COME GENERARE IPERTROFIA MUSCOLARE

Dilemma attorno al quale ruota il mondo del culturismo, come sviluppare sempre più ipertrofia muscolare, che, per quanto ormai si conosca ampiamente la fisiologia umana, lascia ancora molti punti di domanda e quesiti irrisolti, per non parlare delle molteplici novità che vengono fuori giorno dopo giorno.

Per rendere possibile questo è necessario continuare a generare stimoli che inducano un adattamento, vedasi teoria della GAS (sindrome generale da adattamento).

OMEOSTASI E ADATTAMENTO CELLULARE

Il nostro organismo vive perennemente in uno stato di omeostasi, una sorta di equilibrio tra tutti i valori biologici e quando qualcuno di questi si altera mette in moto una serie di meccanismi compensatori per ritornare alla sua tanto amata omeostasi.

Come ad esempio quando mangiamo dei carboidrati e si ha un picco glicemico, il nostro organismo rilascia insulina nel circolo ematico, così che possa abbassarsi la glicemica (ecco perché i diabetici se assumono glucidi o elevate quote di protidi possono avere problemi se non somministrano una quantità di insulina esogena adeguata).

Questo avviene più e più volte durante la giornata ed è chiamato Stress Cellulare, ma solo in caso lo stress sia veramente elevato possiamo andare incontro ad un adattamento cellulare.

Ma cosa si intende per adattamento cellulare?

L’adattamento cellulare è la modificazione morfologica e fisiologica delle cellule in risposta alla nuova funzione e si tratta principalmente dell’ipertrofia.

Quando il nostro organismo va incontro ad uno stress o ad uno stimolo a cui non è in grado di adattarsi vi sono due possibilità, in caso sia lieve e transitorio si verifica un danno cellulare denominato reversibile, che come si evince dal nome è appunto possibile riportare allo stato iniziale, in caso contrario viene chiamato irreversibile e si verifica necrosi o apoptosi della cellula.

Infatti noi, quando ci alleniamo, andiamo a rompere, o perlomeno cerchiamo di farlo, l’equilibrio cellulare.

QUINDI QUALI STIMOLI PORTANO ALL’IPERTROFIA

Come già ampiamente scritto sopra, per generare ipertrofia è necessario creare uno stimoli che obblighi le cellule ad adattarsi e sono tre i fattori che permettono di generare ipertrofia:

-Stimolo meccanico

-Danno Muscolare

-Stimolo metabolico

STIMOLO MECCANICO

Partiamo dal primo fattore, nonché uno dei più rilevanti, ovvero lo stimolo meccanico, detto anche, tensione meccanica.
Questo si riferisce al carico utilizzo per allenarsi e sembra essere la chiave principale per l’ipertrofia, mi raccomando però, non confondiamo powerlifting con bodybuilding, nel primo caso, essendo il fine prettamente prestativo, il carico interno non sarà vicino a quello esterno, in quanto lo scopo non è sviluppare ipertrofia, ma spostare più kg possibili.

Questa puntualizzazione è importante perché, più kg solleverete e più ipertrofia genererete, ma è fondamentale che vi sia padronanza e percezione del carico, perché un conto è eseguire una panca piana spostando X kg anche con lo sfintere, un conto isolando il più possibile il petto.

Un carico importante permetterà quindi di generare sintesi proteica ed una progressione nel tempo permetterà di fornire nuovi stimoli che genereranno adattamenti portando ad altra ipertrofia.

DANNO MUSCOLARE

Il danno muscolare attiva la risposta immunitaria e si ha quando durante gli esercizi si formano piccole lesioni ai sarcomeri, le componenti cellulari del muscolo, questa è una lesione reversibile ed è ciò che porta ad avere i tanto conosciuti DOMS.
Molto curioso il fatto che ciò avvenga principalmente durante le fasi eccentriche.

L’attivazione della risposta immunitaria sopracitata da parte del danno muscolare, è dovuta al fatto che questo viene riconosciuto come un vero e proprio virus dal sistema immunitario e per il medesimo motivo mette in moto una difesa immunitaria aspecifica per eliminare gli elementi danneggiati, stimolando poi l’attivazione di cellule satelliti che aiutano nella riparazione del tessuto danneggiato per evitare la morte delle cellule.

Inoltre è stato scoperto che ciò porta all’incremento di ormoni anabolici circolanti e ad un incremento di acqua all’interno della cellula che porta ad un conseguente aumento della sintesi proteica.

Proprio per questo, anche se per ignoranza talvolta, sono tanto ricercati i DOMS.

STRESS METABOLICO

Lo stress metabolico invece concerne i metaboliti circolanti all’interno del nostro organismo generati dall’allenamento, più precisamente da contrazioni continue che vanno dai 15 ai 120 secondi.

Ci sono diversi modi con cui questo permette di generare ipertrofia, in primis permette di reclutare meglio le fibre muscolari e questo comporta una maggior attivazione ed un maggior scambio tra actina e miosina, eleva la risposta ormonale e provoca rigonfiamento cellulare.

Questo quindi non porta direttamente ad un aumento ipertrofico, in quanto non aumenta la sintesi proteica, bensì agisce indirettamente permettendolo tramite quanto citato sopra.

Ora che abbiamo un quadro chiaro di come funzioni tutto questo bisogna capire come mixare nel modo più opportuno gli stimoli, così da poter ottenere il massimo grazie ad un lavoro completo.
I parametri allenanti che andranno periodizzati nel macrociclo sono rispettivamente:

-Intensità

-Frequenza

-Recupero

-Volume

INTENSITÀ

Prima di parlare di intensità apriamo una piccola parentesi, perché purtroppo questo fattore talvolta viene frainteso erroneamente pensando ci si riferisca alle classiche tecniche come stripping, rest pause e compagnia bella…

In realtà, quando si parla di intensità si parla di ripetizioni, o meglio si dovrebbe parlare di carico allenante, ma supponendo si stia prendendo in considerazione un rpe10, anche le semplici ripetizioni sono sufficienti per darne un’idea, in quanto vanno a vincolare il carico da utilizzare.

Gli studi indicano che il range ideale di ripetizioni per generare ipertrofia va da 5 a 30 ripetizioni, range su cui concordo, in quanto ci permette di dare il tipo di stimolo che preferiamo in base al numero di ripetizioni che scegliamo di utilizzare.

Se desideriamo avere uno stimolo meccanico, stermo sulle 5/6 ripetizioni, se desideriamo maggior danno muscolare, in quel caso staremo sulle 10, mentre per quanto riguarda uno stimolo metabolico staremo sulle 20.

FREQUENZA

La frequenza di allenamento sta ad indicare il numero di volte a settimana in cui alleniamo un gruppo muscolare, solitamente viene consigliato di allenare ogni muscolo almeno due volte a settimana, in modo tale da non aver troppo volume durante una sessione, così che si possa gestire meglio l’allenamento.

La differenza sostanziale è questa, una miglior gestione dell’allenamento e a mio avviso, anche se dalle evidenze scientifiche non sono emersi benefici tangibili dall’eseguire il medesimo volume spalmato su una o più sedute, personalmente mi trovo in disaccordo, perché in realtà cambia, eccome!

Attivare la sintesi proteica solo una volta a settimana ha una resa totalmente differente da quella che ha nel caso venga stimolata due o più volte a settimana, pensiamoci….

Ci sono circa 48 settimane in un anno, se io alleno il muscolo X una volta a settimana, in un anno avrò attivato la sintesi proteica per quel gruppo muscolare 48 volte, al contrario, se lo alleno due volte, già si va a parlare di 96 volte in un anno, il doppio!

RECUPERO

Per quanto riguarda il recupero viene consigliato dagli studi più recenti di mantenere circa 90/120” di recupero per serie tra le 8 e le 12 ripetizioni, mentre viene consigliato di stare sui 3 minuti per serie a basse ripetizioni.

Su questo sono parzialmente d’accordo perché sì, nella maggior parte dei casi questo schema è corretto ed applicabile senza problemi, ma in caso decidessimo di eseguire un lavoro ad alta densità/volume, come ad esempio dei 6×6 con un minuto di pausa?
Ovviamente il carico non sarebbe il medesimo utilizzabile con 3 minuti di rest ed il lavoro sarebbe totalmente differente, soprattutto considerando che così si avrebbe anche un buon carico rispetto a quelli che solitamente è possibile utilizzare con alto volume/densità.

VOLUME

Arriviamo ora al volume, uno degli argomenti più dibattuti ed in cui ognuno lotta per dire la sua, da chi si erge a paladino del basso volume a chi dell’alto volume e come al solito a me piace stare nel mezzo da bravo ignavo e dire che entrambi sono molto utili, a seconda di come è stata impostata la nostra programmazione sul macrociclo.

È opportuno come sempre cercare di regalare nuovi stimoli al nostro corpo e quindi anche apportare cambi di volume durante la programmazione in favore o sfavore di intensità e densità è fondamentale perché si possa generare ipertrofia.

Detto ciò vediamo come calcolare il volume, i modi sono molteplici, purtroppo mi limiterà a quello più semplice che purtroppo però è anche quello più incompleto, perché si limita a considerare le serie totali nella settimana, nonostante le ripetizioni influiscano anch’esse sul volume ed anche il carico utilizzato ha una rilevanza non indifferente.

Molti preparatori oltre oceano famosi tra cui Helms e Israetel, consigliano di stare intorno alle 20 serie a settimana per gruppo muscolare, però ok, nella maggior parte dei casi può andare bene, ma ricordiamoci che ci sono molti soggetti diversi da quella che è la normale concezione del classico utente in sala pesi e che quindi necessitano anche di più o meno volume in rapporto alla risposta che quel gruppo muscolare ha, nel mio caso ad esempio sto utilizzando sui femorali un volume di 5 serie a settimana di stacchi gambe semitese con tut fluido a reps medie.
Secondo quanto appena detto non sarebbe adeguato, ma io in questo caso per me è sufficiente questo stimolo per quanto irrisorio per ottenere dei miglioramenti.

Oltre questo vanno considerati altri fattori come l’intensità utilizzata, mettiamo caso che per le 20 serie indicate sopra si parli di 20 serie portare a cedimento, se andassi ad eseguirle in buffer invece la quantità di volume necessaria/tollerabile crescerebbe in maniera repentina, oltre questo vanno considerati gli esercizi che decidiamo di utilizzare, perché se prendiamo in considerazione ad esempio uno squat ed una leg extension a parità di volume ed intensità, la leg extension non avrà mai l’impatto dello squat a livello globale.

Oltretutto andrebbero poi considerati anche i muscoli accessori che intervengono, prendiamo come caso lo squat, ok, X serie per i quadricipiti, ma femorali, glutei, erettori spinali e non solo intervengono durante l’alzata, quindi oggettivamente come lo considero il lavoro su di loro?

Per non parlare poi di chi si approccia al programma, la risposta sarà totalmente differente da soggetto a soggetto in rapporto al lavoro svolto, in quanto il feeling col programma sarà differente a seconda di chi si trova a doverlo affrontare.

CONCLUSIONI

Questi sono i fattori che portano a generare ipertrofia, è importante conoscerli per capire come agire nel migliore dei modi per arrivare al risultato desiderato, ora avete qualche mezzo in più per capire come poter operare nel caso doveste redigere un programma di allenamento.

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CONSIGLI PER IL GIORNO DELLA GARA

Il giorno della gara di bodybuilding, è quel giorno che arriva per coronare tutti gli sforzi e la tenacia mostrata fino ad allora.

È un giorno tanto bello quanto delicato, un giorno in cui si decide se il lavoro fatto fino a quel momento è stato sufficiente o meno, un giorno in cui anche una sola virgola fuori posto può portare a stravolgere radicalmente il risultato, da un pasto consumato in un orario sbagliato ad una semplice sbavatura del colore.

Ci sono infatti alcuni fattori veramente importanti da tenere in considerazione il giorno della gara di bodybuilding, soprattutto sapendo quanto possa influire lo stress sulla condizione, quindi è sempre meglio arrivare preparati.

COMPONENTE PSICOLOGICA

Prima di tutto voglio soffermarmi sulla componente psicologica, visto anche quanto detto appena sopra.

Come ben sappiamo questa gioca un ruolo fondamentale nella condizione che andremo a presentare sul palco ed un’uscita per una gara a chi più, a chi meno, crea sempre un po’ di ansia, soprattutto se l’atleta è alla sua prima uscita.

Questo potrebbe vanificare tutti gli sforzi fatti fino a quel momento, quindi è fondamentale riuscire ad organizzare tutto al meglio in modo da far sì che l’atleta non abbia pensieri per la testa ma semplicemente si rilassi fino al momento di salire sul palco.

LUOGO GARA E DURATA DELLA TRASFERTA

In secondo luogo, due fattori molto importanti da valutare sono sicuramente il luogo della gara e la durata della trasferta.

Il luogo della gara, può sembrare stupido ma influisce molto su come si svolgerà tutto, perché in base a questo varierà la possibilità di spostarsi coi mezzi pubblici, le strutture in cui sarà possibile risiedere e se sarà necessario, avere l’auto per spostarsi.

Quanti atleti spesso, non curandosi di festività, orari, o eventi vari rischiano di non salire sul palco?
Purtroppo, anche se così non dovrebbe essere, molti!

Rimane poi l’importanza poi di valutare la durata della trasferta, che sembra a sua volta una cavolata ma in realtà è un punto cardine su cui focalizzarsi.

Io infatti cerco sempre di organizzare le trasferte o dare una mano, così che non ci si ritrovi lontani km con svariate difficoltà a raggiungere la location.

È importante capire se location e alloggio sono ad una distanza percorribile a piedi, o se vi è possibilità di parcheggiare, o ancora fosse necessario spostarsi coi mezzi pubblici.

Fondamentale poi in caso di trasferte lunghe trovare appartamenti con cucina per potersi preparare qualsiasi cosa sia necessaria per raggiungere la miglior condizione in gara, purtroppo i pasti già pronti possono deteriorarsi e finire per essere buttati.

Importante in caso ci si debba allenare il giorno prima, trovare una palestra e pernottare fuori nel caso la gara sia nel tardo pomeriggio/sera, visto che i ritardi nelle competizioni sono moooolto comuni e frequenti.

Soprattutto partire per tempo, anche il giorno prima, a maggior ragione in caso di viaggio in aereo, così da potersi rilassare e riprendere la condizione che talvolta, causa stress come già accennato sopra, viene persa.

CHECK LIST

FATEVI SEMPRE UNA LISTA DELLE COSE DA PORTARE!

Non avete idea di quante volte, anche dopo ripetuti avvisi da parte del preparatore, venga dimenticato qualcosa a casa, a parte la forma, quella si spera non venga scordata.

È sempre bene quindi avere una lista da spuntare per sapere cosa portare con sé:

  1. Costume/i 
  1. Per le donne: SCARPE CON IL TACCO 
  1. Mallo o pro tan/jan tana + fissatori e lucidanti vari 
  1. Per i bodybuilding ricordare il l’HOT STUFF o vascolarizzanti
  1. Cicchettino superalcolico se non si è astemi
  1. Per le donne: BRILLANTINI SPRAY 
  1. Segnare il numero che hanno dato il giorno prima
  1. Un rotolo di carta scottex 
  1. Un asciugamano brutto per le operazioni di colore e riscaldamento
  1. Vitargo/ciclodestrine o zucchero se prescritto precedentemente da me
  1. La vostra solita integrazione pre work, farete un PRE prima del pregara e un PRE prima della gara… nessun post work
  1. Portare uno shaker per il vitargo ed il pre work 
  1. Maglietta del team per riunioni + abbigliamento scuro che puoi sporcare con il colore o il mallo
  1. Elastici o pesi per il pump
  1. Tutti i pasti, acqua e sale della giornata
  1. Un surplus di carboidrati, grassi, acqua e sale

Fidatevi, portate sempre tutto, anche qualcosa in eccesso, vi potrebbe salvare le chiappe, mal che vada ve la riporterete a casa.

STATO DI FORMA LA SERA E LA MATTINA

Un’importante segnale da tenere in considerazione per impostare la ricarica pre gara è la variazione dello stato di forma durante la giornata, ovviamente riferendoci alle settimane pre gara.

Questo perché a seconda di quale sarà il momento in cui l’atleta avrà la miglior condizione, cambierà anche la gestione della ricarica stessa il giorno della gara.

Questo perché se la forma è migliore la mattina, significa che la ricarica tende a far traboccare un po’ l’atleta verso la fine della giornata, viceversa, se risulta meglio la sera l’alteta giova della ricarica durante la giornata per ottenere una forma piena e vascolarizzata.

Quindi, se l’atleta fosse meglio la mattina e gareggiasse pomeriggio/sera, sarà opportuno procedere a piccoli passi, quasi come formichine con la ricarica, così da non farlo traboccare quando dovrà salire sul palco.
Al contrario, se l’atleta dovesse essere meglio la sera e gareggiasse la mattina allora sarà importante utilizzare una ricarica abbondante a costo di farlo traboccare un po’ la sera prima, dato che tanto durante la notte la ricarica rientrerà nuovamente e al massimo si potrà procedere con prudenza il giorno successivo.

Per quanto concerne la ricarica, questo dipende da come viene impostata la peak week, nel caso si arriva da una ricarica molto blanda, si potrà abbondare la sera prima ed anche il giorno stesso se il tempo pre palco lo concede, al contrario, se si arriva da una ricarica piuttosto aggressiva, sarà bene effettuare un piccolo deload gli ultimi due/tre giorni e al massimo aggiustare il tiro in prossimità della competizione, così da non far traboccare l’atleta.

GESTIONE ACQUA E SALE

Sarà importante gestire a dovere i quantitativi di acqua e sale assunti, senza fare grandi magheggi che talvolta possono rivoltarsi contro di noi al momento di salire sul palco e se voleste comunque utilizzarli, assicuratevi almeno di averli provati prima e non sperimentare al momento rischiando brutte sorprese.

ALIMENTAZIONE

Qui possiamo dire moltissimo come pochissimo, sicuramente ciò che mi sento di consigliare è di non variare nulla di ciò che è stato fatto fino al momento X, avendo qualcosa da perdere non ne vale la pena e considerando che fino a quel momento è andato tutto bene perché cambiarlo?

CONCLUSIONI

Questi sono alcuni dei miei piccoli consigli che per quanto alcuni possano risultare semplice e scontati, talvolta non lo sono e andrebbero seguiti come fossero una bibbia, in modo da arrivare totalmente preparati e non avere sorprese il giorno della gara.

Un atleta deve esserlo fino alla fine, il bodybuilding è organizzazione ed anche nella scelta della location e la gestione delle trasferte, la disciplina che ci insegna deve essere presente.

Spero, visto il periodo, che questo articolo possa dare una mano a tutti i ragazzi impegnati nelle competizioni.

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SVILUPPO DEI GRUPPI CARENTI: COME COMPORTARSI

Chiunque pratichi bodybuilding presenta dei ventri muscolari maggiormente sviluppati rispetto ad altri e come ogni atleta definibile tale, ha il desiderio di colmare il gap che in questo modo si palesa.

Ciò è dovuto al fatto che sfortunatamente non abbiamo la stessa predisposizione a generare ipertrofia in egual misura per tutti i muscoli, di conseguenza è necessario adottare delle strategie in modo tale da far sì che anche i muscoli più sfortunati possano crescere a dovere.

COME COMPORTARSI

Prima di tutto è fondamentale ripercorrere passo passo il pregresso agonistico dell’atleta in questione analizzando tutto ciò che è stato fatto fino a quel momento, in modo tale da poter scremare dividendo ciò che ha portato benefici da ciò che non ha sortito alcun effetto, per poi muoversi di conseguenza andando a riproporre/riadattare ciò che ha dato buoni frutti e poi poter sperimentare qualcosa di nuovo.

Una volta fatto ciò le possibilità con cui agire sono molteplici, la storia del bodybuilding è lunga e porta con sé un’inverosimile quantità di differenti possibilità, oltre svariate tecniche ed esercizi che sono delle chicche ma purtroppo talvolta vengono lasciati/e nel dimenticatoio.

I modi in cui si può agire come già detto sono diversi, o provando con l’utilizzo di tecniche di intensità, o provando ad utilizzare alcune strategie quali serie di pre affaticamento ad esempio, ma a prescindere da ciò solo una cosa è sicuro che non debba mai mancare, ovvero il fatto che l’allenamento deve essere totalmente incentrato sul gruppo muscolare da migliorare.

DEALLENARE PER MIGLIORARE

Come appena accennato, è fondamentale che il muscolo da migliorare sia il focus primario di tutto il programma, ciò però non significa che dovremo allenare solo il muscolo X, bensì che la scelta degli esercizi e la ripartizione del volume allenante sarà in funzione sua.

Quindi cosa fare?

Sicuramente in primis sarà opportuno ridurre il volume allenante sui gruppi che hanno la miglior risposta a livello ipertrofico, visto che tanto ciò non implica abbandonarli ma semplicemente allenarli meno ed essendo gruppi che si sviluppano più facilmente basterà poco per riportarli nella miglior condizione.
In caso siano presenti dei gruppi muscolari che hanno una risposta a livello ipertrofico fuori dal comune, della serie che anche facendo poco o nulla si sviluppano con una crescita esponenziale, in quel caso sarà opportuno anche arrivare a deallenarli, visto quanto è forte la loro risposta in termini di crescita, la sintesi proteica che rubano ai gruppi più “sfortunati”, sarà elevata, così facendo già potremo riscontrare infatti una crescita nettamente più marcata.

Il motivo per cui questa, già di per sé senza troppi magheggi risulta una strategia vincente, è dovuto semplicemente al fatto che, volente o nolente non possiamo far crescere tutti i gruppi muscolari allo stesso tempo e se ci provassimo, ciò che è più sviluppato crescerebbe ulteriormente, mentre ciò che è carente rimarrebbe ancora più indietro.

FOCALIZZARSI SUL MUSCOLO TARGET

L’altra parte di questa strategia, che per quanto semplice risulta vincente è focalizzarsi sul gruppo carente con la scelta degli esercizi, sarà ideale per aggiungere lavoro senza aumentare il volume totale della seduta, scegliere degli esercizi multiarticolari che nonostante vengano inseriti per lavorare il gruppo muscolare X, coinvolgano fortemente come accessorio anche quello che a noi interessa migliorare, vi porto un esempio banale con le braccia….

Nel caso decidessi di regalare maggior focus ai bicipiti sicuramente dovrei andare a scegliere esercizi, ove possibile ovviamente, che anche se utilizzati per altri gruppi muscolari li coinvolgano molto, come ad esempio, nel caso del gran dorsale, la scelta di inserire come movimento di tirata verticale, una lat machine presa supina.

Questa a livello di attivazione sul GD non si differenzia dalle altre due prese, ma pone sicuramente maggior enfasi sulla flessione del gomito e di conseguenza l’intervento del bicipite.

Oppure un altro esempio per i tricipiti:

Utilizzare le dip come esercizio per il petto, ed il pull over come esercizio per il dorso in cui il tricipite interviene in maniera importante in isometria per mantenere l’estensione del gomito sono due ottime opzioni per regale molto lavoro extra senza dover diminuire il volume su altri gruppi ad esempio.

SE NEMMENO QUESTO FUNZIONA?

Questa strategia è molto semplice ed efficace, oltre ad essere una di quelle che preferisco adottare non essendo un grandissimo amante di tecniche d’intensità, dato che su soggetti che sanno già esprimere elevata intensità sotto carico risultano piuttosto tassanti e talvolta, di conseguenza, controproducenti.

In alternativa ci sono molteplici strategie tra cui anche le sopracitate tecniche d’intensità:

-Iniziare la seduta col gruppo muscolare da migliorare, in modo tale da poter esprimere maggior intensità essendo ancora freschi.

-Cominciare con un esercizio complementare a quello base

-Cominciare con un esercizio base seguito da quello complementare

-Variare gli stimoli quali TUT, ROM, volume, densità, intensità, ecc

-Progressioni sul volume settimanali

-Richiamare il muscolo con stimoli differenti più volte a settimana

-Per ultimo, ma non per importanza visto che è anche quello solitamente più efficace dopo averle provate tutte, l’inserimento di tecniche di intensità come stripping, super set, rest pause, giant set, ecc

L’utilizzo però delle tecniche di intensità deve essere contestualizzato e dosato, non applicato indiscriminatamente su ogni gruppo muscolare o ogni esercizio.

Quindi sarà opportuno limitarle magari solo ad alcuni esercizi o all’ultima serie e possibilmente evitando, salvo in alcuni casi, di applicarle anche ai gruppi muscolari che non fanno parte della specializzazione.

Adottando questi piccoli accorgimenti sono riuscito dopo tanto a migliorare braccia e deltoidi che sono sempre stati un mio grande cruccio.

Quindi provate e sperimentate fino a trovare ciò che fa per voi, buon allenamento!

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FASE DI SCARICO, COME, QUANDO E PERCHè?

È ormai ben noto con le attuali evidenze scientifiche, che l’ipertrofia è influenzata da tre parametri quali: Intensità, densità e volume.
Quest’ultimo è il più importante ma non l’unico fattore da tenere in considerazione, semplicemente è quello che influenza maggiormente i risultati che si andranno ad ottenere.

Conoscete la supercompensazione?
La supercompensazione è la capacità del corpo di sopperire ad uno stimolo esterno, generando adattamenti che lo portino ad “evolversi” in senso positivo, verso lo stimolo ricevuto.
Sostanzialmente ciò che viene spiegato dalla GAS, sindrome generale da adattamento.
Il corpo riceve uno stimolo, mette in atto dei meccanismi compensatori ed infine si adatta.

Infatti, all’aumentare del volume avremo anche un aumento di performance ed eventualmente anche ipertrofia muscolare.
Il problema però è che non si può aumentare il volume all’infinito (anche per questo ci sono altri due fattori su cui agire), in quanto, una volta superato un certo limite, il corpo non sarà più in grado di adattarsi e cadrà nell’overeaching, o ancora peggio nell’overtraining.
L’overeaching è la fase che si verifica prima dell’overtraining ed è proprio in questo caso che entra in gioco la famosa “fase di scarico”.

A COSA SERVE LA FASE DI SCARICO E COME FUNZIONA?

La fase di scarico permetterà al corpo di recuperare e riequilibrare tutti i meccanismi endocrini di risposta agli stimoli allenanti per poter ripartire a svolgere i propri allenamenti al meglio.

Lo scarico può essere attivo o passivo:

  • scarico attivo: è quello che più viene usato e consiste in una diminuzione di volume e/o intensità e/o frequenza degli stimoli allenanti. La diminuzione non si può quantificare, verrà adattata al soggetto in base al suo stato e alle sue capacità di recupero ma in genere, per comodità, si prende come riferimento il micro ciclo settimanale.
  • Scarico passivo: consiste nella sospensione totale degli stimoli allenanti. Si può attuare più raramente e in genere viene consigliata soprattutto a seguito di infortuni o gravi stati di sovrallenamento.

QUANDO SCARICARE?

Durante la programmazione può capitare e anzi, dovrebbe succedere più volte di entrare nella fase di overeaching (step precedente all’overtraining), mentre è ben difficile andare in overtraining, quindi non iniziate a deallenarvi pensando di fare troppo, nella maggior parte dei casi non vi è nemmeno la capacità di esprimere abbastanza intensità da finire in overeaching anche con frequenza e volume fuori dalla norma.

Teniamo anche in considerazione che prima di entrare in overtraining, nella fase di overeaching, il corpo quasi ci imporrà di fermarci mandandoci diversi segnali tra cui:

  • stallo o diminuzione della performance
  • stanchezza cronica
  • insonnia
  • dolori articolari
  • perdita di appetito
  • bassa autostima e bassa motivazione di allenamento
  • perdita di concentrazione durante le attività giornaliere o durante l’allenamento

In questi casi però continuare a stressare il corpo sarà controproducente, quindi non proseguite imperterriti come dei panzer in guerra ad avanzare prima di far danni seri.

Tutto questo infatti si risolve facilmente inserendo la settimana scarico che bene o male qualsiasi sportivo odia perché ritenuta noiosa, infatti l’idea migliore sarebbe farla coincidere con periodi di vacanza, oppure in periodi in cui vi è molto lavoro, in modo tale da distrarsi dalla riduzione degli gli allenamenti e concentrarsi su altro.

Sarebbe anche opportuno magari sfruttare degli scarichi attivi per lavorare sulla tecnica, o effettuare lavori posturali, o di propriocezione, in modo da rendere comunque proficuo questo breve periodo che però talvolta è obbligato.

Può però capitare, in caso di sovrallenamento, visto il tempo che richiede per recuperare, o in caso di infortuni, che lo scarico possa durare per periodi relativamente lunghi, ma non c’è da preoccuparsi…

Anche qui la scienza viene in nostro soccorso: 14 soggetti sono stati divisi in due gruppi, un gruppo si è allenato senza stop per 24 settimane, l’altro gruppo ha fatto uno stop di 3 settimane ogni 6 di allenamento, sempre per un totale di 24 settimane.

Alla fine dei 6 mesi i risultati in termini ipertrofici risultarono uguali (qui l’articolo https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/23053130/)

Il mio consiglio quindi è di porre attenzione e di pianificare attentamente il periodo di scarico, sapendo che fa parte anche esso della periodizzazione e tanto più il livello di performance è alto, tanto più è indispensabile.

CONCLUSIONI

Lo scarico è una carta da giocare molto utile per poter continuare a progredire se utilizzato con cognizione di causa quando vi è realmente necessità, non deve necessariamente essere svolto con cadenza regolare, bensì quando se ne sente il bisogno.
Sicuramente su utenti novizi ed in parte intermedi lo scarico verrà effettuato di rado, in quanto comunque, la necessità nasce da un richiesta del nostro organismo di recuperare e se chi si allena non è in grado di esprimere un’intensità adeguata, difficilmente arriverà anche solo vicino all’overeaching.
Non va visto come qualcosa di noioso, bensì un modo per poter progredire sempre di più.

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ALLENAMENTO GLUTEI, UOMO E DONNA

Ciao ragazzi, oggi volevo portarvi qualche nozione in più in merito all’allenamento dei glutei, gruppo a mio avviso molto ostico da lavorare quando si ricerca la qualità, ma sicuramente più semplice di quello che sembra da allenare se si ricerca l’ipertrofia.

Nel secondo caso, è un gruppo che spesso fa dannare le signorine, quando in realtà basterebbe un connubio di esercizio ben pensati nella seduta ed un po’ di grinta nell’allenarli da parte di chi è sottoposto alla tortur… emh, all’allenamento, perché talvolta è solo quello il problema.

Pensiamoci, il gluteo, volente o nolente è parte del lower body e da che mondo e mondo, questi gruppi muscolari così grandi, richiedono sicuramente un’alta intensità di carico per sviluppare volume, discorso che cambia quando si ricerca maggior qualità.

Fatta questa premessa però vediamo prima l’anatomia del gluteo.

ANATOMIA GLUTEO

  • Grande gluteo.
    Il grande gluteo può essere considerato un estensore primario e permette la rotazione esterna dell’anca. Origina dalla parte posteriore della cresta iliaca, dalla parte esterna dell’ileo, dalla parte laterale del sacro e del coccige e si inserisce nella diafisi del femore a livello della tuberosità glutea. Inoltre ricopre un ruolo fondamentale di stabilizzatore dell’articolazione sacro-iliaca e regione lombare (grazie alle estese inserzioni sia legamentose che fasciali in quella regione).
  • Medio gluteo.
    È un muscolo a forma di ventaglio che origina dalla parte media dell’ileo e si inserisce nella faccia esterna del grande trocantere. Il medio gluteo è il più grande muscolo abduttore dell’anca ed è proprio per questo che un suo deficit può portare ad una diminuzione dell’abduzione.
  • Piccolo gluteo.
    È un muscolo di forma triangolare che origina dalla porzione anteriore della cresta iliaca e si inserisce sul grande trocantere. Come si può capire dal nome è il più piccoli dei muscoli glutei. Ricopre un ruolo nella stabilizzazione dell’anca durante la fase di appoggio del piede nella camminata e anche nell’abduzione dell’anca (insieme al medio gluteo). 

DIFFERENZA DI ALLENAMENTO TRA UOMO E DONNA

Si sente spesso parlare di allenamento differente per i glutei tra uomo e donna per le diversità anatomiche che presentano, me è effettivamente così?

No, o perlomeno a mio avviso non lo è, parlando dell’allenamento inteso come scelta degli esercizi e range di ripetizioni da usare non differisce, il gluteo quello è e quello rimane.

L’allenamento potrebbe in alcuni casi essere differente, ma questo non per un discorso prettamente anatomico, bensì per altri fattori che intervengono, come la maggior infiammazione che si viene creare nelle donne quando si va ad allenare il lower body.

Mi spiego meglio, quando andiamo a stimolare un dato gruppo muscolare creiamo uno stato infiammatorio, generato come risposta all’allenamento e questo stato di infiammazione è direttamente proporzionale al lavoro svolto per il gruppo interessato.

Nelle donne, questo fattore è più marcato, in quanto di base, presentano una bodyfat nettamente più elevata rispetto agli uomini e solitamente sono ginoidi, ciò significa che presentano un maggior accumulo di adipe nel lower body.

Ecco, in questo caso potrebbe differire l’allenamento, ma se vogliamo glutei voluminosi e qualitativi la strada è una e quella va percorsa, che si tratti di uomo o di donna.

ALLENAMENTO GLUTEI DONNA

Partiamo dall’allenamento al femminile, come già scritto in precedenza, l’allenamento non si discosta da quello maschile, se non di poco per una questione di rischio di infiammazione, però, di base, deve contenere tutte le tipologie di stimoli per ottenere un lavoro completo:

-neurale

-meccanico

-metabolico

Ciò che può variare è la presenza di lavori basati sull’accumulo di volume.

Con lavori basati sull’accumulo di volume intendo la ricerca di un totale settimanale di accosciate che va ad aumentare nel tempo, ad esempio:

Ho il mio bellissimo allenamento basato su tre giorni in full body, inserisco due o tre esercizi per il lower e poi propongo un totale di squat a corpo libero da dividere a proprio piacimento nella seduta, andando ad aumentarlo di settimana in settimana.

Questo risulta molto valido se pensiamo a tutto il lavoro che andiamo a creare riducendo l’infiammazione grazie al continuo ricircolo di sangue tra upper e lower ed al fatto che tutte queste accosciate, non essendo protratte fino al cedimento, riducano a loro volta drasticamente l’infiammazione locale che si andrebbe a creare.

In questo modo, oltre ad evitare forti stati infiammatori, andiamo ad accumulare tantissimo volume extra oltre a quello degli altri esercizi per il lower, se ad esempio partissimo con 200 squat a seduta, aumentati poi a 250, poi a 300 e così via, avremo un volume totale di lavoro di 600, poi 750, poi 900 e così via accosciate a settimana.

Questo tipo di lavoro per le donne ed in alcuni casi, anche per gli uomini, migliora moltissimo la qualità, creando quasi una sorta di dimagrimento localizzato, grazie anche alla miglior compartimentazione dei liquidi che si va a creare.

Porto come esempio gli allenamenti di una delle mie atlete, Eva Rogledi:

La split è suddivisa in un giorno di upper, uno di lower, una full body e due giorni in cui sono interiti i lavori basati sull’accumulo di volume e i richiami dell’upper body, che è la parte più trascurata negli altri giorni, questo perché il tempo a disposizione non era moltissimo ed abbiamo preferito tenere una frequenza più elevata.

Mi sono limitato a postare solo uno dei due giorni di metabolico essendo molto simile ed ho tralasciato l’upper body per non dilungarmi più del dovuto con informazioni non attinenti all’argomento.

Nel giorno di lower body ed in parte nella full body, sono inseriti e spalmati tutti gli stimoli sopra citati ed oltre a questo, coi due giorni in cui effettuiamo i lavori di accumulo, andiamo ad avere uno stimolo completo.

L’allenamento come potete vedere è gluteo centrico, quando, come in questo caso il gluteo è il punto debole, bisogna far sì che anche lavorando gli altri gruppi muscolari, venga sempre e comunque stimolato almeno in parte e infatti quasi tutti gli esercizi scelti coinvolgono i glutei direttamente, o indirettamente.

La medesima tattica adottata con me ora per l’upper body, devo migliorare le braccia, quindi nelle sedute di petto e dorso gli esercizi scelti coinvolgono volutamente più del dovuto le braccia, come le trazioni presa supina che ad esempio utilizzo nel dorso, coinvolgono molto il bicipite rispetto alle altre tirate verticali.

ALLENAMENTO GLUTEI UOMO

Per l’uomo la storia non cambia, con l’unica differenza che il fattore infiammatorio non è dietro l’angolo e come già detto bisogna farsi il culo.

Vi porto come esempio Marco Chiocciola, un atleta che avuto il piacere di preparare come classic la scorsa stagione, da cui ci siamo portati a casa un assoluto alla pittalis muscle media cup ed un terzo posto in ifbb fit italy.

Marcone desiderava arrivare davvero scuoiato e allora abbiamo deciso di salire sul palco con le righe sul culo.

Anche in questo caso sono stati inseriti tutti gli stimoli, però il focus maggiore è sempre rimasto sul femorale che è l’anello debole, essendo carente rispetto alle altre porzioni della coscia.

Questo però non significa che il gluteo non avesse lavoro, anzi, però volevo soffermarmi sul lavoro fatto per migliorare la qualità e tirare fuori quelle chiappe frastagliate dalle righe che pagano tanto sul palco.

Come vedete, a parte il richiamo di spalle, nel giorno di lower sono stati inseriti tutti gli stimoli, abusando dei fermi a fine eccentrica, questo perché regalano una miglior attivazione e come conseguenza un maggior scambio tra actina e miosina.

Oltre questo, ciò che ha pagato realmente per la qualità sono stati i 5 minuti di hip trhust in statica, che credeteci o meno, un lavoro eseguito in statica per 5 minuti, non presentando variazione di tensione come i movimenti dinamici, permette di accumulare l’equivalente di un lavoro pari a 10 serie da 50 ripetizioni di hip trhust.

Le altre armi da non sottovalutare che ci hanno permesso di rigare a dovere i glutei sono stati gli affondi in camminata ad alto volume, che eseguiti dopo la statica di hip thrust regalano maggior coinvolgimento al gluteo rispetto a quanto ne avrebbe avuto senza e poi gli slanci con le kettlebell in hiit che eseguivamo due volte a settimana nei giorni di rest insieme al cardio.

Il risultato, dopo mesi di dieta ed allenamenti è quello che vedete.

ALIMENTAZIONE, CHI CON UN BEL GLUTEO VUOLE APPARIRE, UN PO’ DEVE SOFFRIRE

Ultimo, ma non per importanza, l’alimentazione, sicuramente la parte che riveste un ruolo chiave nell’ottenere glutei degni di nota che sia in termini di volume o qualità, è l’allenamento, ma anche l’alimentazione riveste un ruolo molto importante.

Ci sono molteplici possibilità per scendere di bodyfat, da cut lunghi e meno marcati all’esatto opposto, ci possiamo anche presentare meno tirati di Marco e fare bene comunque, ma in tutti i casi una cosa certa, bisogna un po’ soffrire la fame.

È impossibile, sperare di far bella figura salendo sul palco con uno strato di cotenna non indifferente, com’è altrettanto impossibile sperare di vedere dei dettagli del genere nel medesimo caso.

L’allenamento è la chiave, ma se volete quei glutei dovrete anche chiudere la bocca.

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POCO TEMPO PER ALLENARSI? NESSUN PROBLEMA

Quante volte capita di ritrovarsi oberati dagli impegni e non aver tempo sufficiente da dedicare all’allenamento?
Considerando che le persone che possono permettersi di vivere di questa disciplina non sono molte, è un qualcosa che capita abbastanza di frequente.

Questo però non implica che non ci si possa allenare comunque come si deve anche con meno a tempo a disposizione, tutto è possibile se l’allenamento viene strutturato con cognizione di causa tenendo conto di ciò.
Se pensiamo alle molteplici possibilità che ci si parano di fronte durante una stesura di un protocollo di allenamento, ci possiamo rendere conto che sono così tante che è impossibile non riuscire a costruire qualcosa di adatto a qualsiasi caso.

Piccola premessa però ragazzi, ovviamente un minimo di tempo va comunque dedicato a questa disciplina e se non siete minimamente disposti ad impiegare parte del tempo libero a disposizione, non potete pretendere molto, come si suol dire non è possibile avere sia la botte piena che la moglie ubriaca, per cui, salvo per quei rarissimi casi in cui non vi è realmente il tempo necessario, se non trovate nemmeno 4/5 ore totali a settimana per allenarvi piuttosto fate altro.
Dico ciò non perché io sia severo/nazista, semplicemente perché chiunque ha a disposizione una quantità di tempo così irrisoria se non di più, in caso contrario semplicemente è perché manca la voglia e non il tempo e se vi allenate perché dovete farlo e non perché vi piace farlo lasciate perdere, non otterrete sicuramente ciò che sperate.

Torniamo a noi ora, come già detto, andare a redigere un allenamento efficace con tempistiche considerabili “brevi” non è assolutamente un problema e talvolta può essere fondamentale.
Ovviamente perché se il tempo non c’è non c’è, pochi cazzi, ma in altri casi, quando magari si hanno anche un po’ più ore a disposizione delle 4/5 citate prima, se quelle extra sono poche, sarà controproducente utilizzare degli allenamenti che richiedono molto tempo.

Questo perché, anche se a tempistiche riusciamo ad incastrare al secondo tutti gli impegni con le sedute in sala pesi, come potremo mai allenarci bene se la testa è ovunque fuorchè nel posto in cui deve essere quando ci si allena?
Passare la seduta in sala pesi a pensare a quanto manca alla fine dell’allenamento, al fatto che dopo dovremmo correre nel posto X, che se capita qualche intoppo rischiamo di non terminare l’allenamento mette angoscia.
Se la testa non è libera quando ci si allena, le sedute non potranno mai essere qualitative, perché è la testa che fa sì che un allenamento possa essere produttivo o meno e se non è il focus primario quando siamo in palestra, non possiamo sperare di andare molto lontano.

COME POSSO CONSIDERARE UN ALLENAMENTO VALIDO?

Possiamo avere in mano il programma perfetto, ma se le circostanze non ce lo permettono non possiamo sperare di arrivare a nulla di concreto, anche se fosse il programma con cui potresti vincere il mr.O.

Per avere un allenamento valido prima di tutto è fondamentale il focus in sala pesi, durante l’allenamento devi sapere cosa stai facendo, percepire il lavoro muscolare, essere in grado di “vivere” il programma.

Non bisogna mai passare di serie in serie in modo sterile, bensì visualizzare e focalizzarsi sul programma ancora prima di cominciare.

Un altro fattore molto importante è la concentrazione durante l’allenamento, quando comincia la seduta la testa deve essere sgombera e concentrata solo su quello che devi fare.
Tanto una volta terminata la seduta, ciò che era lì prima lo ritroverete al medesimo posto dopo e poi come credete di poter allenarvi al meglio se nella testa avete tutto fuochè il vostro allenamento?

Ultimo ma non per importanza, TI DEVE PIACERE CIÒ CHE FAI, l’allenamento deve comprendere il lato ludico ed il programma deve essere strutturato in modo che ti prenda e diverta, in caso contrario le opzioni sono due, o il programma non fa per te, o forse devi dedicarti ad altro.
Ricorda quanto detto sopra, “se lo fai perché devi meglio non farlo”, tanto non si conclude nulla.

COME IMPOSTARE UN ALLENAMENTO BREVE ED EFFICACE

Fatta questa piccola introduzione arriviamo ora al punto saliente del discorso, come deve essere un programma di allenamento se breve, per poterlo considerare efficace?

Prima di tutto deve comunque poter dare uno stimolo completo e globale nonostante la minor “mole di lavoro” a cui si va incontro.

Una volta compreso ciò il secondo passo è la gestione del volume, dei TUT nelle serie, dei recuperi e delle tecniche di intensità, questo sempre per poter recuperare altri minuti preziosi.

Questo perché tutti i fattori sopracitati, in base a come vengono utilizzati, possono cambiare totalmente il tempo impiegato per effettuare la stessa mole di lavoro.
Un esempio per rendere l’idea:

Vi porto il caso di Davide Pisati, o Dave The Chemist per chi lo conoscesse da instagram, attualmente visti i vari impegni universitari, la sua dolce metà e la famiglia, il tempo a disposizione non è moltissimo giustamente.

Vi posterò sotto il suo allenamento attuale spingandovelo in base a quanto detto sopra.

Attualmente stiamo utilizzando un P.H.A.T. con qualche sfumatura da Hatfield, POF per citare qualche metodologia, come faceva Bruce Lee, prendiamo il meglio da qualsiasi approccio a rendiamolo nostro.

Piccola premessa, questo programma è stato redatto tenendo in considerazione le problematiche presenti a livello strutturale, per capirci meglio, dolori vari alle articolazioni e oltretutto il programma è tarato totalmente su Davide, quindi liberissimi per chi pensa sia furbo di copiarlo ed eseguirlo (lo avessi ritenuto un problema non lo avrei condiviso), ricordatevi però che molto probabilmente per voi sarebbe più utile qualcosa di totalmente diverso, anche perché come ho scritto sopra che ci sono problematiche, ma non ho scritto precisamente di cosa si tratti eh eh….

Il programma è così diviso:

-Una prima seduta di upper con stimolo meccanico, in cui abbiamo impostato delle progressioni sui multiarticolari ed inserito delle serie canoniche sugli accessori, prediligendo sempre esercizi che ponessero il muscolo ad un allugamento ideale così da poter esprimere il massimo della propria forza e propedeutici agli esercizi su cui abbiamo impostato le progressioni, questo perché appunto il primo giorno è incentrato sui lavori di “forza”.

-La seconda seduta è una seduta di lower sempre improntata sulla ricerca dello stimolo meccanico, molto simile a quella della prima seduta di upper.

-Per concludere, la terza seduta è una seduta full body con TUT più adatti all’ipertrofia, parlo di tut e non di ripetizioni perché è il tempo sotto tensione a condizionare il carico e 10 reps con TUT 1-0-1-0, non permettono di utilizzare il medesimo carico che avremmo su 10 reps con TUT 3-1-1-0.
In questa seduta siamo andati ad utilizzare dei jump set per risparmiare tempo ed abbiamo utilizzato esercizi che andassero a dare enfasi alle porzioni di ROM “meno coinvolte” nelle due sessioni precedenti, cercando di non discostarci troppo dagli schemi motori utilizzati, così che fosse più semplice perfezionare il gesto.
L’ausilio di TUT più lunghi oltre i jump set, permettono di accumulare molto più lavoro in un lasso di tempo minore rispetto ad un numero di serie maggiori.

A tutto ciò, per concludere in bellezza, possiamo aggiungere la scelta degli esercizi, è vero che i primi due giorni abbiamo utilizzato esercizi con schemi motori complessi e range di ripetizioni che richiedono molto tempo prima di essere pronti per le serie, ma con questo approccio è stato quasi obbligato e comunque l’ultimo giorno andiamo a recuperare tranquillamente il volume mancante, riuscendo così a dare un lavoro adeguato.
Però, il terzo giorno, la scelta di ripetizioni, TUT, esercizi ed anche la disposizione è stata impostata in modo tale da non dover perdere troppo tempo nelle serie di avvicinamento al carico allenante.
Anche questa è un’arma da non sottovalutare in questi casi, riuscire a ridurre il tempo necessario a scaldarsi permette di guadagnarne molto che è poi spendile in qualche serie extra.

CONCLUSIONI

In queste poche righe, oltre a darvi qualche informazione/spunto utile su come muoversi quando si ha poco tempo a disposizione, ci tenevo più che altro a sottolineare quanto sia importante la presenza di un allenamento cucito su misura per poter ottenere risultati tangibili.
Fare questo è sicuramente impegnativo come avete visto, per non considerare come già accennato che oltre a ciò in questo caso abbiamo dovuto tener conto delle problematiche articolari di Dave, ma vi assicuro che vi ripagherà a pieno quando vedrete i vostri ragazzi felici nell’allenarsi e soddisfatti dei loro risultati.

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STRETCHING, utilità e luoghi comuni

Il tanto amato, quanto conosciuto e erroneamente, poco utilizzato “stretching”, è ormai parte integrante della routine di qualsiasi sportivo, venendo utilizzato dal semplice riscaldamento, defaticamento, ad una vera e propria cura ai dolori articolari e si divide in Statico e Dinamico.

Prima di proseguire un piccolo appunto in merito alle due tipologie di stretching sopra citato per chi è meno avvezzo:

-Stretching statico: consiste nel mantenere l’allungamento del muscolo target in posizione, come si evince dal nome, statica, per un dato lasso di tempo.

-Stretching dinamico: consiste nel ripetere più volte di seguito movimenti atti ad aumentare gradualmente l’allungamento del muscolo.

STRETCHING E PESISTICA, COME E PERCHÉ?

Lo stretching, per quanto talvolta molto trascurato, se inserito in un contesto come quello del culturista assume tutt’altra connotazione rispetto a quella che è solita avere, in quanto non si tratta più solo di semplice prevenzione o performance, bensì di estetica.

Quando ci alleniamo coi sovraccarichi con lo scopo di plasmare il nostro corpo, abbiamo la necessità di riuscire a reclutare le fibre muscolari che ci interessano nel modo in cui ci interessano e avere la possibilità di sfruttare un ampio ROM in quanto il muscolo X è in grado di sfruttare un buon allungamento risulta molto utile.

SFATIAMO QUALCHE FALSO MITO

-Prima di proseguire però volevo andare a sfatare qualche falso mito in merito allo stretching partendo subito dalla leggenda che eseguire degli esercizi con stretching statico porti a ridurre il dolore.

In realtà non è assolutamente così, in quanto ciò porta solo ad una sensazione di benessere momentaneo data dall’allungamento, questo perché l’allungamento di un muscolo affatico è piuttosto dolorosa e ciò porta ad una sorta di confusione nel SNC che rielabora il dolore precedentemente percepito nullo a confronto di quello provato durante lo stretching.

-Lo stretching non previene gli infortuni in quanto questi avvengono in range articolari medi a velocità superiori e anzi, in alcuni casi un’eccessiva flessibilità può incrementare il rischio di infortuni.
Infatti nel powerlifting non è ricercata un’elevata flessibilità, in quanto andrebbe a ridurre la forza espressa.

-Lo stretching eseguito su un muscolo affaticato non ne migliora il recupero ed anzi, può creare ulteriore danno tissutale dilatando i tempi di recupero, infatti talvolta viene anche utilizzata come tecnica di intensità in allenamento.

-Lo stretching statico pre allenamento non migliora le prestazioni ed anzi, le peggiora in quanto va ad allontanare i ponti tra actina e miosina facendo perdere al muscolo capacità di esprimere forza.

Lo stretching statico quindi a fine riabilitativo o di performance è piuttosto sopravvalutato, perché visto il tempo impiegato non apporta grandi benefici, può però tornare utile in contesti come il bodybuilding come abbiamo visto sopra, se riusciamo a reclutare meglio un gruppo muscolare ci stiamo anche allenando meglio.

COME FUNZIONA LO STRETCHING

Lo stretching statico può portare col passare del tempo a migliorare l’allungamento dei muscoli, questo però non avviene tramite un vero e proprio allungamento strutturale delle fibre muscolari, bensì tramite l’azione che questo ha sui fusi neuromuscolari.

I fusi neuromuscolari sono recettori disposti all’interno del muscolo ed incaricati di proteggerlo da allungamenti eccessivi, infatti nel momento in cui i muscoli vengono allungati anch’essi si stirano inviando dei segnali al nostro SNC, che in caso di eccessivo allungamento lo portano ad accorciarsi.

Lo stretching infatti agisce su queste strutture aumentando la capacità di queste strutture aumentando la sensibilità massima nei range di allungamento.

STRETCHING GLOBALE ED ANALITICO/SELETTIVO

Lo stretching si divide in globale attivo e statico selettivo la cui differenza sostanzialmente sta nel fatto che nel primo viene considerata l’intera catena muscolare, mentre nel secondo no.

Il primo prevede l’allungamento globale delle catene miofasciali con l’aiuto di contrazioni isometriche eccentriche eseguite dal soggetto, mentre il secondo prevede la messa in allungamento del singolo muscolo in maniera graduale fino al raggiungimento del massimo allungamento, la cui posizione verrà poi mantenuta per 30 secondi.
Ciò deve avvenire in maniera graduale come scritto per evitare di incorrere in infortuni da lesioni muscolari e per evitare di innescare il riflesso miotatico da stiramento.

Da preferire in ambito riabilitativo lo stretching globale attivo, in quanto quello statico selettivo può portare a creare compensi ed in più nel caso dello stretching globale vi è la partecipazione attiva del soggetto in questione.

Dobbiamo ricordare che l’allungamento muscolare che otteniamo con gli esercizi di stretching si traduce in un’informazione per il nostro Sistema Nervoso Centrale. Se questa informazione non viene “fissata” in modo attivo, (esplorando il nuovo ROM acquisito con movimenti contro resistenza) dopo poco tempo si andrà a perdere.

Ve lo posso confermare anche parlando per esperienza personale, ho avuto molti più benefici arrivando a raggiungere ottimi gradi di mobilità articolare nel tempo senza dedicare molto tempo allo stretching, semplicemente ricercando il massimo ROM possibile durante l’allenamento in sala pesi, andando di volta in volta a ricercare qualche cm in più.
Così facendo sono quasi riuscito ad eseguire la spaccata.

COSA E QUANDO FARLO?

Nel caso volessimo mantenere una buona flessibilità muscolare dello stretching globale o selettivo possono essere utili, ancor meglio un mix tra i due, per di più possono migliorare la postura (grazie alla legge di Borelli Weber Fick) oltre che la percezione di un dato gruppo muscolare, cosa assolutamente da non sottovalutare in una disciplina in cui l’estetica è tutto.

Mi raccomando però, con ciò non voglio dire sia fondamentale, assolutamente, rimane una pratica utile ma non strettamente necessaria a questa disciplina, sicuramente però risulta molto utile per soggetti ipomobili o sedentari.

Il momento in cui poi risulta più utile eseguirlo è in sedute prettamente mirate a questo, dato che come abbiamo già visto eseguirlo pre o post non va a portare benefici ed anzi, nel primo caso riduce anche le prestazioni.

CONCLUSIONI

Lo stretching come abbiamo visto può essere utile, ma in modo ben diverso da ciò che si crede grazie ai classici luoghi comuni.
Se volete dedicargli del tempo ricordatevi di eseguirlo lontano dalle sedute di allenamento e di utilizzare un buon mix tra lo stretching globale attivo e quello statico selettivo.

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DOPING, COSA COMPORTA E QUALI SONO GLI EFFETTI?

Questo articolo è a pure scopo informativo e non vuole incitare all’uso del doping.

È ormai ben risaputo che il doping faccia parte del bodybuilding e la sua assunzione comporta molteplici fattori sia positivi, che di rischio e può talvolta arrivare ad influenzare anche la propria vita alterando lo stato emotivo di chi ne fa uso…

Ma che cos’è il doping?

Essenzialmente il doping è una pratica che prevede l’assunzione di farmaci, più precisamente ormoni, questo per ottenere quantità nettamente superiore rispetto a quelli già prodotti endogenamente.
Questa pratica, com’è ben noto, serve per ottenere aumenti di prestazioni e massa muscolare in maniera più repentina, oltre ad arrivare ad un livello nettamente più alto di quello che ci sarebbe fisiologicamente permesso.

COME FUNZIONA?

Come già accennato sopra, ciò è possibile grazie alla somministrazione di ormoni, si tratta principalmente di testosterone e derivati, peptidi quali GH, insulina, IGF1 e tutti gli altri “parenti” di queste molecole.
In concomitanza vengono assunti solitamente altri farmaci, come ad esempio quelli volgarmente denominati antiestrogeni, che servono a mantenere un equilibrio con gli ormoni somministrati esogenamente.

Somministrando questi ormoni anabolizzanti, si va ad ottenere un aumento della sezione trasversa del muscolo, in quanto portano a generare maggior ipertrofia, per quanto concerne i fattori di crescita come ad esempio il GH, la storia cambia, si genera sempre un aumento di volume, oltre ad altri effetti che presenta, però non è dovuto all’ipertrofia, bensì, all’iperplasia, ovvero l’aumento del numero di fibre muscolari, questo grazie alla mitosi cellulare che ne consegue alla sua somministrazione.
Se nel primo caso infatti, cessando allenamenti e somministrazione esogena degli ormoni in questione, si andrebbe a verificare una perdita di volume, in quanto il maggior volume è appunto permesso dall’espandersi delle fibre muscolari, nel secondo invece, i guadagni verrebbero mantenuti a pieno, visto che appunto sono tali grazie all’aumento del numero di fibre, che una volta create non possono “sparire”.

QUALI SONO I BENEFICI?

I benefici sono molteplici e variano a seconda delle molecole utilizzate e della sinergia che viene a crearsi tra loro in base a come vengono combinate.
Sicuramente il più noto e comune a tutti è l’aumento di volumi muscolari come già scritto, grazie ad ipertrofia ed iperplasia delle cellule muscolari, dopo di che, appunto a seconda di ciò che si va ad assumere si possono ottenere diversi effetti:

-Un aspetto più denso e roccioso

-Diminuzione della ritenzione idrica

-Aumento della lipolisi

-Recupero più rapido

-Capacità di sopportare volumi, intensità e frequenza elevati in allenamento

-Aumento marcato della libido

-Rapidi aumenti di forza

Questi sono solo alcuni dei principali effetti benefici che si vanno a riscontrare, ma non è tutto oro quel che luccica e spesso c’è un prezzo da pagare.

EFFETTI NEGATIVI

Quando vengono assunti farmaci anabolizzanti, si ottengono sì svariati benefici, ma si va al contempo incontro ad effetti negativi, comunemente denominati “SIDES”.
Questi possono essere molteplici e variano di caso in caso:

-Acne: alcuni soggetti, se predisposti all’acne possono ritrovarsi un campo minato di brufoli, ciò può essere causato dal lato androgeno dei prodotti in questione e talvolta dall’affaticamento epatico.

-Rabbia: di base, somministrando ormoni con una componente androgena, più o meno marcata a seconda delle molecole, si può riscontrare aumento dell’aggressività, quindi state attenti a cosa fate quando il vicino vi guarda male.

-Alopecia: in alcuni soggetti causa la perdita di capelli, per questo si sente spesso parlare di trapianti in merito in questo ambiente.

-Virilizzazione: questo interessa più che altro il gentil sesso, che può ritrovarsi con dei tratti maschili più marcati con l’assunzione di anabolizzanti, come ad esempio abbassamento del tono della voce, maggiore peluria in posti in cui non dovrebbe esserci, viso non ne parliamo poi, aumento del volume del clitoride e via dicendo…

-Epatossicità: tossicità a livello epatico causata da molecole denominate alchilati, principalmente i classici orali che presentano l’aggiunta di un gruppo metilico sulla catena per renderle biodisponibili, altrimenti non potrebbero essere metabolizzate.

-Soppressione dell’asse: con la somministrazione esogena cessa la produzione endogene di testosterone.

-Squilibri a livello lipidico: rapporto tra HDL ed LDL che va ad alterarsi in maniera negativa (colesterolo).

-Aumento della pressione sanguigna.

-Ipertrofia degli organi interni

Questi sono i principali effetti collaterali a cui si va incontro, ovviamente la risposta è influenzata in primis dai dosaggi e tempi di assunzioni, maggiori sono questi, maggiori saranno i sides ed in secondo luogo dal soggetto…
La risposta è prettamente soggettiva, infatti non è comune trovare utenti che facendo uso non hanno mai riscontrato nessuno di questi problemi ed altri che anche solo con dosaggi oggettivamente bassi si ritrovano prossimi alla tomba.

QUANDO TERMINO UN CICLO COSA SUCCEDE?

Al termine di un ciclo si può incorrere in fenomeni depressivi, questo perché nonostante gli anabolizzanti non creino dipendenza fisica, possono crearla a livello psicologico.
Questo è dovuto all’euforia che portano durante il periodo di assunzione, nel quale ci si sente come dei “superman”, forti, vigorosi, attivi e motivati, tutte cose che però cessano col termine del ciclo di anabolizzanti.
Oggettivamente chi avrebbe voglia di vedersi “peggio”?
Nessuno, per di più, quando si termina il ciclo ci si ritrova talvolta con l’umore a terra, complice del fatto la soppressione dell’asse, ritrovandosi con una produzione di testosterone endogena irrisoria o addirittura azzerata si incombe in questo down emotivo.
Aggiungiamo a ciò anche il fatto che ci si senta deboli, irritabili e si sia più soggetti ad infortuni ed il gioco è fatto, ci ritroviamo con una persona triste che smania per ricominciare, infatti è proprio questo che talvolta porta agli abusi di anabolizzanti, il fatto di volere sempre di più senza avere pazienza.

Per questo motivo vengono fortemente sconsigliati a soggetti che soffrono di disturbi psicologici legati alla propria condizione fisica, spesso correlati ai classici DCA.
A maggior ragione andrebbero evitati in questi casi, un soggetto a disagio col proprio corpo e con un pessimo rapporto dal punto di vista alimentare è una facile preda di questi meccanismi intrinsechi della nostra psiche.
Infatti, quando si tratta di soggetti che presentano problematiche a livello alimentare, si sente spesso parlare di problemi a livello cardiaco e non solo come conseguenza all’uso di anabolizzanti, perché come un’anoressica vuole essere sempre più magra, anche chi soffre di abbuffate/bingeating cercherà invano di dimagrire, finendo entrambi spesso ad abusare dei classici fat burner quali clenbuterolo, efedrina, dnp, tiroidei e via dicendo.
I fat burner sono alcuni dei farmaci più pericolosi per gli effetti collaterali che presentano e si finisce ad abusarne per tamponare la mancata capacità di seguire un regime alimentare, quando in realtà andrebbero utilizzati, sempre se necessario, sporadicamente e con moderazione, anche perché si può andare in gara raggiungendo condizioni degne di nota senza, tutto sta in quanto l’atleta è disposto a fare “sacrifici” a livello alimentare.

COME PROTEGGERSI?

Ridurre a zero gli effetti collaterali è pressoché impossibile, purtroppo i rischi ci sono per tutti, però si può cercare di prevenirli o ridurli.
Per fare ciò è necessario in primis avere un regime alimentare considerabile sano, quindi quantitativi calorici adeguati al soggetto e fonti di qualità, evitando pasti esageratamente abbondanti, per questo si vede spesso fare ai culturisti più pasti, non appesantire la digestione è un buon inizio per arrecare meno “danni” al corpo.
Dopo di che sono necessari controlli periodici per quanto riguarda esami del sangue, ecografia e radiografia per fegato e cuore.
Infine tramite integratori quali:

-omega 3

-silimarina

-NAC

-Glutatione

-Vit d3

-Acido alfa lipoico

Questi possono essere un valido sostegno per fegato e cuore.

CONCLUSIONE

I farmaci anabolizzanti danno tanto come possono togliere altrettanto e per quanto non andrebbero mai assunti, per di più si tratta di prodotti non reperibili legalmente…
Per quei pochi che decidono di approcciarsi a questo mondo, è fondamentale affidarsi a qualcuno che abbia a cuore la loro salute, oltre ad essere realmente preparato in merito con nozioni scientifiche e non le classiche da bro science.
Non stiamo parlando di caramelle, bensì di veri e propri farmaci e come tali possono essere molto pericolosi.

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FORZA E BODYBUILDING, come e perchè allenarla

“Forza”, è un termine molto comune e bene o male sulla bocca di tutti, assumendo però differenti connotazioni in base all’ambito in cui viene trattata, basti pensare alla fisica che definisce la FORZA come massa x accelerazione.

La reale definizione di forza in ambito sportivo però è la seguente:

“La FORZA è una capacità condizionale, ovvero una capacità che necessita di essere condizionata (allenata) con continuità per far sì che si migliori o si mantenga nel tempo.
Le capacità condizionali, dipendono principalmente dalle qualità dell’apparato locomotore e dai processi fisiologici di produzione dell’energia. “

Così direi che abbiamo un quadro sicuramente ben più chiaro di cosa sia la forza in ambito sportivo, perché aimè sì, purtroppo col termine forza non si intende semplicemente spostare più kg dato che può assumere differenti connotazioni.
Infatti abbiamo più tipologie di forza in campo sportivo:

Forza massimale: Questa sta indicare il massimo carico mosso per una ripetizione, indipendentemente dal tempo impiegato.

Forza esplosiva: Questa si riferisce al massimo carico mosso nel minor lasso di tempo possibile.

Forza resistente: Questa indica il massimo tempo in cui un muscolo riesce a rimanere contratto e quindi il numero massimo di ripetizioni eseguibili per il muscolo target.

Infatti, visto che cambia la differenza in termini di prestazione, cambia anche la tipologia di allenamento per questi tre tipi di forza, oltre le discipline in cui vengono ricercate.
Infatti nel bodybuilding sicuramente le prime due tipologie di forza, soprattutto quella esplosiva, avranno un ruolo marginale, basti pensare ai range di ripetizioni ed i TUT mediamente utilizzati nelle sedute di allenamento.

Le prime due tipologie di forza sono più ricollegabili ad altre discipline, come ad esempio:

-Atletica: in cui un aumento della forza permette di avere maggiori prestazioni.

-Pesistica olimpica: in cui abbiamo la massima espressione di forza esplosiva, perché si, sempre di allenamento con i sovraccarichi si parla, ma pensiamo alla rapidità che questi atleti devono dimostrare quando vanno ad “infilarsi” sotto 200kg nello strappo.

-Powerlifting: in cui si ricerca prettamente la forza massimale, in quanto lo scopo della disciplina è aumentare i proprio carichi nelle tre grandi alzate, stacco, squat e panca.

ALLENARE LA FORZA

Tornando a parlare di bodybuilding l’allenamento della forza inteso sia come forza resistente, che massimale, è parte integrante di questa disciplina nonostante il fine ultimo sia un altro, l’ipertrofia.

Questo perché allenare la forza, non solo riduce il rischio infortuni e migliora la padronanza del pattern motorio, ma permette di manovrare carichi sicuramente più elevati, i quali porteranno ad una maggior tensione, che si tradurrà in maggiore stress generato dalle strutture coinvolte e di conseguenza maggiori guadagni ipertrofici.

Come già detto però, la forza non è il fine ma un mezzo per avvicinarci più rapidamente al nostro obiettivo e quindi sarà inutile cercare di lavorare con un 1RM, oltre ad un maggior rischio infortuni.
È ben risaputo che il range di ripetizioni più proficuo per l’ipertrofia è ben lontano dal numero “1”.
Sarà sicuramente più utile cercare di progredire coi carichi nei range di ripetizioni appunto, più proficui per l’ipertrofia.

Il tipo di allenamento da eseguire però non è mai uguale, nonostante lo scopo sia quello comune a chiunque pratichi questa disciplina, in quanto, come per ogni singolo aspetto in questo ambito, la soggettività fa da padrone.

Dipende in primis dalla livello del soggetto e poi dalla fase della programmazione in cui ci si trova, ad esempio su un soggetto avanzato in pre gara sicuramente non andremo a lavorare a basse reps con multiarticolari ricercando una progressione sui carichi, sarebbe bello se fosse possibile, ma ad un mese dalle gare, è già tanto aver mantenuto i carichi invariati, sperare di aumentarli è una chimera, a meno che il soggetto in questione non sia “grasso” per una gara, in quel caso sicuramente non ci saranno problemi.

Andiamo per gradi e proviamo ad analizzare le differenti fasi in cui ci si può trovare, vi dirò come io sono solito agire.

PRINCIPIANTI

Quando si tratta di principianti, bene o male la progressione è molto semplice da mettere in atto, soprattutto con chi è proprio all’inizio, in quel caso, anche senza impostare nulla, se ha un po’ di carattere e “spinge”, si verificherà un rapidissimo aumento nei carichi.
Quando invece si tratta di utenti, sempre considerabili principianti, ma sicuramente più navigati, iniziare ad utilizzare un semplice piramidale ponendo il vincolo di portare a cedimento solo l’ultima serie, cercando di superare col carico della volta precedente di almeno una ripetizione quelle target, per poi ripartire dalle stesse con un leggero aumento di carico, sortirà senza problemi l’effetto sperato, oppure anche un semplice ramping potrebbe portare al medesimo risultato.

Ovviamente non sono gli unici tipi di lavori presente, volendo si possono impostare anche delle progressioni come queste ad esempio:

Scegliamo di eseguire 6 serie da 3 ripetizioni utilizzando le seguenti percentuali calcolate sull’ 1 RM

settimana          1             2             3                4               5             6

panca piana     85%   –   70%   –   87.5%   –   72.5%   –   90%   –   75%

rematore          70%   –   85%   –   72.5%   –   87.5%   –   75%   –   90%

In questo caso avrò giorni di carico e giorni di scarico, questo per permettere un aumento graduale nel tempo, in quanto, i giorni di lavoro in buffer saranno un’ottima occasione per migliorare la tecnica e si dovrà appunto cercare di essere manicali in questo caso, proprio perché andando a migliorare la tecnica ci sarà anche un netto miglioramento dei carichi.
È importante ricordare che la forza è un’abilità e come tale va allenata.

Questi sono solo alcuni esempi per darvi un’idea della tipologia di lavori che si possono svolgere coi principianti per ricercare degli aumenti di carico.

INTERMEDI E AVANZATI

In caso di intermedi o avanzati, sono solito invece far utilizzare progressioni, sì piuttosto semplici da impostare, ma ben più complesse da gestire per chi le va ad eseguire, in quanto sfruttano gli RPE, ovvero una scala da 1 a 10 per l’autoregolazione basata sull’intensità percepita.
Il motivo per cui sono solito evitare di proporle anche ai principianti, è semplicemente perché autoregolarsi in maniera corretta è veramente complesso, capita spesso infatti di imbattersi in soggetti che convinti di aver protratto una serie fino al cedimento, in realtà hanno ancora una o più ripetizioni “in canna”, oppure l’opposto, ovvero soggetti che non riescono a fermarsi prima di arrivare ad un rpe10, nonostante magari sul protocollo fosse riportato un rpe 8 o 9.

Quando si tratta invece di intermedi o avanzati, questo problema difficilmente si presenta ed anzi, l’autoregolazione è sicuramente il modo migliore con cui lavorare, in quanto non sempre si è “in forma” e pieni di energie, così facendo, con l’ausilio degli RPE, risulta nettamente più semplice regolarsi in base al proprio stato fisico, piuttosto che lavorare con carichi già preimpostati.

Un esempio di progressione potrebbe essere il seguente:

Panca piana 5×5 primi tre set rpe8, quarto set rpe9, ultimo set rpe10 lavorando con un 7-8 RM

Cerca di aumentare di una a due ripetizioni a settimana a parità di carico ed una volta che superi le 5 ripetizioni nell’ultimo set, aumenta il carico del 2/4% e riparti.

Questo è un esempio di una progressione tanto semplice quanto funzionale, ovvio non si potrà progredire all’infinito, ma sicuramente si riuscirà ad aumentare il carico spostato inizialmente, perché funzionino è però fondamentale rispettare gli rpe, pena, cuocersi prima del dovuto.

Ovviamente qui vedete solo un esempio, nei programmi sono solito utilizzare più progressioni basate su range di ripetizioni differenti, alternandole durante la settimana.

CONCLUSIONE

La forza è un’abilità e come tale va allenata, in quanto padroneggiare carichi maggiori a parità di TUT permetterà di generare maggior tensione meccanica che si tradurrà in maggiori guadagni ipertrofici.
È però importante ricordarsi che pratichiamo bodybuilding e di conseguenza la forza deve rimanere un mezzo e non diventare il fine ultimo.

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POST GARA, COME COMPORTARSI PER VIVERLO AL MEGLIO.

La fase del post gara è quel momento in cui cala il sipario, la stagione agonistica termina ed in un attimo, finito di contemplare quegli magici momenti passati sul palco ed essersi goduti un paio di giorni di relax, la nostra testa di colpo si ferma per iniziare a pensare, “ora cosa faccio?”.

Andiamo, non fate gli eroi con una volontà di ferro che subito tornano a regime senza mettere un piede fuori dai binari e dite la verità, il senso di dubbio e inquietudine assale bene o male chiunque e soprattutto chi si trova alle prime esperienze.
Quel dubbio che ti frulla in testa su come comportarti, cosa e quanto mangiare, se allenarti o riposare…

Bravo, vedo che ti stai facendo un esame di coscienza ed è capitato anche a te di sentirti “perso”, ma è tutto normale, bene o male ci si può ritrovare in uno dei seguenti scenari:

-C’è chi terminata la gara comincia a fagocitare qualsivoglia cosa di commestibile sulla faccia della terra senza un freno.

-C’è chi si prende qualche giorno di relax per poi tornare al solito regime alimentare che sente come suo.

-C’è chi spaventato dalla mancanza di regole riprende a mangiare esattamente come prima della gara pensando così di essere nella sua zona sicura.

-C’è chi finisce nel brutto circolo vizioso del “dieta-abbuffata-domani mi rimetto”, vivendo male perché inizia a sentirsi sbagliato ed in difetto.

Logicamente ad un esterno che non ha mai vissuto questo tipo di esperienze verrebbe da pensare che basterebbe godersi qualche giorno di stacco per poi tornare in carreggiata, per carità, anche il buon senso dice ciò, però non tutti riescono a comportarsi in questo modo e ci si ritrova, in un momento in cui a livello psicologico si tende ad essere molto fragili.

Facciamo un passo indietro per capire meglio, fino a tornare alla fase pre contest…
Nei mesi che precedono le competizioni si vive seguendo schemi molto rigidi e si cerca a nostra volta di essere il più rigidi possibile nella speranza di salire sul palco ed essere il/la migliore.
Allenamenti in cui ci si estrania nel proprio mondo che diventano via via più pesanti col passare del tempo, ma che si cerca comunque di svolgere al massimo delle proprie possibilità, mentre ci si sente dilaniati dalla stanchezza, fisica e mentale, la dieta in cui ci si va a privare di moltissimi alimenti riducendo le fonti ad un numero conteggiabile sulle dita di una mano.

Ecco, pensate a questo e capirete come mai ci si possa sentire così in un post gara, io stesso che in pre gara assumevo letteralmente solo 5 alimenti e avevo addirittura tolto l’avena perché i grassi derivanti da essa non sono ottimali in preparazione, finita questa stagione di gare e nella piena consapevolezza che non sarebbe stata ciò a farmi peggiore fisicamente, avevo quasi “paura” a reintrodurla.

Io cerco sempre di facilitare il compito ai miei ragazzi e di riportarli a vivere serenamente il proprio percorso rimettendosi pian piano, perché sì, purtroppo ci si ritrova talvolta a raccogliere dei ragazzi a pezzi.
Un preparatore in questi casi infatti, come io sono solito fare, dovrebbe aiutarli a tornare in carreggiata passa per passo, indirizzandoli sulla giusta via, il giusto equilibrio col cibo facendogli capire che non sono in difetto come pensano di essere, che è normale sentirsi così dopo una gara, che è normale aver voglia di qualcosa di diverso, che è normale non riuscire ad essere subito dei soldati a livello alimentare, che è normale aver voglia di staccare qualche giorno dagli allenamenti.

Il mio intervento, in linea di massima consiste nel consigliare di staccare la spina per alcuni giorni, anche una settimana se necessario ed in alcuni casi addirittura di più (ciò è condizione dipendente, più è stata estremizzata e più riposo servirà) ed in questi giorni riposo assoluto, niente dieta, conteggio dei macros e allenamento.
Lo scopo è quello di resettare totalmente l’atleta e riportarlo ad un nuovo punto di partenza in una condizione fisica e mentale tale per cui possa davvero riprendere a fare ciò che tanto ama, perché tutto quel che ho detto sopra è normale, umano…

L’atleta, una volta ricaricate le batterie tornerà a vivere il bodybuilding che tanto ama, però chiunque, me compreso, come già detto sopra, risentirà ancora delle restrizioni alimentari avute fino ad ora, o della necessità di fare tot sedute di cardio a settimana, arrivati a questo punto il mio scopo e quello che dovete fare voi, è cercare di autoimporsi di uscire da questi schemi, non stiamo più preparando una gara, è quindi finita la guerra, non sarà qualche seduta di cardio in meno a farvi peggiorare, come non lo sarà qualche alimento considerato meno ideale per la dieta a portare a questo.

Questo è ciò che ho fatto con Edoardo Stramazzo, un atleta che preparo, nonché amico, che ha gareggiato come classic physique in nbfi, dopo la gara voleva tornare subito a dieta, cadendo nel classico circolo vizioso dieta-sgarro-ripeto.
Mi sono posto nei suoi confronti consigliandogli di ascoltarsi e non farsi problemi se avesse voglia di mangiare di più e di ritornare a regime in modo graduale partendo subito da calorie decisamente più alte ed evitando reverse diet, che possono solo facilitare l’instaurarsi di questi circoli viziosi, in quanto la reverse è semplicemente un reiterare più a lungo la condizione di ipocalorica.

PER QUANTO RIGUARDA L’ALLENAMENTO INVECE?

La gestione dell’allenamento nel post gara è sempre condizione dipendente, come detto prima, più è stata estremizzata, più riposo servirà e più dovranno essere blande le sedute in sala pesi una volta ripresi.

Fatta questa premessa e facendo finta di aver fatto riposare il ragazzo abbastanza, sono solito impostare delle split con volume e frequenza relativamente basse, utilizzando sedute piuttosto semplici, sviluppate prettamente con serie con TUT FLUIDI e range di ripetizioni medie, solitamente oscillo tra le 8 e le 15 con esercizi poco impattanti sul sistema nervoso centrale in questa fase.
Questo, appunto per permettere di riassaggiare pian piano la ghisa, evitando di creare troppo impatto a livello del SNC, di riprendere i carichi, riabituarsi agli schemi motori che in futuro utilizzeremo maggiormente e soprattutto riportare dentro di loro quella voglia di sbranare i pesi in palestra.

In questa fase infatti, il fine primario non deve essere la performance o la condizione, bensì riportare l’atleta in uno stato ideale per poter rendere proficui gli allenamenti futuri, detto proprio in modo ironico, stiamo facendo riabilitazione.

CONCLUSIONI

Il post gara è un momento delicato, in cui talvolta lo sconforto può assalirci, bisogna cercare di esorcizzare queste paure, accettare e accogliere i bisogni del nostro organismo e capire che è tutto normale, una fase transitoria che però è obbligatoria per poi ritornare a prepararsi in vista delle competizioni future.
Per di più, cerchiamo di non vedere solo il lato negativo quando ci troviamo in questa situazione, ma bensì, coglierla al volo per goderci qualche sfizio culinario e gli affetti dei nostri cari, anche perché questa possibilità l’avremo nuovamente solo dopo la prossima gara.

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