sintesi proteica ed una progressione nel tempo permetterà di fornire nuovi stimoli che genereranno adattamenti portando ad altra ipertrofia.

DANNO MUSCOLARE

Il danno muscolare attiva la risposta immunitaria e si ha quando durante gli esercizi si formano piccole lesioni ai sarcomeri, le componenti cellulari del muscolo, questa è una lesione reversibile ed è ciò che porta ad avere i tanto conosciuti DOMS.
Molto curioso il fatto che ciò avvenga principalmente durante le fasi eccentriche.

L’attivazione della risposta immunitaria sopracitata da parte del danno muscolare, è dovuta al fatto che questo viene riconosciuto come un vero e proprio virus dal sistema immunitario e per il medesimo motivo mette in moto una difesa immunitaria aspecifica per eliminare gli elementi danneggiati, stimolando poi l’attivazione di cellule satelliti che aiutano nella riparazione del tessuto danneggiato per evitare la morte delle cellule.

Inoltre è stato scoperto che ciò porta all’incremento di ormoni anabolici circolanti e ad un incremento di acqua all’interno della cellula che porta ad un conseguente aumento della sintesi proteica.

Proprio per questo, anche se per ignoranza talvolta, sono tanto ricercati i DOMS.

STRESS METABOLICO

Lo stress metabolico invece concerne i metaboliti circolanti all’interno del nostro organismo generati dall’allenamento, più precisamente da contrazioni continue che vanno dai 15 ai 120 secondi.

Ci sono diversi modi con cui questo permette di generare ipertrofia, in primis permette di reclutare meglio le fibre muscolari e questo comporta una maggior attivazione ed un maggior scambio tra actina e miosina, eleva la risposta ormonale e provoca rigonfiamento cellulare.

Questo quindi non porta direttamente ad un aumento ipertrofico, in quanto non aumenta la sintesi proteica, bensì agisce indirettamente permettendolo tramite quanto citato sopra.

Ora che abbiamo un quadro chiaro di come funzioni tutto questo bisogna capire come mixare nel modo più opportuno gli stimoli, così da poter ottenere il massimo grazie ad un lavoro completo.
I parametri allenanti che andranno periodizzati nel macrociclo sono rispettivamente:

-Intensità

-Frequenza

-Recupero

-Volume

INTENSITÀ

Prima di parlare di intensità apriamo una piccola parentesi, perché purtroppo questo fattore talvolta viene frainteso erroneamente pensando ci si riferisca alle classiche tecniche come stripping, rest pause e compagnia bella…

In realtà, quando si parla di intensità si parla di ripetizioni, o meglio si dovrebbe parlare di carico allenante, ma supponendo si stia prendendo in considerazione un rpe10, anche le semplici ripetizioni sono sufficienti per darne un’idea, in quanto vanno a vincolare il carico da utilizzare.

Gli studi indicano che il range ideale di ripetizioni per generare ipertrofia va da 5 a 30 ripetizioni, range su cui concordo, in quanto ci permette di dare il tipo di stimolo che preferiamo in base al numero di ripetizioni che scegliamo di utilizzare.

Se desideriamo avere uno stimolo meccanico, stermo sulle 5/6 ripetizioni, se desideriamo maggior danno muscolare, in quel caso staremo sulle 10, mentre per quanto riguarda uno stimolo metabolico staremo sulle 20.

FREQUENZA

La frequenza di allenamento sta ad indicare il numero di volte a settimana in cui alleniamo un gruppo muscolare, solitamente viene consigliato di allenare ogni muscolo almeno due volte a settimana, in modo tale da non aver troppo volume durante una sessione, così che si possa gestire meglio l’allenamento.

La differenza sostanziale è questa, una miglior gestione dell’allenamento e a mio avviso, anche se dalle evidenze scientifiche non sono emersi benefici tangibili dall’eseguire il medesimo volume spalmato su una o più sedute, personalmente mi trovo in disaccordo, perché in realtà cambia, eccome!

Attivare la sintesi proteica solo una volta a settimana ha una resa totalmente differente da quella che ha nel caso venga stimolata due o più volte a settimana, pensiamoci….

Ci sono circa 48 settimane in un anno, se io alleno il muscolo X una volta a settimana, in un anno avrò attivato la sintesi proteica per quel gruppo muscolare 48 volte, al contrario, se lo alleno due volte, già si va a parlare di 96 volte in un anno, il doppio!

RECUPERO

Per quanto riguarda il recupero viene consigliato dagli studi più recenti di mantenere circa 90/120” di recupero per serie tra le 8 e le 12 ripetizioni, mentre viene consigliato di stare sui 3 minuti per serie a basse ripetizioni.

Su questo sono parzialmente d’accordo perché sì, nella maggior parte dei casi questo schema è corretto ed applicabile senza problemi, ma in caso decidessimo di eseguire un lavoro ad alta densità/volume, come ad esempio dei 6×6 con un minuto di pausa?
Ovviamente il carico non sarebbe il medesimo utilizzabile con 3 minuti di rest ed il lavoro sarebbe totalmente differente, soprattutto considerando che così si avrebbe anche un buon carico rispetto a quelli che solitamente è possibile utilizzare con alto volume/densità.

VOLUME

Arriviamo ora al volume, uno degli argomenti più dibattuti ed in cui ognuno lotta per dire la sua, da chi si erge a paladino del basso volume a chi dell’alto volume e come al solito a me piace stare nel mezzo da bravo ignavo e dire che entrambi sono molto utili, a seconda di come è stata impostata la nostra programmazione sul macrociclo.

È opportuno come sempre cercare di regalare nuovi stimoli al nostro corpo e quindi anche apportare cambi di volume durante la programmazione in favore o sfavore di intensità e densità è fondamentale perché si possa generare ipertrofia.

Detto ciò vediamo come calcolare il volume, i modi sono molteplici, purtroppo mi limiterà a quello più semplice che purtroppo però è anche quello più incompleto, perché si limita a considerare le serie totali nella settimana, nonostante le ripetizioni influiscano anch’esse sul volume ed anche il carico utilizzato ha una rilevanza non indifferente.

Molti preparatori oltre oceano famosi tra cui Helms e Israetel, consigliano di stare intorno alle 20 serie a settimana per gruppo muscolare, però ok, nella maggior parte dei casi può andare bene, ma ricordiamoci che ci sono molti soggetti diversi da quella che è la normale concezione del classico utente in sala pesi e che quindi necessitano anche di più o meno volume in rapporto alla risposta che quel gruppo muscolare ha, nel mio caso ad esempio sto utilizzando sui femorali un volume di 5 serie a settimana di stacchi gambe semitese con tut fluido a reps medie.
Secondo quanto appena detto non sarebbe adeguato, ma io in questo caso per me è sufficiente questo stimolo per quanto irrisorio per ottenere dei miglioramenti.

Oltre questo vanno considerati altri fattori come l’intensità utilizzata, mettiamo caso che per le 20 serie indicate sopra si parli di 20 serie portare a cedimento, se andassi ad eseguirle in buffer invece la quantità di volume necessaria/tollerabile crescerebbe in maniera repentina, oltre questo vanno considerati gli esercizi che decidiamo di utilizzare, perché se prendiamo in considerazione ad esempio uno squat ed una leg extension a parità di volume ed intensità, la leg extension non avrà mai l’impatto dello squat a livello globale.

Oltretutto andrebbero poi considerati anche i muscoli accessori che intervengono, prendiamo come caso lo squat, ok, X serie per i quadricipiti, ma femorali, glutei, erettori spinali e non solo intervengono durante l’alzata, quindi oggettivamente come lo considero il lavoro su di loro?

Per non parlare poi di chi si approccia al programma, la risposta sarà totalmente differente da soggetto a soggetto in rapporto al lavoro svolto, in quanto il feeling col programma sarà differente a seconda di chi si trova a doverlo affrontare.

CONCLUSIONI

Questi sono i fattori che portano a generare ipertrofia, è importante conoscerli per capire come agire nel migliore dei modi per arrivare al risultato desiderato, ora avete qualche mezzo in più per capire come poter operare nel caso doveste redigere un programma di allenamento.

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SVILUPPO DEI GRUPPI CARENTI: COME COMPORTARSI

Chiunque pratichi bodybuilding presenta dei ventri muscolari maggiormente sviluppati rispetto ad altri e come ogni atleta definibile tale, ha il desiderio di colmare il gap che in questo modo si palesa.

Ciò è dovuto al fatto che sfortunatamente non abbiamo la stessa predisposizione a generare ipertrofia in egual misura per tutti i muscoli, di conseguenza è necessario adottare delle strategie in modo tale da far sì che anche i muscoli più sfortunati possano crescere a dovere.

COME COMPORTARSI

Prima di tutto è fondamentale ripercorrere passo passo il pregresso agonistico dell’atleta in questione analizzando tutto ciò che è stato fatto fino a quel momento, in modo tale da poter scremare dividendo ciò che ha portato benefici da ciò che non ha sortito alcun effetto, per poi muoversi di conseguenza andando a riproporre/riadattare ciò che ha dato buoni frutti e poi poter sperimentare qualcosa di nuovo.

Una volta fatto ciò le possibilità con cui agire sono molteplici, la storia del bodybuilding è lunga e porta con sé un’inverosimile quantità di differenti possibilità, oltre svariate tecniche ed esercizi che sono delle chicche ma purtroppo talvolta vengono lasciati/e nel dimenticatoio.

I modi in cui si può agire come già detto sono diversi, o provando con l’utilizzo di tecniche di intensità, o provando ad utilizzare alcune strategie quali serie di pre affaticamento ad esempio, ma a prescindere da ciò solo una cosa è sicuro che non debba mai mancare, ovvero il fatto che l’allenamento deve essere totalmente incentrato sul gruppo muscolare da migliorare.

DEALLENARE PER MIGLIORARE

Come appena accennato, è fondamentale che il muscolo da migliorare sia il focus primario di tutto il programma, ciò però non significa che dovremo allenare solo il muscolo X, bensì che la scelta degli esercizi e la ripartizione del volume allenante sarà in funzione sua.

Quindi cosa fare?

Sicuramente in primis sarà opportuno ridurre il volume allenante sui gruppi che hanno la miglior risposta a livello ipertrofico, visto che tanto ciò non implica abbandonarli ma semplicemente allenarli meno ed essendo gruppi che si sviluppano più facilmente basterà poco per riportarli nella miglior condizione.
In caso siano presenti dei gruppi muscolari che hanno una risposta a livello ipertrofico fuori dal comune, della serie che anche facendo poco o nulla si sviluppano con una crescita esponenziale, in quel caso sarà opportuno anche arrivare a deallenarli, visto quanto è forte la loro risposta in termini di crescita, la sintesi proteica che rubano ai gruppi più “sfortunati”, sarà elevata, così facendo già potremo riscontrare infatti una crescita nettamente più marcata.

Il motivo per cui questa, già di per sé senza troppi magheggi risulta una strategia vincente, è dovuto semplicemente al fatto che, volente o nolente non possiamo far crescere tutti i gruppi muscolari allo stesso tempo e se ci provassimo, ciò che è più sviluppato crescerebbe ulteriormente, mentre ciò che è carente rimarrebbe ancora più indietro.

FOCALIZZARSI SUL MUSCOLO TARGET

L’altra parte di questa strategia, che per quanto semplice risulta vincente è focalizzarsi sul gruppo carente con la scelta degli esercizi, sarà ideale per aggiungere lavoro senza aumentare il volume totale della seduta, scegliere degli esercizi multiarticolari che nonostante vengano inseriti per lavorare il gruppo muscolare X, coinvolgano fortemente come accessorio anche quello che a noi interessa migliorare, vi porto un esempio banale con le braccia….

Nel caso decidessi di regalare maggior focus ai bicipiti sicuramente dovrei andare a scegliere esercizi, ove possibile ovviamente, che anche se utilizzati per altri gruppi muscolari li coinvolgano molto, come ad esempio, nel caso del gran dorsale, la scelta di inserire come movimento di tirata verticale, una lat machine presa supina.

Questa a livello di attivazione sul GD non si differenzia dalle altre due prese, ma pone sicuramente maggior enfasi sulla flessione del gomito e di conseguenza l’intervento del bicipite.

Oppure un altro esempio per i tricipiti:

Utilizzare le dip come esercizio per il petto, ed il pull over come esercizio per il dorso in cui il tricipite interviene in maniera importante in isometria per mantenere l’estensione del gomito sono due ottime opzioni per regale molto lavoro extra senza dover diminuire il volume su altri gruppi ad esempio.

SE NEMMENO QUESTO FUNZIONA?

Questa strategia è molto semplice ed efficace, oltre ad essere una di quelle che preferisco adottare non essendo un grandissimo amante di tecniche d’intensità, dato che su soggetti che sanno già esprimere elevata intensità sotto carico risultano piuttosto tassanti e talvolta, di conseguenza, controproducenti.

In alternativa ci sono molteplici strategie tra cui anche le sopracitate tecniche d’intensità:

-Iniziare la seduta col gruppo muscolare da migliorare, in modo tale da poter esprimere maggior intensità essendo ancora freschi.

-Cominciare con un esercizio complementare a quello base

-Cominciare con un esercizio base seguito da quello complementare

-Variare gli stimoli quali TUT, ROM, volume, densità, intensità, ecc

-Progressioni sul volume settimanali

-Richiamare il muscolo con stimoli differenti più volte a settimana

-Per ultimo, ma non per importanza visto che è anche quello solitamente più efficace dopo averle provate tutte, l’inserimento di tecniche di intensità come stripping, super set, rest pause, giant set, ecc

L’utilizzo però delle tecniche di intensità deve essere contestualizzato e dosato, non applicato indiscriminatamente su ogni gruppo muscolare o ogni esercizio.

Quindi sarà opportuno limitarle magari solo ad alcuni esercizi o all’ultima serie e possibilmente evitando, salvo in alcuni casi, di applicarle anche ai gruppi muscolari che non fanno parte della specializzazione.

Adottando questi piccoli accorgimenti sono riuscito dopo tanto a migliorare braccia e deltoidi che sono sempre stati un mio grande cruccio.

Quindi provate e sperimentate fino a trovare ciò che fa per voi, buon allenamento!

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FASE DI SCARICO, COME, QUANDO E PERCHè?

È ormai ben noto con le attuali evidenze scientifiche, che l’ipertrofia è influenzata da tre parametri quali: Intensità, densità e volume.
Quest’ultimo è il più importante ma non l’unico fattore da tenere in considerazione, semplicemente è quello che influenza maggiormente i risultati che si andranno ad ottenere.

Conoscete la supercompensazione?
La supercompensazione è la capacità del corpo di sopperire ad uno stimolo esterno, generando adattamenti che lo portino ad “evolversi” in senso positivo, verso lo stimolo ricevuto.
Sostanzialmente ciò che viene spiegato dalla GAS, sindrome generale da adattamento.
Il corpo riceve uno stimolo, mette in atto dei meccanismi compensatori ed infine si adatta.

Infatti, all’aumentare del volume avremo anche un aumento di performance ed eventualmente anche ipertrofia muscolare.
Il problema però è che non si può aumentare il volume all’infinito (anche per questo ci sono altri due fattori su cui agire), in quanto, una volta superato un certo limite, il corpo non sarà più in grado di adattarsi e cadrà nell’overeaching, o ancora peggio nell’overtraining.
L’overeaching è la fase che si verifica prima dell’overtraining ed è proprio in questo caso che entra in gioco la famosa “fase di scarico”.

A COSA SERVE LA FASE DI SCARICO E COME FUNZIONA?

La fase di scarico permetterà al corpo di recuperare e riequilibrare tutti i meccanismi endocrini di risposta agli stimoli allenanti per poter ripartire a svolgere i propri allenamenti al meglio.

Lo scarico può essere attivo o passivo:

  • scarico attivo: è quello che più viene usato e consiste in una diminuzione di volume e/o intensità e/o frequenza degli stimoli allenanti. La diminuzione non si può quantificare, verrà adattata al soggetto in base al suo stato e alle sue capacità di recupero ma in genere, per comodità, si prende come riferimento il micro ciclo settimanale.
  • Scarico passivo: consiste nella sospensione totale degli stimoli allenanti. Si può attuare più raramente e in genere viene consigliata soprattutto a seguito di infortuni o gravi stati di sovrallenamento.

QUANDO SCARICARE?

Durante la programmazione può capitare e anzi, dovrebbe succedere più volte di entrare nella fase di overeaching (step precedente all’overtraining), mentre è ben difficile andare in overtraining, quindi non iniziate a deallenarvi pensando di fare troppo, nella maggior parte dei casi non vi è nemmeno la capacità di esprimere abbastanza intensità da finire in overeaching anche con frequenza e volume fuori dalla norma.

Teniamo anche in considerazione che prima di entrare in overtraining, nella fase di overeaching, il corpo quasi ci imporrà di fermarci mandandoci diversi segnali tra cui:

  • stallo o diminuzione della performance
  • stanchezza cronica
  • insonnia
  • dolori articolari
  • perdita di appetito
  • bassa autostima e bassa motivazione di allenamento
  • perdita di concentrazione durante le attività giornaliere o durante l’allenamento

In questi casi però continuare a stressare il corpo sarà controproducente, quindi non proseguite imperterriti come dei panzer in guerra ad avanzare prima di far danni seri.

Tutto questo infatti si risolve facilmente inserendo la settimana scarico che bene o male qualsiasi sportivo odia perché ritenuta noiosa, infatti l’idea migliore sarebbe farla coincidere con periodi di vacanza, oppure in periodi in cui vi è molto lavoro, in modo tale da distrarsi dalla riduzione degli gli allenamenti e concentrarsi su altro.

Sarebbe anche opportuno magari sfruttare degli scarichi attivi per lavorare sulla tecnica, o effettuare lavori posturali, o di propriocezione, in modo da rendere comunque proficuo questo breve periodo che però talvolta è obbligato.

Può però capitare, in caso di sovrallenamento, visto il tempo che richiede per recuperare, o in caso di infortuni, che lo scarico possa durare per periodi relativamente lunghi, ma non c’è da preoccuparsi…

Anche qui la scienza viene in nostro soccorso: 14 soggetti sono stati divisi in due gruppi, un gruppo si è allenato senza stop per 24 settimane, l’altro gruppo ha fatto uno stop di 3 settimane ogni 6 di allenamento, sempre per un totale di 24 settimane.

Alla fine dei 6 mesi i risultati in termini ipertrofici risultarono uguali (qui l’articolo https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/23053130/)

Il mio consiglio quindi è di porre attenzione e di pianificare attentamente il periodo di scarico, sapendo che fa parte anche esso della periodizzazione e tanto più il livello di performance è alto, tanto più è indispensabile.

CONCLUSIONI

Lo scarico è una carta da giocare molto utile per poter continuare a progredire se utilizzato con cognizione di causa quando vi è realmente necessità, non deve necessariamente essere svolto con cadenza regolare, bensì quando se ne sente il bisogno.
Sicuramente su utenti novizi ed in parte intermedi lo scarico verrà effettuato di rado, in quanto comunque, la necessità nasce da un richiesta del nostro organismo di recuperare e se chi si allena non è in grado di esprimere un’intensità adeguata, difficilmente arriverà anche solo vicino all’overeaching.
Non va visto come qualcosa di noioso, bensì un modo per poter progredire sempre di più.

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ALLENAMENTO GLUTEI, UOMO E DONNA

Ciao ragazzi, oggi volevo portarvi qualche nozione in più in merito all’allenamento dei glutei, gruppo a mio avviso molto ostico da lavorare quando si ricerca la qualità, ma sicuramente più semplice di quello che sembra da allenare se si ricerca l’ipertrofia.

Nel secondo caso, è un gruppo che spesso fa dannare le signorine, quando in realtà basterebbe un connubio di esercizio ben pensati nella seduta ed un po’ di grinta nell’allenarli da parte di chi è sottoposto alla tortur… emh, all’allenamento, perché talvolta è solo quello il problema.

Pensiamoci, il gluteo, volente o nolente è parte del lower body e da che mondo e mondo, questi gruppi muscolari così grandi, richiedono sicuramente un’alta intensità di carico per sviluppare volume, discorso che cambia quando si ricerca maggior qualità.

Fatta questa premessa però vediamo prima l’anatomia del gluteo.

ANATOMIA GLUTEO

  • Grande gluteo.
    Il grande gluteo può essere considerato un estensore primario e permette la rotazione esterna dell’anca. Origina dalla parte posteriore della cresta iliaca, dalla parte esterna dell’ileo, dalla parte laterale del sacro e del coccige e si inserisce nella diafisi del femore a livello della tuberosità glutea. Inoltre ricopre un ruolo fondamentale di stabilizzatore dell’articolazione sacro-iliaca e regione lombare (grazie alle estese inserzioni sia legamentose che fasciali in quella regione).
  • Medio gluteo.
    È un muscolo a forma di ventaglio che origina dalla parte media dell’ileo e si inserisce nella faccia esterna del grande trocantere. Il medio gluteo è il più grande muscolo abduttore dell’anca ed è proprio per questo che un suo deficit può portare ad una diminuzione dell’abduzione.
  • Piccolo gluteo.
    È un muscolo di forma triangolare che origina dalla porzione anteriore della cresta iliaca e si inserisce sul grande trocantere. Come si può capire dal nome è il più piccoli dei muscoli glutei. Ricopre un ruolo nella stabilizzazione dell’anca durante la fase di appoggio del piede nella camminata e anche nell’abduzione dell’anca (insieme al medio gluteo). 

DIFFERENZA DI ALLENAMENTO TRA UOMO E DONNA

Si sente spesso parlare di allenamento differente per i glutei tra uomo e donna per le diversità anatomiche che presentano, me è effettivamente così?

No, o perlomeno a mio avviso non lo è, parlando dell’allenamento inteso come scelta degli esercizi e range di ripetizioni da usare non differisce, il gluteo quello è e quello rimane.

L’allenamento potrebbe in alcuni casi essere differente, ma questo non per un discorso prettamente anatomico, bensì per altri fattori che intervengono, come la maggior infiammazione che si viene creare nelle donne quando si va ad allenare il lower body.

Mi spiego meglio, quando andiamo a stimolare un dato gruppo muscolare creiamo uno stato infiammatorio, generato come risposta all’allenamento e questo stato di infiammazione è direttamente proporzionale al lavoro svolto per il gruppo interessato.

Nelle donne, questo fattore è più marcato, in quanto di base, presentano una bodyfat nettamente più elevata rispetto agli uomini e solitamente sono ginoidi, ciò significa che presentano un maggior accumulo di adipe nel lower body.

Ecco, in questo caso potrebbe differire l’allenamento, ma se vogliamo glutei voluminosi e qualitativi la strada è una e quella va percorsa, che si tratti di uomo o di donna.

ALLENAMENTO GLUTEI DONNA

Partiamo dall’allenamento al femminile, come già scritto in precedenza, l’allenamento non si discosta da quello maschile, se non di poco per una questione di rischio di infiammazione, però, di base, deve contenere tutte le tipologie di stimoli per ottenere un lavoro completo:

-neurale

-meccanico

-metabolico

Ciò che può variare è la presenza di lavori basati sull’accumulo di volume.

Con lavori basati sull’accumulo di volume intendo la ricerca di un totale settimanale di accosciate che va ad aumentare nel tempo, ad esempio:

Ho il mio bellissimo allenamento basato su tre giorni in full body, inserisco due o tre esercizi per il lower e poi propongo un totale di squat a corpo libero da dividere a proprio piacimento nella seduta, andando ad aumentarlo di settimana in settimana.

Questo risulta molto valido se pensiamo a tutto il lavoro che andiamo a creare riducendo l’infiammazione grazie al continuo ricircolo di sangue tra upper e lower ed al fatto che tutte queste accosciate, non essendo protratte fino al cedimento, riducano a loro volta drasticamente l’infiammazione locale che si andrebbe a creare.

In questo modo, oltre ad evitare forti stati infiammatori, andiamo ad accumulare tantissimo volume extra oltre a quello degli altri esercizi per il lower, se ad esempio partissimo con 200 squat a seduta, aumentati poi a 250, poi a 300 e così via, avremo un volume totale di lavoro di 600, poi 750, poi 900 e così via accosciate a settimana.

Questo tipo di lavoro per le donne ed in alcuni casi, anche per gli uomini, migliora moltissimo la qualità, creando quasi una sorta di dimagrimento localizzato, grazie anche alla miglior compartimentazione dei liquidi che si va a creare.

Porto come esempio gli allenamenti di una delle mie atlete, Eva Rogledi:

La split è suddivisa in un giorno di upper, uno di lower, una full body e due giorni in cui sono interiti i lavori basati sull’accumulo di volume e i richiami dell’upper body, che è la parte più trascurata negli altri giorni, questo perché il tempo a disposizione non era moltissimo ed abbiamo preferito tenere una frequenza più elevata.

Mi sono limitato a postare solo uno dei due giorni di metabolico essendo molto simile ed ho tralasciato l’upper body per non dilungarmi più del dovuto con informazioni non attinenti all’argomento.

Nel giorno di lower body ed in parte nella full body, sono inseriti e spalmati tutti gli stimoli sopra citati ed oltre a questo, coi due giorni in cui effettuiamo i lavori di accumulo, andiamo ad avere uno stimolo completo.

L’allenamento come potete vedere è gluteo centrico, quando, come in questo caso il gluteo è il punto debole, bisogna far sì che anche lavorando gli altri gruppi muscolari, venga sempre e comunque stimolato almeno in parte e infatti quasi tutti gli esercizi scelti coinvolgono i glutei direttamente, o indirettamente.

La medesima tattica adottata con me ora per l’upper body, devo migliorare le braccia, quindi nelle sedute di petto e dorso gli esercizi scelti coinvolgono volutamente più del dovuto le braccia, come le trazioni presa supina che ad esempio utilizzo nel dorso, coinvolgono molto il bicipite rispetto alle altre tirate verticali.

ALLENAMENTO GLUTEI UOMO

Per l’uomo la storia non cambia, con l’unica differenza che il fattore infiammatorio non è dietro l’angolo e come già detto bisogna farsi il culo.

Vi porto come esempio Marco Chiocciola, un atleta che avuto il piacere di preparare come classic la scorsa stagione, da cui ci siamo portati a casa un assoluto alla pittalis muscle media cup ed un terzo posto in ifbb fit italy.

Marcone desiderava arrivare davvero scuoiato e allora abbiamo deciso di salire sul palco con le righe sul culo.

Anche in questo caso sono stati inseriti tutti gli stimoli, però il focus maggiore è sempre rimasto sul femorale che è l’anello debole, essendo carente rispetto alle altre porzioni della coscia.

Questo però non significa che il gluteo non avesse lavoro, anzi, però volevo soffermarmi sul lavoro fatto per migliorare la qualità e tirare fuori quelle chiappe frastagliate dalle righe che pagano tanto sul palco.

Come vedete, a parte il richiamo di spalle, nel giorno di lower sono stati inseriti tutti gli stimoli, abusando dei fermi a fine eccentrica, questo perché regalano una miglior attivazione e come conseguenza un maggior scambio tra actina e miosina.

Oltre questo, ciò che ha pagato realmente per la qualità sono stati i 5 minuti di hip trhust in statica, che credeteci o meno, un lavoro eseguito in statica per 5 minuti, non presentando variazione di tensione come i movimenti dinamici, permette di accumulare l’equivalente di un lavoro pari a 10 serie da 50 ripetizioni di hip trhust.

Le altre armi da non sottovalutare che ci hanno permesso di rigare a dovere i glutei sono stati gli affondi in camminata ad alto volume, che eseguiti dopo la statica di hip thrust regalano maggior coinvolgimento al gluteo rispetto a quanto ne avrebbe avuto senza e poi gli slanci con le kettlebell in hiit che eseguivamo due volte a settimana nei giorni di rest insieme al cardio.

Il risultato, dopo mesi di dieta ed allenamenti è quello che vedete.

ALIMENTAZIONE, CHI CON UN BEL GLUTEO VUOLE APPARIRE, UN PO’ DEVE SOFFRIRE

Ultimo, ma non per importanza, l’alimentazione, sicuramente la parte che riveste un ruolo chiave nell’ottenere glutei degni di nota che sia in termini di volume o qualità, è l’allenamento, ma anche l’alimentazione riveste un ruolo molto importante.

Ci sono molteplici possibilità per scendere di bodyfat, da cut lunghi e meno marcati all’esatto opposto, ci possiamo anche presentare meno tirati di Marco e fare bene comunque, ma in tutti i casi una cosa certa, bisogna un po’ soffrire la fame.

È impossibile, sperare di far bella figura salendo sul palco con uno strato di cotenna non indifferente, com’è altrettanto impossibile sperare di vedere dei dettagli del genere nel medesimo caso.

L’allenamento è la chiave, ma se volete quei glutei dovrete anche chiudere la bocca.

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POCO TEMPO PER ALLENARSI? NESSUN PROBLEMA

Quante volte capita di ritrovarsi oberati dagli impegni e non aver tempo sufficiente da dedicare all’allenamento?
Considerando che le persone che possono permettersi di vivere di questa disciplina non sono molte, è un qualcosa che capita abbastanza di frequente.

Questo però non implica che non ci si possa allenare comunque come si deve anche con meno a tempo a disposizione, tutto è possibile se l’allenamento viene strutturato con cognizione di causa tenendo conto di ciò.
Se pensiamo alle molteplici possibilità che ci si parano di fronte durante una stesura di un protocollo di allenamento, ci possiamo rendere conto che sono così tante che è impossibile non riuscire a costruire qualcosa di adatto a qualsiasi caso.

Piccola premessa però ragazzi, ovviamente un minimo di tempo va comunque dedicato a questa disciplina e se non siete minimamente disposti ad impiegare parte del tempo libero a disposizione, non potete pretendere molto, come si suol dire non è possibile avere sia la botte piena che la moglie ubriaca, per cui, salvo per quei rarissimi casi in cui non vi è realmente il tempo necessario, se non trovate nemmeno 4/5 ore totali a settimana per allenarvi piuttosto fate altro.
Dico ciò non perché io sia severo/nazista, semplicemente perché chiunque ha a disposizione una quantità di tempo così irrisoria se non di più, in caso contrario semplicemente è perché manca la voglia e non il tempo e se vi allenate perché dovete farlo e non perché vi piace farlo lasciate perdere, non otterrete sicuramente ciò che sperate.

Torniamo a noi ora, come già detto, andare a redigere un allenamento efficace con tempistiche considerabili “brevi” non è assolutamente un problema e talvolta può essere fondamentale.
Ovviamente perché se il tempo non c’è non c’è, pochi cazzi, ma in altri casi, quando magari si hanno anche un po’ più ore a disposizione delle 4/5 citate prima, se quelle extra sono poche, sarà controproducente utilizzare degli allenamenti che richiedono molto tempo.

Questo perché, anche se a tempistiche riusciamo ad incastrare al secondo tutti gli impegni con le sedute in sala pesi, come potremo mai allenarci bene se la testa è ovunque fuorchè nel posto in cui deve essere quando ci si allena?
Passare la seduta in sala pesi a pensare a quanto manca alla fine dell’allenamento, al fatto che dopo dovremmo correre nel posto X, che se capita qualche intoppo rischiamo di non terminare l’allenamento mette angoscia.
Se la testa non è libera quando ci si allena, le sedute non potranno mai essere qualitative, perché è la testa che fa sì che un allenamento possa essere produttivo o meno e se non è il focus primario quando siamo in palestra, non possiamo sperare di andare molto lontano.

COME POSSO CONSIDERARE UN ALLENAMENTO VALIDO?

Possiamo avere in mano il programma perfetto, ma se le circostanze non ce lo permettono non possiamo sperare di arrivare a nulla di concreto, anche se fosse il programma con cui potresti vincere il mr.O.

Per avere un allenamento valido prima di tutto è fondamentale il focus in sala pesi, durante l’allenamento devi sapere cosa stai facendo, percepire il lavoro muscolare, essere in grado di “vivere” il programma.

Non bisogna mai passare di serie in serie in modo sterile, bensì visualizzare e focalizzarsi sul programma ancora prima di cominciare.

Un altro fattore molto importante è la concentrazione durante l’allenamento, quando comincia la seduta la testa deve essere sgombera e concentrata solo su quello che devi fare.
Tanto una volta terminata la seduta, ciò che era lì prima lo ritroverete al medesimo posto dopo e poi come credete di poter allenarvi al meglio se nella testa avete tutto fuochè il vostro allenamento?

Ultimo ma non per importanza, TI DEVE PIACERE CIÒ CHE FAI, l’allenamento deve comprendere il lato ludico ed il programma deve essere strutturato in modo che ti prenda e diverta, in caso contrario le opzioni sono due, o il programma non fa per te, o forse devi dedicarti ad altro.
Ricorda quanto detto sopra, “se lo fai perché devi meglio non farlo”, tanto non si conclude nulla.

COME IMPOSTARE UN ALLENAMENTO BREVE ED EFFICACE

Fatta questa piccola introduzione arriviamo ora al punto saliente del discorso, come deve essere un programma di allenamento se breve, per poterlo considerare efficace?

Prima di tutto deve comunque poter dare uno stimolo completo e globale nonostante la minor “mole di lavoro” a cui si va incontro.

Una volta compreso ciò il secondo passo è la gestione del volume, dei TUT nelle serie, dei recuperi e delle tecniche di intensità, questo sempre per poter recuperare altri minuti preziosi.

Questo perché tutti i fattori sopracitati, in base a come vengono utilizzati, possono cambiare totalmente il tempo impiegato per effettuare la stessa mole di lavoro.
Un esempio per rendere l’idea:

Vi porto il caso di Davide Pisati, o Dave The Chemist per chi lo conoscesse da instagram, attualmente visti i vari impegni universitari, la sua dolce metà e la famiglia, il tempo a disposizione non è moltissimo giustamente.

Vi posterò sotto il suo allenamento attuale spingandovelo in base a quanto detto sopra.

Attualmente stiamo utilizzando un P.H.A.T. con qualche sfumatura da Hatfield, POF per citare qualche metodologia, come faceva Bruce Lee, prendiamo il meglio da qualsiasi approccio a rendiamolo nostro.

Piccola premessa, questo programma è stato redatto tenendo in considerazione le problematiche presenti a livello strutturale, per capirci meglio, dolori vari alle articolazioni e oltretutto il programma è tarato totalmente su Davide, quindi liberissimi per chi pensa sia furbo di copiarlo ed eseguirlo (lo avessi ritenuto un problema non lo avrei condiviso), ricordatevi però che molto probabilmente per voi sarebbe più utile qualcosa di totalmente diverso, anche perché come ho scritto sopra che ci sono problematiche, ma non ho scritto precisamente di cosa si tratti eh eh….

Il programma è così diviso:

-Una prima seduta di upper con stimolo meccanico, in cui abbiamo impostato delle progressioni sui multiarticolari ed inserito delle serie canoniche sugli accessori, prediligendo sempre esercizi che ponessero il muscolo ad un allugamento ideale così da poter esprimere il massimo della propria forza e propedeutici agli esercizi su cui abbiamo impostato le progressioni, questo perché appunto il primo giorno è incentrato sui lavori di “forza”.

-La seconda seduta è una seduta di lower sempre improntata sulla ricerca dello stimolo meccanico, molto simile a quella della prima seduta di upper.

-Per concludere, la terza seduta è una seduta full body con TUT più adatti all’ipertrofia, parlo di tut e non di ripetizioni perché è il tempo sotto tensione a condizionare il carico e 10 reps con TUT 1-0-1-0, non permettono di utilizzare il medesimo carico che avremmo su 10 reps con TUT 3-1-1-0.
In questa seduta siamo andati ad utilizzare dei jump set per risparmiare tempo ed abbiamo utilizzato esercizi che andassero a dare enfasi alle porzioni di ROM “meno coinvolte” nelle due sessioni precedenti, cercando di non discostarci troppo dagli schemi motori utilizzati, così che fosse più semplice perfezionare il gesto.
L’ausilio di TUT più lunghi oltre i jump set, permettono di accumulare molto più lavoro in un lasso di tempo minore rispetto ad un numero di serie maggiori.

A tutto ciò, per concludere in bellezza, possiamo aggiungere la scelta degli esercizi, è vero che i primi due giorni abbiamo utilizzato esercizi con schemi motori complessi e range di ripetizioni che richiedono molto tempo prima di essere pronti per le serie, ma con questo approccio è stato quasi obbligato e comunque l’ultimo giorno andiamo a recuperare tranquillamente il volume mancante, riuscendo così a dare un lavoro adeguato.
Però, il terzo giorno, la scelta di ripetizioni, TUT, esercizi ed anche la disposizione è stata impostata in modo tale da non dover perdere troppo tempo nelle serie di avvicinamento al carico allenante.
Anche questa è un’arma da non sottovalutare in questi casi, riuscire a ridurre il tempo necessario a scaldarsi permette di guadagnarne molto che è poi spendile in qualche serie extra.

CONCLUSIONI

In queste poche righe, oltre a darvi qualche informazione/spunto utile su come muoversi quando si ha poco tempo a disposizione, ci tenevo più che altro a sottolineare quanto sia importante la presenza di un allenamento cucito su misura per poter ottenere risultati tangibili.
Fare questo è sicuramente impegnativo come avete visto, per non considerare come già accennato che oltre a ciò in questo caso abbiamo dovuto tener conto delle problematiche articolari di Dave, ma vi assicuro che vi ripagherà a pieno quando vedrete i vostri ragazzi felici nell’allenarsi e soddisfatti dei loro risultati.

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QUANTO ANDREBBE TENUTO UN PROGRAMMA DI ALLENAMENTO?

“Coach, è finita la scheda, dobbiamo cambiarla”, la classica frase che si sente quando è il momento di procedere col nuovo protocollo, però è realmente finita la scheda quando viene cambiata?

Sì, so che questa domanda suonerà strana ma ha un suo perché….

È vero che su ogni protocollo troviamo una data della teorica fine di questo, ma una volta arrivato il fatidico giorno bisognerebbe “sedersi” e riflettere se davvero il protocollo è stato spremuto a dovere e purtroppo la maggior parte delle volte non è così.

Un protocollo non finisce quando arriva la data di fine riportata sul programma, un protocollo finisce quando abbiamo carpito e spremuto ogni singola sfaccettatura da esso, ogni singolo esercizio, in ogni singola serie, solo allora andrebbe cambiato.

Vedo di spiegarmi meglio, quando iniziamo un nuovo programma di allenamento, nel tempo riusciamo, bene o male, a progredire con le ripetizioni e coi carichi, fino a che non arriviamo ad uno stallo…

Ecco, solo in quel caso andrebbe cambiato un programma, perché farlo altrimenti?

GAS

Per chi non lo sapesse, dico ciò, perché il principio che sta alla base dell’ipertrofia è la presenza di uno stimolo progressivo nel tempo su intensità, densità e volume, questo per via della GAS (general adaptation syndrome).

Per chi non lo sapesse, la GAS è un insieme di fasi legate ad un processo che ha come fine la sopravvivenza, avete presente il funzionamento del comportamento attacco/fuga?
Ecco, si tratta del processo legato ad esso, sostanzialmente va a descrivere l’adattamento degli organismi viventi agli stress, cioè stimoli esterni che disturbano il loro equilibrio interno…
Questo avviene in tre fasi:

Prima fase, allarme:

Questa fase si attiva quando si riceve uno stimolo esterno che porta ad un forte picco di stress, durante la quale si liberano già i mediatori chimici della fase cronica (Resistenza).
Le conseguenze sono un aumentato stato di allerta e può innescare circoli viziosi di rinforzo per condizionamento dell’esperienza memorizzata e ciò porta ad un decremento dell’energia per le 6/48 ore successive.

Seconda fase, resistenza:

La Fase di Resistenza comincia circa dopo 48 ore, potenzia e mantiene nel tempo la risposta immunologica ed ormonale stress correlata, fino al raggiungimento del superamento del limite di resilienza del Sistema, la cui durata è direttamente proporzionale allo stress “subito”, detta fase di…

Terza fase, esaurimento:

La fase di esaurimento si verifica nel caso in cui il corpo venga costantemente sottoposto a stimoli e non riesca a recuperare.

Prendiamo come esempio una semplice abbronzatura…

Ci sdraiamo al sole per un breve lasso di tempo e continuando a farlo in maniera graduale, pian piano la nostra pelle varierà pigmentazione, portandoci ad assumere quel colorito olivastro che tanto ci piace.

Se però dovessimo esporci al sole per troppo tempo, arriveremmo ad ustionarci o beccarci un bell’eritema solare e se lo sfregamento fosse eccessivo si formerebbe un’ulcerazione sulla pelle.

Questo perché se con piccoli stimoli a cui il corpo può sopperire con la fase di resistenza otteniamo il colore che vogliamo, con stimoli troppo forti, otterremo un effetto indesiderato, che nel caso dell’allenamento si traduce in overreaching o overtraining.

Quindi, come nel bodybuilding, il bilanciere che ci schiaccia è lo stimolo e la risposta ipertrofica è l’adattamento, pertanto è importante che al bilanciere venga applicata una progressione, così che possa generarsi sempre nuova ipertrofia.

QUANDO SI PUÒ RITENERE PORTATO A TERMINE UN PROTOCOLLO DI ALLENAMENTO?

Ora che abbiamo compreso cosa permette di generare ipertrofia, sarà anche più chiaro perché non andrebbe impostata una data di scadenza per un determinato programma di allenamento.

Questo perché, finchè vi è margine di progressione, è un peccato cambiare protocollo di allenamento, visto che comunque lo stimolo progressivo è presente e si continua a migliorare, passare prematuramente ad un altro protocollo farebbe sì che buona parte di ciò che si sarebbe potuto ottenere da quegli allenamenti venga buttato nel gabinetto, un po’ come quando si mangia del formaggio, se non si taglia a dovere la crosta ne viene buttato via tantissimo.

Prendo come esempio me stesso, talvolta sono arrivato a mantenere un protocollo di allenamento anche per più di 4 mesi visto che continuavo a progredire, o basti pensare anche solo a Dorian Yates, nome mille volte più illustre e attendibile del mio, che era solito seguire il medesimo protocollo fino anche a 6 mesi,
A detta sua si riscopriva in ogni allenamento, arrivando sempre un gradino sopra.

Ovviamente questi sono estremismi, ma rendono bene l’idea, in ambito natural sicuramente il margine di miglioramento con carichi e/o ripetizioni nello stesso protocollo non sarà così ampio per ovvi motivi, ma sicuramente c’è la possibilità di mantenere più di quanto viene solitamente fatto lo stesso allenamento.

CONCLUSIONI

In conclusione, non abbiate fretta di passare al programma successivo, spremete a fondo quello che avete, spremetelo accanendovi sui pesi come fossero il vostro peggior nemico, cercate ogni volta di alzare anche solo di una ripetizione sul totale, di migliorare il controllo, il feeling, dovete riscoprirvi e scoprire qualcosa di nuovo ad ogni allenamento, solo allora potrà considerarsi portato a termine il programma.

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STACCO SUMO E STACCO REGULAR: QUALE SCEGLIERE?

“È meglio lo stacco sumo o lo stacco regular?”, questa domanda mi viene posta molto di frequente dai ragazzi che alleno, in quanto come ben sanno, sono un grande amante di queste alzate e come al solito la mia risposta è “dipende”, so che la odiate ma purtroppo è così, non c’è mai una risposta corretta per tutti, bensì, è la soggettività a fare da padrone.

Per questo articolo ho deciso di rifarmi ad uno di Greg Nuckols: https://www.strongerbyscience.com/should-you-deadlift-conventional-or-sumo/
In modo tale da poter rispondere nel modo più completo e preciso possibile.

Se il soggetto in questione allena lo stacco per la forza generale e non con particolari pretese consiglierei quanto detto da Greg Nuckols, ovvero di allenarli tutti a due per un po’ con carichi sub massimali e poi decidere in base a quello che ha regalato il miglior feeling.

In caso però ci fossero obiettivi ben specifici, bisogna andare per gradi, prima stabilire il fine per cui viene utilizzato, quindi se per l’ipertrofia o la forza, o meglio, se per il bodybuilding o il powerlifting.

IPETROFIA

Nel primo caso, se lo stacco come fine ultimo ha la ricerca dell’ipertrofia, bisognerà regolarsi in base alle predominanze dei vari gruppi muscolari del soggetto in questione, a seconda di ciò sarà possibile decidere quale versione utilizzare.

Per fare questo infatti bisogna prima di tutto capire a livello anatomico quali sono i fasci muscolari coinvolti ed in che proporzioni lo sono nello stacco regular e nella versione sumo.
In questo modo sarà possibile scegliere l’alzata più idonea al soggetto in questione, c’è bisogno di più lavoro sul dorso, uno stacco regular sarà sicuramente più efficace rispetto ad un sumo in cui il lavoro a carico del back è inferiore ed è maggiore invece quello a carico del lower.

In secondo luogo va valutato il feeling del soggetto, perché, se la versione più idonea è quella con cui ha il peggior feeling piuttosto è meglio prediligere l’altra, oppure, eliminarlo proprio dalla routine.
Eliminarlo perché oggettivamente è inutile/controproducente andare ad utilizzare per forza un’alzata in cui la spesa è maggiore del guadagno.

FORZA

In ottica di “forza”, la scelta dello stacco diventa ben più complessa, in quanto è necessario considerare l’anatomia del soggetto che deve andare ad eseguirlo e più che una questione di lunghezza delle leve, i punti fondamentali da tenere in considerazione sono altri…

In primis va tenuta in considerazione la conformazione dell’anca in quanto va ad impattare sul carico sollevato, dato che influenza la capacità di assumere determinate posizioni nello stacco.

Il bacino è geneticamente differente in ciascun individuo, in termini di grandezza e forma.
Sappiamo che nel bacino va ad incastrarsi, tipo le lego, la testa del femore.
Questo incastro avviene nell’acetabolo del bacino e comprende appunto il bacino ed il femore.
Bacino e femore, in individui diversi, sono diversi.
Abbiamo tutti una conformazione di bacino e femore diversa e questo determina le posizioni che possiamo assumere.
Quindi è possibile trovare tre strutture del bacino…

Al primo posto possiamo vedere la struttura di un bacino neutrale, in quanto presenta un’inclinazione del femore ed un acetabolo neutrali.
Questa struttura è una via di mezzo che permette di scegliere bene o male quale set up assumere nello stacco.

Al secondo posto possiamo vedere una struttura che prende il nome di vara come le ginocchia quando tendono verso l’esterno.
Questo renderà difficoltoso assumere stance piuttosto ampie come nel sumo, in quanto nel momento che il soggetto interessato tenderà ad abdurre il femore, quindi a portarlo verso l’esterno, questo troverà un blocco articolare nel suo percorso, che non gli permetterà di andare molto oltre.
In questo caso sarà sicuramente meglio prediligere lo stacco regular.

Al terzo posto invece troviamo una struttura valga, in questo caso sarà possibile utilizzare stance molto ampie ed al contrario si troveranno problemi ad utilizzare stance “strette”, come nel regular.

In secondo luogo bisogna levarsi dalla testa l’idea che il sumo permetta di alzare più kg rispetto al regular perché il ROM è ridotto e vi spiego subito il perché…

Intanto basti pensare che la maggior parte dei record di stacco al mondo sono stati fatti utilizzando il regular e se il sumo fosse effettivamente così semplice da eseguire rispetto al regular il mondo sarebbe pieno o di eroi coraggiosi che preferiscono sacrificarsi pur di essere maschi, o di idioti…

Aspettate però, non voglio dire che il sumo effettivamente non riduca il ROM, sarebbe come dire che la terra è piatta, semplicemente che questo non è un fattore così rilevante.

Analizzando l’articolo di Greg Nuckols:

Uno stacco con carico massimale, in genere, viene eseguito in meno di 5 secondi. Quando lo stacco è molto grindato potrebbe arrivare fino a 10 secondi.

Bene, in questo arco di tempo, le scorte di energie dedite ad eseguire questo lavoro sono più che sufficienti per completarlo.
Le scorte di ATP e Fosfocreatina sono sufficienti per garantire sforzi massimali fino ai 8-10 secondi.
Quindi la differenza di lavoro puramente meccanico che viene citata, quando si fa riferimento al ROM, potrebbe essere tenuta in considerazione su lavori ad alte ripetizioni, ma noi ora stiamo parlando di lavori con l’1RM.

L’idea che il sumo regali più kg nasce anche dal fatto che l’anca deve compiere un tragitto più breve nel sumo per arrivare alla completa estensione, al contrario del regular in cui il tragitto è più lungo, ma c’è un “però”…

Purtroppo, la biomeccanica non funziona proprio così.
Quello che stiamo analizzando così facendo è solo il piano sagitale, fronte e retro, su cui viene eseguita l’alzata, in realtà, quando andiamo ad abdurre il femore per posizionarci con il sumo, ci spostiamo anche su un altro piano, quello frontale, destra e sinistra.

Quando apriamo la mente al fatto che le dimensioni in cui ci muoviamo sono multiple e non più una sola, quindi non solo quella fronte e retro, ma anche quella destra e sinistra, diventa più chiaro che la larghezza della stance, non è più così determinante come poteva essere nella vista esclusivamente saggitale, fronte e retro.

CONCLUSIONI

Dopo quanto appena letto possiamo dedurre in primis che sumo e regular differiscono nel lavoro a livello muscolare in quanto il primo coinvolge maggiormente i quadricipiti ed il secondo il dorso.
In secondo luogo che la scelta dello stacco, una volta valutata la conformazione del bacino, dipende prettamente da quale regala il miglior feeling e di conseguenza, per decidere quale utilizzare, la cosa migliore da fare sarà lavorare, con entrambi utilizzando carichi submassimali, in modo tale da avere la risposta che cerchiamo.

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FORZA E BODYBUILDING, come e perchè allenarla

“Forza”, è un termine molto comune e bene o male sulla bocca di tutti, assumendo però differenti connotazioni in base all’ambito in cui viene trattata, basti pensare alla fisica che definisce la FORZA come massa x accelerazione.

La reale definizione di forza in ambito sportivo però è la seguente:

“La FORZA è una capacità condizionale, ovvero una capacità che necessita di essere condizionata (allenata) con continuità per far sì che si migliori o si mantenga nel tempo.
Le capacità condizionali, dipendono principalmente dalle qualità dell’apparato locomotore e dai processi fisiologici di produzione dell’energia. “

Così direi che abbiamo un quadro sicuramente ben più chiaro di cosa sia la forza in ambito sportivo, perché aimè sì, purtroppo col termine forza non si intende semplicemente spostare più kg dato che può assumere differenti connotazioni.
Infatti abbiamo più tipologie di forza in campo sportivo:

Forza massimale: Questa sta indicare il massimo carico mosso per una ripetizione, indipendentemente dal tempo impiegato.

Forza esplosiva: Questa si riferisce al massimo carico mosso nel minor lasso di tempo possibile.

Forza resistente: Questa indica il massimo tempo in cui un muscolo riesce a rimanere contratto e quindi il numero massimo di ripetizioni eseguibili per il muscolo target.

Infatti, visto che cambia la differenza in termini di prestazione, cambia anche la tipologia di allenamento per questi tre tipi di forza, oltre le discipline in cui vengono ricercate.
Infatti nel bodybuilding sicuramente le prime due tipologie di forza, soprattutto quella esplosiva, avranno un ruolo marginale, basti pensare ai range di ripetizioni ed i TUT mediamente utilizzati nelle sedute di allenamento.

Le prime due tipologie di forza sono più ricollegabili ad altre discipline, come ad esempio:

-Atletica: in cui un aumento della forza permette di avere maggiori prestazioni.

-Pesistica olimpica: in cui abbiamo la massima espressione di forza esplosiva, perché si, sempre di allenamento con i sovraccarichi si parla, ma pensiamo alla rapidità che questi atleti devono dimostrare quando vanno ad “infilarsi” sotto 200kg nello strappo.

-Powerlifting: in cui si ricerca prettamente la forza massimale, in quanto lo scopo della disciplina è aumentare i proprio carichi nelle tre grandi alzate, stacco, squat e panca.

ALLENARE LA FORZA

Tornando a parlare di bodybuilding l’allenamento della forza inteso sia come forza resistente, che massimale, è parte integrante di questa disciplina nonostante il fine ultimo sia un altro, l’ipertrofia.

Questo perché allenare la forza, non solo riduce il rischio infortuni e migliora la padronanza del pattern motorio, ma permette di manovrare carichi sicuramente più elevati, i quali porteranno ad una maggior tensione, che si tradurrà in maggiore stress generato dalle strutture coinvolte e di conseguenza maggiori guadagni ipertrofici.

Come già detto però, la forza non è il fine ma un mezzo per avvicinarci più rapidamente al nostro obiettivo e quindi sarà inutile cercare di lavorare con un 1RM, oltre ad un maggior rischio infortuni.
È ben risaputo che il range di ripetizioni più proficuo per l’ipertrofia è ben lontano dal numero “1”.
Sarà sicuramente più utile cercare di progredire coi carichi nei range di ripetizioni appunto, più proficui per l’ipertrofia.

Il tipo di allenamento da eseguire però non è mai uguale, nonostante lo scopo sia quello comune a chiunque pratichi questa disciplina, in quanto, come per ogni singolo aspetto in questo ambito, la soggettività fa da padrone.

Dipende in primis dalla livello del soggetto e poi dalla fase della programmazione in cui ci si trova, ad esempio su un soggetto avanzato in pre gara sicuramente non andremo a lavorare a basse reps con multiarticolari ricercando una progressione sui carichi, sarebbe bello se fosse possibile, ma ad un mese dalle gare, è già tanto aver mantenuto i carichi invariati, sperare di aumentarli è una chimera, a meno che il soggetto in questione non sia “grasso” per una gara, in quel caso sicuramente non ci saranno problemi.

Andiamo per gradi e proviamo ad analizzare le differenti fasi in cui ci si può trovare, vi dirò come io sono solito agire.

PRINCIPIANTI

Quando si tratta di principianti, bene o male la progressione è molto semplice da mettere in atto, soprattutto con chi è proprio all’inizio, in quel caso, anche senza impostare nulla, se ha un po’ di carattere e “spinge”, si verificherà un rapidissimo aumento nei carichi.
Quando invece si tratta di utenti, sempre considerabili principianti, ma sicuramente più navigati, iniziare ad utilizzare un semplice piramidale ponendo il vincolo di portare a cedimento solo l’ultima serie, cercando di superare col carico della volta precedente di almeno una ripetizione quelle target, per poi ripartire dalle stesse con un leggero aumento di carico, sortirà senza problemi l’effetto sperato, oppure anche un semplice ramping potrebbe portare al medesimo risultato.

Ovviamente non sono gli unici tipi di lavori presente, volendo si possono impostare anche delle progressioni come queste ad esempio:

Scegliamo di eseguire 6 serie da 3 ripetizioni utilizzando le seguenti percentuali calcolate sull’ 1 RM

settimana          1             2             3                4               5             6

panca piana     85%   –   70%   –   87.5%   –   72.5%   –   90%   –   75%

rematore          70%   –   85%   –   72.5%   –   87.5%   –   75%   –   90%

In questo caso avrò giorni di carico e giorni di scarico, questo per permettere un aumento graduale nel tempo, in quanto, i giorni di lavoro in buffer saranno un’ottima occasione per migliorare la tecnica e si dovrà appunto cercare di essere manicali in questo caso, proprio perché andando a migliorare la tecnica ci sarà anche un netto miglioramento dei carichi.
È importante ricordare che la forza è un’abilità e come tale va allenata.

Questi sono solo alcuni esempi per darvi un’idea della tipologia di lavori che si possono svolgere coi principianti per ricercare degli aumenti di carico.

INTERMEDI E AVANZATI

In caso di intermedi o avanzati, sono solito invece far utilizzare progressioni, sì piuttosto semplici da impostare, ma ben più complesse da gestire per chi le va ad eseguire, in quanto sfruttano gli RPE, ovvero una scala da 1 a 10 per l’autoregolazione basata sull’intensità percepita.
Il motivo per cui sono solito evitare di proporle anche ai principianti, è semplicemente perché autoregolarsi in maniera corretta è veramente complesso, capita spesso infatti di imbattersi in soggetti che convinti di aver protratto una serie fino al cedimento, in realtà hanno ancora una o più ripetizioni “in canna”, oppure l’opposto, ovvero soggetti che non riescono a fermarsi prima di arrivare ad un rpe10, nonostante magari sul protocollo fosse riportato un rpe 8 o 9.

Quando si tratta invece di intermedi o avanzati, questo problema difficilmente si presenta ed anzi, l’autoregolazione è sicuramente il modo migliore con cui lavorare, in quanto non sempre si è “in forma” e pieni di energie, così facendo, con l’ausilio degli RPE, risulta nettamente più semplice regolarsi in base al proprio stato fisico, piuttosto che lavorare con carichi già preimpostati.

Un esempio di progressione potrebbe essere il seguente:

Panca piana 5×5 primi tre set rpe8, quarto set rpe9, ultimo set rpe10 lavorando con un 7-8 RM

Cerca di aumentare di una a due ripetizioni a settimana a parità di carico ed una volta che superi le 5 ripetizioni nell’ultimo set, aumenta il carico del 2/4% e riparti.

Questo è un esempio di una progressione tanto semplice quanto funzionale, ovvio non si potrà progredire all’infinito, ma sicuramente si riuscirà ad aumentare il carico spostato inizialmente, perché funzionino è però fondamentale rispettare gli rpe, pena, cuocersi prima del dovuto.

Ovviamente qui vedete solo un esempio, nei programmi sono solito utilizzare più progressioni basate su range di ripetizioni differenti, alternandole durante la settimana.

CONCLUSIONE

La forza è un’abilità e come tale va allenata, in quanto padroneggiare carichi maggiori a parità di TUT permetterà di generare maggior tensione meccanica che si tradurrà in maggiori guadagni ipertrofici.
È però importante ricordarsi che pratichiamo bodybuilding e di conseguenza la forza deve rimanere un mezzo e non diventare il fine ultimo.

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POST GARA, COME COMPORTARSI PER VIVERLO AL MEGLIO.

La fase del post gara è quel momento in cui cala il sipario, la stagione agonistica termina ed in un attimo, finito di contemplare quegli magici momenti passati sul palco ed essersi goduti un paio di giorni di relax, la nostra testa di colpo si ferma per iniziare a pensare, “ora cosa faccio?”.

Andiamo, non fate gli eroi con una volontà di ferro che subito tornano a regime senza mettere un piede fuori dai binari e dite la verità, il senso di dubbio e inquietudine assale bene o male chiunque e soprattutto chi si trova alle prime esperienze.
Quel dubbio che ti frulla in testa su come comportarti, cosa e quanto mangiare, se allenarti o riposare…

Bravo, vedo che ti stai facendo un esame di coscienza ed è capitato anche a te di sentirti “perso”, ma è tutto normale, bene o male ci si può ritrovare in uno dei seguenti scenari:

-C’è chi terminata la gara comincia a fagocitare qualsivoglia cosa di commestibile sulla faccia della terra senza un freno.

-C’è chi si prende qualche giorno di relax per poi tornare al solito regime alimentare che sente come suo.

-C’è chi spaventato dalla mancanza di regole riprende a mangiare esattamente come prima della gara pensando così di essere nella sua zona sicura.

-C’è chi finisce nel brutto circolo vizioso del “dieta-abbuffata-domani mi rimetto”, vivendo male perché inizia a sentirsi sbagliato ed in difetto.

Logicamente ad un esterno che non ha mai vissuto questo tipo di esperienze verrebbe da pensare che basterebbe godersi qualche giorno di stacco per poi tornare in carreggiata, per carità, anche il buon senso dice ciò, però non tutti riescono a comportarsi in questo modo e ci si ritrova, in un momento in cui a livello psicologico si tende ad essere molto fragili.

Facciamo un passo indietro per capire meglio, fino a tornare alla fase pre contest…
Nei mesi che precedono le competizioni si vive seguendo schemi molto rigidi e si cerca a nostra volta di essere il più rigidi possibile nella speranza di salire sul palco ed essere il/la migliore.
Allenamenti in cui ci si estrania nel proprio mondo che diventano via via più pesanti col passare del tempo, ma che si cerca comunque di svolgere al massimo delle proprie possibilità, mentre ci si sente dilaniati dalla stanchezza, fisica e mentale, la dieta in cui ci si va a privare di moltissimi alimenti riducendo le fonti ad un numero conteggiabile sulle dita di una mano.

Ecco, pensate a questo e capirete come mai ci si possa sentire così in un post gara, io stesso che in pre gara assumevo letteralmente solo 5 alimenti e avevo addirittura tolto l’avena perché i grassi derivanti da essa non sono ottimali in preparazione, finita questa stagione di gare e nella piena consapevolezza che non sarebbe stata ciò a farmi peggiore fisicamente, avevo quasi “paura” a reintrodurla.

Io cerco sempre di facilitare il compito ai miei ragazzi e di riportarli a vivere serenamente il proprio percorso rimettendosi pian piano, perché sì, purtroppo ci si ritrova talvolta a raccogliere dei ragazzi a pezzi.
Un preparatore in questi casi infatti, come io sono solito fare, dovrebbe aiutarli a tornare in carreggiata passa per passo, indirizzandoli sulla giusta via, il giusto equilibrio col cibo facendogli capire che non sono in difetto come pensano di essere, che è normale sentirsi così dopo una gara, che è normale aver voglia di qualcosa di diverso, che è normale non riuscire ad essere subito dei soldati a livello alimentare, che è normale aver voglia di staccare qualche giorno dagli allenamenti.

Il mio intervento, in linea di massima consiste nel consigliare di staccare la spina per alcuni giorni, anche una settimana se necessario ed in alcuni casi addirittura di più (ciò è condizione dipendente, più è stata estremizzata e più riposo servirà) ed in questi giorni riposo assoluto, niente dieta, conteggio dei macros e allenamento.
Lo scopo è quello di resettare totalmente l’atleta e riportarlo ad un nuovo punto di partenza in una condizione fisica e mentale tale per cui possa davvero riprendere a fare ciò che tanto ama, perché tutto quel che ho detto sopra è normale, umano…

L’atleta, una volta ricaricate le batterie tornerà a vivere il bodybuilding che tanto ama, però chiunque, me compreso, come già detto sopra, risentirà ancora delle restrizioni alimentari avute fino ad ora, o della necessità di fare tot sedute di cardio a settimana, arrivati a questo punto il mio scopo e quello che dovete fare voi, è cercare di autoimporsi di uscire da questi schemi, non stiamo più preparando una gara, è quindi finita la guerra, non sarà qualche seduta di cardio in meno a farvi peggiorare, come non lo sarà qualche alimento considerato meno ideale per la dieta a portare a questo.

Questo è ciò che ho fatto con Edoardo Stramazzo, un atleta che preparo, nonché amico, che ha gareggiato come classic physique in nbfi, dopo la gara voleva tornare subito a dieta, cadendo nel classico circolo vizioso dieta-sgarro-ripeto.
Mi sono posto nei suoi confronti consigliandogli di ascoltarsi e non farsi problemi se avesse voglia di mangiare di più e di ritornare a regime in modo graduale partendo subito da calorie decisamente più alte ed evitando reverse diet, che possono solo facilitare l’instaurarsi di questi circoli viziosi, in quanto la reverse è semplicemente un reiterare più a lungo la condizione di ipocalorica.

PER QUANTO RIGUARDA L’ALLENAMENTO INVECE?

La gestione dell’allenamento nel post gara è sempre condizione dipendente, come detto prima, più è stata estremizzata, più riposo servirà e più dovranno essere blande le sedute in sala pesi una volta ripresi.

Fatta questa premessa e facendo finta di aver fatto riposare il ragazzo abbastanza, sono solito impostare delle split con volume e frequenza relativamente basse, utilizzando sedute piuttosto semplici, sviluppate prettamente con serie con TUT FLUIDI e range di ripetizioni medie, solitamente oscillo tra le 8 e le 15 con esercizi poco impattanti sul sistema nervoso centrale in questa fase.
Questo, appunto per permettere di riassaggiare pian piano la ghisa, evitando di creare troppo impatto a livello del SNC, di riprendere i carichi, riabituarsi agli schemi motori che in futuro utilizzeremo maggiormente e soprattutto riportare dentro di loro quella voglia di sbranare i pesi in palestra.

In questa fase infatti, il fine primario non deve essere la performance o la condizione, bensì riportare l’atleta in uno stato ideale per poter rendere proficui gli allenamenti futuri, detto proprio in modo ironico, stiamo facendo riabilitazione.

CONCLUSIONI

Il post gara è un momento delicato, in cui talvolta lo sconforto può assalirci, bisogna cercare di esorcizzare queste paure, accettare e accogliere i bisogni del nostro organismo e capire che è tutto normale, una fase transitoria che però è obbligatoria per poi ritornare a prepararsi in vista delle competizioni future.
Per di più, cerchiamo di non vedere solo il lato negativo quando ci troviamo in questa situazione, ma bensì, coglierla al volo per goderci qualche sfizio culinario e gli affetti dei nostri cari, anche perché questa possibilità l’avremo nuovamente solo dopo la prossima gara.

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COME RENDERE EFFIACE UN ALLENAMENTO

La gestione dell’allenamento per un culturista è molto più delicata e complessa di quanto appaia, questo per le molteplici possibilità che vi si parano di fronte durante la stesura di un programma, dal semplice periodizzare a programma gli stimoli come intensità, volume e densità, alla scelta degli esercizi in funzione delle caratteristiche strutturali, carenze e della fase in cui ci si trova.
Quindi andrà studiato e tenuto tutto sotto controllo, cercando di essere il più meticolosi possibile.

COME DARE UNO STIMOLO ADEGUATO

Talvolta, quando si redige un programma, si tende ad allontanarsi troppo da quello che è il fine ultimo dell’atleta.
Bisogna sempre ricordarsi che nel bodybuilding il fine è l’estetica, quindi il miglioramento della composizione corporea (rapporto massa magra/massa grassa), per cui l’allenamento andrà tarato basandosi su questo
Talvolta, soprattutto da quando ne è stata dimostrata l’efficacia, la componente di lavoro con stimolo meccanico/neurale, tende a diventare preponderante, che per carità, il miglioramento della performance porta a generare ipertrofia, ma siamo culturisti e sicuramente l’allenamento più efficace nel nostro caso non è una seduta basata su doppie e triple con soli multiarticolari.
Noi dobbiamo ricercare una specificità nello stimolo e ciò consiste in quelle caratteristiche biomeccaniche e/o metaboliche che lo stimolo deve avere per portare al risultato desiderato.
La specificità dello stimolo nel bodybuilding è tutto ed è proprio per questo che ho riportato quanto scritto sopra, dato che, per quanto un lavoro possa essere ottimo a livello ludico, talvolta si discosta molto da ciò che serve per raggiungere il fine desiderato.
Quindi è necessario focalizzare i fattori che portano all’ipertrofia e lavorare su quelli per raggiungere gli obiettivi prefissati.

FATTORI CHE GENERANO IPERTROFIA

Da quanto scritto sopra risulta chiaro che è fondamentale comprendere quali siano i fattori che generano ipertrofia e capire come funzionino per poterli sfruttare per il proprio fine:

-Progressione che comprende a sua volta: Intensità, volume, densità.

-Stress metabolico.

-Periodizzazione.

Progressione

Nel bodybuilding è ormai nota l’importanza di uno stimolo progressivo, dato che questo permette al corpo di ricercare un adattamento, in questo caso con l’allenamento con sovraccarichi, che vada poi a generare ipertrofia una volta che questo avviene.
Tutto ciò grazie alla famosa general adaptation syndrome detta anche GAS, ciò ci spiega come il corpo si adatti agli stimoli esterni.
La GAS ci fa capire come, sempre rimanendo in ambito bodybuilding, il nostro corpo riesca a genare ipertrofia grazie a degli adattamenti che metti in atto dopo aver subito uno stress.

Questa, si compone di 3 fasi:

-Allarme: il nostro organismo capta lo stimolo e cerca di farvi fronte nel migliore dei modi.

-Adattamento: se lo stress non è troppo forte il nostro organismo si adatta allo stimolo che ha ricevuto.

-Esaurimento: una volta superata la fase di stress il nostro organismo riposa per recuperare tutte le energie ed è proprio qui che grazie all’allenamento con sovraccarichi viene generata ipertrofia.

Proprio per questo motivo ho racchiuso nel sottoinsieme della progressione: intensità, volume e densità.
Questi sono i tre parametri che nel tempo e non per forza simultaneamente, devono avere una progressione.

Intensità: si intende il carico sollevato

Volume: si intende il numero di serie e ripetizioni

Densità: si intende la mole di lavoro in un lasso di tempo X, se ad esempio in X minuti vado ad eseguire 100 ripetizioni, tramite l’ausilio di tecniche di intensità come stripping, superset, jump set, posso aumentare la densità di lavoro, quindi aver maggior volume di lavoro in un lasso di tempo minore o uguale, ad esempio inserendo un jump set in quel X minuti arriverei magari a fare 140 reps.

Stress metabolico

Per stress metabolico si intende l’accumulo di fosfati, ioni idrogeno, acido lattico e metaboliti che si verifica durante l’esercizio fisico intenso.
Quindi serie con TUT più o meno lunghi e recuperi brevi o incompleti, tutte quelle serie piuttosto ostiche e dolorose.

Periodizzazione

Per periodizzazione si intende l’alternarsi di stimoli nuovi e differenti, ciò ricorda molto il meccanismo di progressione, stimolo nuovo che grazie alla GAS porta ipertrofia.
Attenzione però, dare un nuovo stimolo non significare per forza cambiare esercizio, anche un semplice cambio di TUT fornisce uno stimolo differente.
È importante che vi siano stimoli differenti ed inseriti con grano salis nell’arco della preparazione, altrimenti, in assenza di questi, si arriverebbe presto ad una fase di stallo.

STIMOLO COMPLETO

Quindi è fondamentale che venga dato uno stimolo differente nel tempo ma pur sempre completo.
Quando andiamo a redigere un protocollo, per quanto un 4×8 possa essere più che valido se ben eseguito, risulta facile capire, soprattutto dopo quanto scritto sopra, che non è sufficiente.
è necessario siano presenti range di ripetizioni differenti, in modo tale da dare uno stimolo a 360 gradi, la metodologia hatfield è un esempio perfetto per questo paragrafo (leggi l’articolo sul blog cliccando qui)….

Il suo autore fu uno dei primi ad applicare una base scientifica al bodybuilding, andando a proporre qualcosa di differente dalle classiche teorie senza fondamenta solide.
Proponeva di utilizzare range di ripetizioni differenti per poter stimolare l’ipertrofia miofibrillare, quella sarcoplasmatica e poi concludere con lavori di capillarizzazione e infatti…
Consigliava di utilizzare tre esercizi a gruppo muscolare, il primo in un range di ripetizioni basso, tra le 3 e le 6, apposta per stimolare la miofibrilla, il secondo tra le 10 e le 15, proprio per il sarcoplasma ed il terzo tra le 20 e le 30 per il lavoro di capillarizzazione.
Effettivamente, così facendo si arriva ad avere uno stimolo completo che generi una crescita sicuramente maggiore di quanto potrebbe fare qualsiasi approccio lasciato al caso.

FORZA ED IPERTROFIA

Dopo quanto appena letto risulterà logico mantenere una componente di forza nella propria programmazione.
La tensione meccanica permette di generare ipertrofia, ma non bisogna scordarsi che il bodybuilding non ha come fine ultimo il sollevamento pesi, quindi sì, serve, ma non deve diventare il focus primario, o meglio, non per un atleta avanzato.
Se si tratta di neofiti in realtà, lavorare sulla forza utilizzando pochi schemi motori è la scelta migliore, lavori di fino con esercizi monoarticolari lasciano un po’ il tempo che trovano in questo caso vista la mancanza di una forza che permetta di spostare carichi perlomeno decenti e la quasi sicuro mancanza di intensità espressa.
Mentre per un intermedio/avanzato, sarà sì una componente da non tralasciare, ma dovranno avere molta più importanza esercizi mono o bi articolari.

OTTIMIZZARE IL PROGRAMMA

Ora che abbiamo le fondamenta per redigere un programma efficace mancano le decorazioni, così da ottimizzare tutto, andrà cucito il protocollo per filo e per segno sul soggetto.
Bisognerà:

-tener conto della conformazione fisica per selezionare la tipologia di esercizi più adatta ed efficace per lui

-considerare il lato ludico non relegandolo a fare solo ciò che serve, ma se possibile assecondare qualche suo desiderio, dato che, un allenamento divertente sarà sicuramente un allenamento più proficuo rispetto ad uno che ci fa venire il vomito

-la scelta di un range di ripetizioni ideale.
Ricordiamoci sempre che siamo culturisti ed il nostro fine è quello di ricercare la miglior composizione corporea possibile, quindi non dobbiamo andare a lavorare solo o principalmente con singole, doppie, triple, ecc come non dobbiamo nemmeno fare maratone in sala pesi.

PERIODIZZARE LE FASE

L’ultimo paragrafo è anche la chiave di volta, ovvero, periodizzare e alternare in maniera logica e studiata le varie fasi della programmazione.
Ovviamente ciò deve avvenire quando lo stimolo non fornisce più risultato.
Anche il momento della preparazione in cui ci si trova influisce, sicuramente in un contesto di ipocalorica si andranno a tralasciare o comunque ridurre multiarticolari in favore di macchinari, o sostituiti in parte da mono o bi articolari con range reps più elevati
Questo per evitare di incorrere in infortuni e rendere sicuramente più produttiva la seduta, mentre in una fase di bulk sarà l’opposto.

CONCLUSIONI

Ora abbiamo le chiavi per poter programmare al meglio e sapere come muoverci per porri le basi per una solida programmazione, ricordandosi che è il fattore soggettività dell’atleta a fare da padrone in questo.

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