SCHIENA: ANATOMIA E ALLENAMENTO

I muscoli della schiena ricoprono interamente la parte posteriore del tronco e sono composti da differenti strati, come le cipolle, cavolate a parte, sono composti da uno strato superficiale, uno intermedio ed uno profondo.
In questi tre strati si trova i gruppi muscolari che tutti conosciamo, dal gran dorsale all’elevatore della scapola.

Lo strato superficiale è composto dai fasci muscoli che influenza maggiormente la resa estetica del dorso, tra cui troviamo:

-Il gran dorsale, che è uno dei muscoli più estesi del corpo umano e infatti presenta diverse origini e viene diviso in quattro porzioni ben distinte:

  • parte vertebrale con origine a livello dei processi proni dalla settima alla dodicesima vertebra toracica;
  • parte iliaca con origine dalla fascia toracolombare e dalla cresta iliaca;
  • parte costale con origine dalla decima alla dodicesima costa;
  • talvolta come parte scapolare con origine a livello dell’angolo inferiore della scapola.

Nonostante ciò però trova inserzione in un solo punto, a livello della cresta del tubercolo minore dell’omero.
Presenta numerose funzioni dal punto di vista anatomico:

  • Adduce, estende ed Intraruota l’omero.
  • Estende il tronco .
  • Antiverte il bacino.
  • Deprime le scapole.

-I romboidi che sono localizzati al centro della schiena, i quali si proiettano dal margine mediale della scapola fino alle vertebre cervicali basse e toraciche alte.
Permetto di avvicinare tramite adduzione le scapole alla colonna e sono stimolati negli esercizi di tirata, remata e arrampicata come sinergisti del gran dorsale.

-Il trapezio che si compone di tre differenti fasci:

  • Superiore
  • Intermedio
  • Inferiore

Ricopre la porzione alta della schiena trovando origine a livello della nuca, della cervicale e delle vertebre toraciche.
Lavora a livello scapolare e cervicale, è proprio grazie a ciò che permette alla scapola di muoversi.

-Il dentato anteriore che è un muscolo appartenente al complesso della muscolatura scapolo-toracica.
origina con 9-10 digitazioni dalla prima fino alla nona costa e decorre anteriormente alla scapola, fino ad inserirsi lungo tutto il margine mediale della scapola stessa, dall’angolo superiore fino a quello inferiore. 
Suddivide il gran dentato in tre porzioni distinte che possiedono funzioni anatomiche differenti in base all’orientamento delle fibre.
Ha la funzione di far aderire la scapola al torace. Tale funzione è svolta in sinergia con i muscoli romboidi e trapezio.
Il gran dentato, inoltre, possiede importanti funzioni a livello scapolare:

  • Con la sua porzione superiore protrae la scapola;
  • Con la porzione intermedia protrae, tilta posteriormente e ruota cranialmente la scapola (la glena ruota verso l’alto);
  • Con la porzione inferiore protrae, tilta posteriormente e ruota cranialmente la scapola.

-L’elevatore della scapola origina dai processi trasversi delle prime quattro vertebre cervicali e si inserisce a livello dell’angolo superiore della scapola e proprio per questo possiede numerose funzioni:

  • A livello della cervicale determina un movimento di rotazione omolaterale, di estensione e di inclinazione omolaterale.
  • A livello scapolare, invece, determina un movimento di depressione, rotazione caudale e lieve retrazione. 

-Il quadrato dei lombi è un muscolo localizzato dal bacino all’ultima costa e alle vertebre lombari, che ha la funzione di estendere e inclinare la colonna. 
È un muscolo in grado di estendere il tratto lombare e giocare un ruolo fondamentale nella gestione dell’inclinazione laterale del tronco.

ESERCIZI PER ALLENARE LA SCHIENA

Come abbiamo già visto, la schiena, a dispetto di altri distretti muscolari è molto complessa e composta da molteplici muscoli.
Per scegliere gli esercizi bisogna tenere in considerazione le funzioni anatomiche dei molteplici muscoli che compongono la schiena…
Come abbiamo già visto, gran dorsale e grande rotondo che svolgono movimenti di adduzione/estensione dell’omero, questi muscoli donano ampiezza alla schiena che contribuisce a portare il tanto amato V shape.
Dopo di che abbiamo trapezio e romboidi che fungono da adduttori e stabilizzatori delle scapole.
Il deltoide posteriore che abduce, estende ed extraruota l’omero.
Per finire gli erettori spinali che estendono e stabilizzano la colonna andando a regale spessore.

Nelle sessioni di dorso si vanno ad utilizzare maggiormente esercizi per i dorsali in quanto permettono di utilizzare carichi elevati, mentre gli erettori spinali lavorano già molto con esercizi utilizzati nelle sessioni di lower quali: squat e stacchi.
Per quanto concerne gli adduttori, gli esercizi specifici vengono visti più come complementari.

COME SCEGLIERE GLI ESERCIZI

Considerando quanto detto fino ad ora, andremo a scegliere gli esercizi consapevolmente, bisogna, come già detto, tenere in considerazione la funzioni anatomiche dei vari fasci muscolari, così da capire che esercizi utilizzare in base ai movimenti che permettono di compiere.
Essendo gli esercizi principali a carico del dorsale e considerando che questo ha la funzione di addurre ed estendere, già inserendo due esercizi che presentino, il primo uno schema motorio con adduzione ed il secondo, con estensione dell’omero, o viceversa, andremo a svolgere già un lavoro piuttosto completo su questi fasci, senza considerare che in questo caso avremo anche una forte stimolazione del grande rotondo.

Un’altra cosa, molto importante, da tenere in considerazione, è quella di segmentare le varie porzioni del dorso da lavorare, utilizzando quindi esercizi che vado a presentare il picco di massima contrazione in punti differenti del ROM, quindi, sia in contrazione, che in accorciamento.
Questo perché il dorso è gruppo muscolare veramente vasto e di conseguenza, è difficile dare una tensione uniforme lungo tutti i punti del ROM, infatti molti esercizi presentano tensione poco uniforme, talvolta con cambi repentini.
Quindi scegliere esercizi differenti per dare lo stesso lavoro a tutti i fasci presenti a livello dorsale sarà fondamentale per ottenere uno stimolo completo e non lasciar “deallenate” alcuni fasci muscolari.

Quindi, come già detto gli esercizi verranno scelti in base alle funzioni dei vari gruppi muscolari.
Gli esercizi principalmente a carico di gran dorsale e gran rotondo (gli esercizi che presentano adduzione ed estensione dell’omero) e che sono anche gli unici che personalmente utilizzo per allenare il dorso sono:

-Rematore
-Pendlay row
– Lat machine o trazioni con differenti prese
-Pull down al cavo alto.

Esercizi per adduttori ed elevatori delle scapole:

-Rematore con bilanciere
-Pendlay row
-Pulley presa larga
-Aperture posteriori e varianti
-Face pull
-Scrollate per il trapezio, personalmente le inserire solo in caso di carenza per quanto concerne questo gruppo muscolare.

Erettori spinali:

-Stacchi in tutte le salse
-Hyperextension
-Bent over row
-Good morning

VOLUME DA UTILIZZARE

Il dorso, come qualsiasi altro gruppo muscolare, per quanto concerne il range di ripetizioni da utilizzare, necessità, per un lavoro completo, di molteplici range di ripetizioni, dalle 4, addirittura, fino alle 30.
Questo perché per dare uno stimolo completo ci vogliono sia lavori con stimolo meccanico che ipertrofico, quindi una buona idea potrebbe essere quella di adottare un hatfield partendo con esercizi a reps basse e salendo man mano che si prosegue con l’allenamento, oppure un P.H.A.T. inserendo due sedute, una con range di ripetizioni più alte, come stimolo metabolico ed una con range di ripetizioni più basse con stimolo meccanico.

Per quanto concerne invece il volume da utilizzare, seguendo le linee guida sarebbero consigliati dai 18 ai 24 sets settimanali.
Ovviamente questi sono numeri da prendere con le pinze, il volume è sempre soggettivo e quello ideale è quello che permette di avere una crescita sul gruppo interessato.
Quindi, partendo da questo numero di serie settimanale si può provare a ridurre o aumentare a seconda degli effetti che vanno a generare.
Per quanto invece concerne la frequenza di allenamento settimanale, teoricamente, se il volume è adeguato non vi dovrebbero essere grandi differenze tra una o più sedute nell’arco della settimana.
Questo torna utile più che altro per aumentare il volume settimanale, in quanto, il volume utilizzabile in una singola seduta, prima di cadere nel classico volume spazzatura è limitato, più viene protratta una seduta di allenamento e più aumentano cortisolo e stress a livello sistemico.
In questo caso splittare il volume su più giorni potrebbe essere un’arma vincente per ottenere una resa migliore.

ERRORI PRINCIPALI NELL’ALLENAMENTO PER LA SCHIENA

La schiena è piuttosto ostica da allenare per molto, in quanto è difficile percepirla a dovere e di conseguenza si tende ad incappare in alcuni errori involontari…
Uno di questi è l’eccessivo coinvolgimento dei bicipiti, i quali intervengono facilmente nelle tirare per il dorso, visto che in quasi tutti gli esercizi bene o male è presente flessione del gomito.
Uno stratagemma per ovviare a ciò può essere una classica presa con pollice anteposto o la pistol grip, riducendo la tensione scaricata nella porzione della mano verso il pollice si riduce drasticamente il coinvolgimento del bicipite, in quanto è meno enfatizzato il lavoro di flessione a carico di questo.
Un’altra ottima strategia è quella di considerare le mani e l’avambraccio come un gancio appeso ad una corda che non tira ma tiene solo il carico mentre il movimento viene guidato dal gomito.
La seconda difficoltà che si incontra maggiormente è il controllo delle scapole, è difficile capire che prima di iniziare la fase concentrica le scapole devono essere depresse, altrimenti ciò porterà a compensi inutili e controproducenti.
Per imparare a fare ciò è ideale, prima di iniziare ogni fase di tirata, deprimere le scapolo e poi partire col movimento.

CONCLUSIONI

La schiena è veramente difficile da saper allenare e allenare in modo completo essendo un gruppo muscolare così vasto e che non abbiamo la possibilità di vedere, per cui di conseguenza facciamo fatica a percepire.
Sarà quindi fondamentale impostare un allenamento ben strutturato scegliendo esercizi che non necessitino di essere cambiati di frequente, così che lo schema motorio venga appreso al meglio e di conseguenza si arrivi ad una resa maggiore.

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GRAN PETTORALE, ALLENAMENTO E ANATOMIA

Il grande pettorale è uno dei gruppi muscolari più ambiti dal sesso maschile ed anche uno di quelli che più comunemente piace allenare, contribuiscono allo spessore del torace ed in parte alla tanto ricercata v-shape. Si estende tra la porzione anteriore del torace e la cresta del tubercolo maggiore dell’omero con la sua tipica forma a ventaglio ed i fasci che lo costituiscono prendono diverse direzioni. il gran pettorale è principalmente dedicato al movimento della spalla di flessione, adduzione e rotazione interna dell’omero, collabora nell’azione di inspirazione, dilatando il torace se l’arto è fisso. Il gran pettorale viene spesso considerato dai bodybuilder un antagonista del gran dorsale, ma questo è vero solo per gran parte del movimento, non per tutta l’escursione articolare della spalla, svolge anche un’importante funzione posturale, quindi sarebbe opportuno svilupparlo in modo proporzionato rispetto agli altri gruppi muscolari presenti sul tronco, quali deltoidi, dorsali e addominali.

È importante simolare tutti i fasci

Quando si parla di allenare il petto si sente spesso dire “con questo esercizio alleni il petto alto”, questo perchè nonostante vengano coinvolte quasi tutti i fasci durante i vari esercizi, cambiare inclinazione ed esecuzione nei vari esercizi, cambia le porzioni dei fasci maggiormente coinvolti. I fasci del petto svolgono diverse funzioni e si dividono in:

Fasci clavicolari: adduce, flette e intraruota l’omero;

Fasci sterno-costali: adduce e intraruota l’omero;

Fasci addominali: adduce, intraruota ed estende l’omero dalla posizione di massima flessione

I fasci addominali e sterno-costali solitamente vengono considerati entrambi “petto basso”.

Per sviluppare la porzione bassa del petto (parte addominale) sarà opportuno utilizzare un piano di lavoro neutro come ad esempio una panca piana, oppure un piano declinato che enfatizzerà ancora di più il coinvolgimento dei fasci addominale del petto. Infatti la parte sterno-costale e addominale sono antagoniste della parte clavicolare. Volendo comunque stimolare la fascia sterno-costale a dovere ma utilizzando un piano di lavoro più gentile a per l’articolazione della spalle, si può optare per una panca inclinata fino a 15/20 gradi. Purtroppo i fasci addominali del gran pettorale sono determinati principalmente dalla genetica, infatti esistono soggetti che non li hanno in quantità direttamente proporzionale al resto del muscolo ed altri in cui sono pressoché assenti.

Per sviluppare la porzione superiore del gran pettorale sarà bene utilizzare un’inclinazione maggiore sulla panca, partendo dai 30 grandi fino ad arrivare anche ai 60/70, in quanto bisogna cercare di sollecitare maggiormente i fasci clavicolari, ovvero quelli situati in prossimità della clavicola. È opportuno non superare i 60/70 gradi di inclinazione della panca perché il lavoro andrebbe in buona parte perso, perché maggiormente a carico del deltoide anteriore. Spesso, infatti, in soggetti con deltoidi (e talvolta anche braccia) molto sviluppati rispetto agli altri gruppi muscolari, si può riscontrare un’effettiva carenza del gran pettorale, soprattuto dei fasci clavicolari in quanto il deltoide, essendo dominante, va a rubare molto lavoro ai fasci della porzione alta.

Qual è lo stimolo ottimale per far crescere il gran pettorale?

In palestra, alla ricerca dello sviluppo e della definizione dei pettorali, normalmente si eseguono esercizi che prevedono movimenti lungo il piano trasversale di adduzione (omero che si avvicina al tronco) contro gravità, ai quali talvolta è possibile associare delle rotazioni se si utilizzano manubri, pesi o cavi. I pettorali, come i quadricipiti non hanno una prevalenza tra fibre bianche, rosse ed intermedie, in quanto questa cambia in base ai fasci del pettorale. Quindi sarà opportuno utilizzare un protocollo che vada a coprire tutti i diversi TUT in cui si attivano le varie tipologie di fibre, utilizzando ad esempio un protocollo in stile heatfield o P.h.a.t., in quanto danno uno stimolo completo a tutto il muscolo, miofibrillare con lavori a basse reps, sarcoplasmatico con lavori a ripetizioni più alte e quindi TUT maggior ed infine di capillarizzazione con TUT davvero lunghi e carichi irrisori. Il volume di allenamento ovviamente sarà soggettivo e come sempre è bene ricordare quando si prepara un programma di allenamento, che intensità e volume sono inversamente proporzionali, quindi è opportuno bilanciare con una giusta via di mezzo questi parametri. Ovviamente a seconda della programmazione l’ago della bilancia può pendere maggiormente da un lato o dall’altro.

Ora arriva la fatidica domanda… Manubri o bilanciere?

Parlando con molti utenti ho riscontrato che i manubri vengono nominati più frequentemente come miglior “attrezzo” per allenare i pettorali, meglio del bilanciere e talvolta considerati da alcuni superiori anche ai macchinari isotonici. Nonostante il bilanciere sia più facile da gestire perché come dice il nome bilancia, i manubri rendono più fedeltà ai movimenti per cui è stato concepito il petto. Come già detto il gran pettorale svolge la funzione di adduzione e proprio per questo i manubri vengono reputati più congeniali per allenarli, in quanto permettono appunto questa adduzione ed un maggior accorciamento a fine concentrica. Non essendo vincolati la posizione della mani può essere variata a proprio piacimento durante tutto l’arco di movimento, enfatizzando quindi adduzione ed allungamento, la traiettoria della forza che segue l’articolazione è naturale, cosa che col bilanciere risulta impossibile, una volta impugnato, durante la serie le mani li sono e li rimangono. In fisica il lavoro è determinato da forza per spostamento, dove nel nostro caso per forza si intende il carico sollevato e per spostamento si intende la massima escursione del movimento. Questi parametri sono direttamente proporzionali al lavoro, quindi più è alto lo spostamento e maggiore lavoro farà il muscolo.

Quindi perché se i manubri sulla carta risultano più vantaggiosi rispetto al bilanciere questo viene comunque utilizzato?

Ricordiamoci che per generare ipertrofia è necessario potersi esprimere al meglio nei vari esercizi utilizzando carichi elevati, o meglio, carichi abbastanza elevati da generare uno stimolo ipertrofico. Nonostante i manubri si prestino bene anche a lavori meccanici, sono più limitanti rispetto al bilanciere sul carico. Questo perché i manubri vanno comunque stabilizzati (anche il bilanciere, ma in maniera decisamente minore) e fare ciò ruba molto lavoro al pettorale perché lo limita nel carico. Ovviamente questo discorso vale per stimoli meccanici o neurali dove il reps range è davvero basso, già sopra le sei/otto ripetizioni fanno a dovere il loro sporco lavoro. Ricordiamo inoltre che per avere la massima congestione sul pettorale è necessario eseguire l’esercizio in modo scrupolosamente corretto. Sono molti quelli che, durante le distensioni su panca, commettono numerosi errori, soprattutto per ego, i classici egolifter. È del tutto inutile, tanto varrebbe caricare meno.

Qualche nozione da tenere a mente per eseguire delle distensioni su panca in modo corretto.

-Assumere una posizione distesa sulla panca, addurre e deprimere le scapole, nel caso stiate facendo le distensioni col bilanciere è importante curare l’altezza del corpo rispetto al supporto su cui è caricato.

-Mantenere il petto “in fuori” con adduzione e depressione scapolare per tutta la durata del movimento.

-Mai eseguire le distensioni con la lombare aderente alla panca, ci sovraccaricherà l’articolazione del deltoide. Mantenendo l’adduzione e la depressione scapolare si formerà un leggero arco fisiologico che non è necessario enfatizzare, ma è opportuno matenere.

-Le spalle devono essere ben appoggiate allo schienale, MAI ANTEPORLE si sposterebbe il lavoro sul deltoide anteriore oltre a diventare pericoloso, in tal modo diventa è più difficile iper-estendere l’articolazione del gomito.

-Impugnare il bilanciere in modo che, in posizione di massimo allungamento (barra sullo sterno), l’omero e l’avambraccio formino un angolo di circa 90°. L’impugnatura troppo stretta sposterebbe il lavoro sui tricipiti.

-La fase eccentrica del movimento, ovvero la negativa, deve essere sempre eseguita in modo controllato, a prescindere dal carico di lavoro.

-La traiettoria non è lineare, non disegna una linea perfettamente perpendicolare al pavimento, bensì durante la fase eccentrica il bilanciere si sposta leggermente in avanti verso lo stesso, la contrario durante la fase concentrica si sposta leggermente indietro verso la nuca per poi tornare in linea con le spalle.

-Importante mantenere i piedi ben saldi a terra ed applicare una leggera pressione così da poter sfruttare il leg drive per essere più stabili e poter utilizzare un carico maggiore.

-Il gomito non forma un angolo di 90 gradi col busto ma leggermente più acuto, circa 80 grandi, questo rende molto più gentile l’esercizio a livello articolare per quanto riguarda il deltoide e permette di sfruttare una traiettoria più naturale.

Gli esercizi per la massa per il gran pettorale sono spesso a rischio infortunio per la spalla e se mal eseguiti possono alzare il rischio di lesione alla cuffia dei rotatori. Per questo è importante dedicare il giusto tempo all’apprendimento della tecnica corretta nelle fasi iniziali per poi beneficiare nel tempo di una pulizia di movimento in grado di abbassare il rischio infortunio. Fondamentale in questo senso il corretto assetto scapolare.

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PETTORALI, ANATOMIA E ALLENAMENTO

Il grande pettorale è uno dei gruppi muscolari più ambiti dal sesso maschile ed anche uno di quelli che più comunemente piace allenare, contribuiscono allo spessore del torace ed in parte alla tanto ricercata v-shape. Si estende tra la porzione anteriore del torace e la cresta del tubercolo maggiore dell’omero con la sua tipica forma a ventaglio ed i fasci che lo costituiscono prendono diverse direzioni. il gran pettorale è principalmente dedicato al movimento della spalla di flessione, adduzione e rotazione interna dell’omero, collabora nell’azione di inspirazione, dilatando il torace se l’arto è fisso. Il gran pettorale viene spesso considerato dai bodybuilder un antagonista del gran dorsale, ma questo è vero solo per gran parte del movimento, non per tutta l’escursione articolare della spalla, svolge anche un’importante funzione posturale, quindi sarebbe opportuno svilupparlo in modo proporzionato rispetto agli altri gruppi muscolari presenti sul tronco, quali deltoidi, dorsali e addominali.

È importante simolare tutti i fasci

Quando si parla di allenare il petto si sente spesso dire “con questo esercizio alleni il petto alto”, questo perchè nonostante vengano coinvolte quasi tutti i fasci durante i vari esercizi, cambiare inclinazione ed esecuzione nei vari esercizi, cambia le porzioni dei fasci maggiormente coinvolti. I fasci del petto svolgono diverse funzioni e si dividono in:

Fasci clavicolari: adduce, flette e intraruota l’omero;

Fasci sterno-costali: adduce e intraruota l’omero;

Fasci addominali: adduce, intraruota ed estende l’omero dalla posizione di massima flessione

I fasci addominali e sterno-costali solitamente vengono considerati entrambi “petto basso”.

Per sviluppare la porzione bassa del petto (parte addominale) sarà opportuno utilizzare un piano di lavoro neutro come ad esempio una panca piana, oppure un piano declinato che enfatizzerà ancora di più il coinvolgimento dei fasci addominale del petto. Infatti la parte sterno-costale e addominale sono antagoniste della parte clavicolare. Volendo comunque stimolare la fascia sterno-costale a dovere ma utilizzando un piano di lavoro più gentile a per l’articolazione della spalle, si può optare per una panca inclinata fino a 15/20 gradi. Purtroppo i fasci addominali del gran pettorale sono determinati principalmente dalla genetica, infatti esistono soggetti che non li hanno in quantità direttamente proporzionale al resto del muscolo ed altri in cui sono pressoché assenti.

Per sviluppare la porzione superiore del gran pettorale sarà bene utilizzare un’inclinazione maggiore sulla panca, partendo dai 30 grandi fino ad arrivare anche ai 60/70, in quanto bisogna cercare di sollecitare maggiormente i fasci clavicolari, ovvero quelli situati in prossimità della clavicola. È opportuno non superare i 60/70 gradi di inclinazione della panca perché il lavoro andrebbe in buona parte perso, perché maggiormente a carico del deltoide anteriore. Spesso, infatti, in soggetti con deltoidi (e talvolta anche braccia) molto sviluppati rispetto agli altri gruppi muscolari, si può riscontrare un’effettiva carenza del gran pettorale, soprattuto dei fasci clavicolari in quanto il deltoide, essendo dominante, va a rubare molto lavoro ai fasci della porzione alta.

Qual è lo stimolo ottimale per far crescere il gran pettorale?

In palestra, alla ricerca dello sviluppo e della definizione dei pettorali, normalmente si eseguono esercizi che prevedono movimenti lungo il piano trasversale di adduzione (omero che si avvicina al tronco) contro gravità, ai quali talvolta è possibile associare delle rotazioni se si utilizzano manubri, pesi o cavi. I pettorali, come i quadricipiti non hanno una prevalenza tra fibre bianche, rosse ed intermedie, in quanto questa cambia in base ai fasci del pettorale. Quindi sarà opportuno utilizzare un protocollo che vada a coprire tutti i diversi TUT in cui si attivano le varie tipologie di fibre, utilizzando ad esempio un protocollo in stile heatfield o P.h.a.t., in quanto danno uno stimolo completo a tutto il muscolo, miofibrillare con lavori a basse reps, sarcoplasmatico con lavori a ripetizioni più alte e quindi TUT maggior ed infine di capillarizzazione con TUT davvero lunghi e carichi irrisori. Il volume di allenamento ovviamente sarà soggettivo e come sempre è bene ricordare quando si prepara un programma di allenamento, che intensità e volume sono inversamente proporzionali, quindi è opportuno bilanciare con una giusta via di mezzo questi parametri. Ovviamente a seconda della programmazione l’ago della bilancia può pendere maggiormente da un lato o dall’altro.

Ora arriva la fatidica domanda… Manubri o bilanciere?

Parlando con molti utenti ho riscontrato che i manubri vengono nominati più frequentemente come miglior “attrezzo” per allenare i pettorali, meglio del bilanciere e talvolta considerati da alcuni superiori anche ai macchinari isotonici. Nonostante il bilanciere sia più facile da gestire perché come dice il nome bilancia, i manubri rendono più fedeltà ai movimenti per cui è stato concepito il petto. Come già detto il gran pettorale svolge la funzione di adduzione e proprio per questo i manubri vengono reputati più congeniali per allenarli, in quanto permettono appunto questa adduzione ed un maggior accorciamento a fine concentrica. Non essendo vincolati la posizione della mani può essere variata a proprio piacimento durante tutto l’arco di movimento, enfatizzando quindi adduzione ed allungamento, la traiettoria della forza che segue l’articolazione è naturale, cosa che col bilanciere risulta impossibile, una volta impugnato, durante la serie le mani li sono e li rimangono. In fisica il lavoro è determinato da forza per spostamento, dove nel nostro caso per forza si intende il carico sollevato e per spostamento si intende la massima escursione del movimento. Questi parametri sono direttamente proporzionali al lavoro, quindi più è alto lo spostamento e maggiore lavoro farà il muscolo.

Quindi perché se i manubri sulla carta risultano più vantaggiosi rispetto al bilanciere questo viene comunque utilizzato?

Ricordiamoci che per generare ipertrofia è necessario potersi esprimere al meglio nei vari esercizi utilizzando carichi elevati, o meglio, carichi abbastanza elevati da generare uno stimolo ipertrofico. Nonostante i manubri si prestino bene anche a lavori meccanici, sono più limitanti rispetto al bilanciere sul carico. Questo perché i manubri vanno comunque stabilizzati (anche il bilanciere, ma in maniera decisamente minore) e fare ciò ruba molto lavoro al pettorale perché lo limita nel carico. Ovviamente questo discorso vale per stimoli meccanici o neurali dove il reps range è davvero basso, già sopra le sei/otto ripetizioni fanno a dovere il loro sporco lavoro. Ricordiamo inoltre che per avere la massima congestione sul pettorale è necessario eseguire l’esercizio in modo scrupolosamente corretto. Sono molti quelli che, durante le distensioni su panca, commettono numerosi errori, soprattutto per ego, i classici egolifter. È del tutto inutile, tanto varrebbe caricare meno.

Qualche nozione da tenere a mente per eseguire delle distensioni su panca in modo corretto.

-Assumere una posizione distesa sulla panca, addurre e deprimere le scapole, nel caso stiate facendo le distensioni col bilanciere è importante curare l’altezza del corpo rispetto al supporto su cui è caricato.

-Mantenere il petto “in fuori” con adduzione e depressione scapolare per tutta la durata del movimento.

-Mai eseguire le distensioni con la lombare aderente alla panca, ci sovraccaricherà l’articolazione del deltoide. Mantenendo l’adduzione e la depressione scapolare si formerà un leggero arco fisiologico che non è necessario enfatizzare, ma è opportuno matenere.

-Le spalle devono essere ben appoggiate allo schienale, MAI ANTEPORLE si sposterebbe il lavoro sul deltoide anteriore oltre a diventare pericoloso, in tal modo diventa è più difficile iper-estendere l’articolazione del gomito.

-Impugnare il bilanciere in modo che, in posizione di massimo allungamento (barra sullo sterno), l’omero e l’avambraccio formino un angolo di circa 90°. L’impugnatura troppo stretta sposterebbe il lavoro sui tricipiti.

-La fase eccentrica del movimento, ovvero la negativa, deve essere sempre eseguita in modo controllato, a prescindere dal carico di lavoro.

-La traiettoria non è lineare, non disegna una linea perfettamente perpendicolare al pavimento, bensì durante la fase eccentrica il bilanciere si sposta leggermente in avanti verso lo stesso, la contrario durante la fase concentrica si sposta leggermente indietro verso la nuca per poi tornare in linea con le spalle.

-Importante mantenere i piedi ben saldi a terra ed applicare una leggera pressione così da poter sfruttare il leg drive per essere più stabili e poter utilizzare un carico maggiore.

-Il gomito non forma un angolo di 90 gradi col busto ma leggermente più acuto, circa 80 grandi, questo rende molto più gentile l’esercizio a livello articolare per quanto riguarda il deltoide e permette di sfruttare una traiettoria più naturale.

Gli esercizi per la massa per il gran pettorale sono spesso a rischio infortunio per la spalla e se mal eseguiti possono alzare il rischio di lesione alla cuffia dei rotatori. Per questo è importante dedicare il giusto tempo all’apprendimento della tecnica corretta nelle fasi iniziali per poi beneficiare nel tempo di una pulizia di movimento in grado di abbassare il rischio infortunio. Fondamentale in questo senso il corretto assetto scapolare.

TRICIPITI, COME FARLI CRESCERE

Il tricipite è quel gruppo muscolare che andrebbe sviluppato quando si desiderano braccia grosse, in quanto costituisce i 2/3 del braccio. Il tricipite brachiale è suddiviso in tre capi:

Capo Lungo: ha il compito di addurre, estendere, estendere in orizzontale, e retroporre il braccio.

Capo Mediale e Laterale: Favoriscono l’estensione dell’avambraccio sul braccio.

Il primo ha origine dalla tuberosità sottoglenoidea della scapola, mentre il capo lungo e mediale dalla faccia posteriore dell’omero. Essendo un gruppo piccolo i tricipiti come bicipiti e spalle, ha una buona tolleranza al volume e maggior capacità di recupero rispetto a gruppi più grandi, quindi a fine ipertrofico sarà ottimale avere minimo una frequenza settimanale di due giorni. Uno dei motivi per cui il tricipite spesso pecca di volumi è la mancanza di uno stimolo adeguato al capolungo, visto che oltre a degli esercizi specifici necessità di carichi elevati!

Infatti in questi ultimi mesi mi sono concentrato prettamente sul lavorare il capolungo, in quanto è il capo che rende più impressivo il tricipite, con gli esercizi che lo coinvolgono maggiormente quali: french press, estensioni con un manubrio sopra la nuca, french press ibrido pullover. Abbinando un volume maggiore rispetto a quello canonico ed una buona programmazione in cui vi era anche l’obiettivo di aumentare i carichi (visto che il capolungo risponde bene a tensioni elevate), ho riscontrato grandi miglioramenti, soprattutto enfatizzando il lavoro in allungamento con dei brevi fermi, così da evitare di sfruttare la forza di inerzia.

Di seguito vi lascio l’elenco completo degli esercizi che vanno a colpire al meglio i vari capi…                        

Capo lungo: Estensioni su panca EZ,Estensioni sopra la testa con manubrio,Estensioni ai cavi con barra presa stretta,Pullower presa stretta con bilancere ez.

Capo medio: Estensioni dietro la nuca con bilanciere, Estensioni in basso ai cavi a un braccio presa prona, Panca strettaEstensioni dietro con manubrio, Lento dietro.

Capo laterale: Estensioni cavi barre dritta presa stretta, Estensione cavi a un braccio in pronazione, Estensioni con la corda sopra la testa, Panca stretta, Lento dietro, Estensioni dietro con manubrio, Estensioni con manubrio da sdraiato,Estensioni dietro la nuca con bilanciere.

Tutti e tre i capi: Estensioni panca declinata con ez, Estensioni su testa manubrio con rotazione, Estensioni in basso con corda ai cavi, Estensioni in basso ai cavi con impugnatura angolata, Estensioni in basso a un braccio presa supina, Flessioni parallele, Dips.

Quindi per chi come me ha le braccia carenti è bene che provi un programma di specializzazione per i tricipiti e ciò può essere fatto in svariati modi… Aumentando il volume allenamento che hanno rispetto agli altri muscoli e quindi generando maggiore stress, aumentare le frequenza, tre, quattro, cinque volte a settimana (provatele tutte), allenarli per primi nella seduta così da poter rendere al massimo, utilizzare svariati esercizi ed impostare una progressione. Ovviamente per quanto riguarda atleti natural sarà improbabile riuscire a portare avanti anche gli altri gruppi con un programma di specializzazione, infatti sarà opportuno metterli in stand-by, ovvero in mantenimento.

Ricapitolando provate ad aumentare volume, frequenza, carichi, giocare coi tut e focalizzarvi su esercizi ottimali per il capo che volete lavorare, sperimentando troverete l’approccio adatto a voi.

DELTOIDI, COME ALLENARLI

I deltoidi sono dei muscoli molto ambiti nel bodybuilding, giocano un ruolo fondamentale per ottenere la tanto agognata v-shape e rendono impressivi alla vista, sono un muscolo che muove tutto il complesso articolare grazie ai suoi tre capi. Prendono il nome dalla sua forma a delta che ne conferisce caratteristiche a livello biomeccanico davvero peculiari.

 I tre capi aventi origini scheletriche differenti trovano inserzione tramite un tendine comune a livello della tuberosità deltoidea dell’omero ed hanno funzioni differenti:

-Deltoide anteriore o clavicolare, origina dal terzo laterale della clavicola, flette e intraruota l’omero e lo abduce con le sue fibre più vicine al deltoide intermedio.

-Deltoide intermedio o acromiale, origina dall’acromion della scapola e abduce l’omero con la totalità delle sue fibre muscolari;

-Deltoide posteriore o spinale, origina dalla spina della scapola, estende ed extraruota l’omero, lo abduce lungo il piano trasversale, lo abduce lungo il piano frontale con le sue fibre più vicine al deltoide intermedio e lo adduce con le sue fibre più lontane dal deltoide intermedio.

In base alla posizione di partenza dell’omero, le porzioni che lo compongono possono cambiare funzione e intervenire in maniera differente nella biomeccanica dell’abduzione:

-Se l’omero parte in extrarotazione il deltoide anteriore è il principale abduttore, coadiuvato dal deltoide intermedio;

-Se l’omero parte in posizione neutra il deltoide intermedio è il principale abduttore, coadiuvato dal deltoide anteriore e posteriore;

-Se l’omero parte in intrarotazione il deltoide posteriore è il principale abduttore, coadiuvato dal deltoide intermedio.

NON BASTA UN SOLO ESERCIZIO PER COINVOLGERE TUTTI I CAPI

Come si evince dalla foto e quanto scritto sopra quindi i capi del deltoide svolgono movimenti differenti, di conseguenza andranno stimolati con esercizi specifici. Sicuramente tra gli esercizi più utilizzati ci sono le alzate laterali, frontali e posteriori, queste coinvolgono in modo diretto tutti e tre i capi del deltoide. Allora perché vengono eseguiti anche altri esercizi come le distensioni con manubri o bilanciere sopra la testa? Questo perché non sono sufficienti solamente quei tre esercizi visto che limitano troppo il carico utilizzabile, al contrario degli over head press (che coinvolgono molto il capo frontale). Con i press per il gran pettorale, soprattutto su panca inclinata viene coinvolto ampiamente il capo anteriore e talvolta non è nemmeno necessario stimolarlo direttamente, ma vediamo più nello specifico i vari capi del deltoide:

CAPO LATERALE (intermedio o acromiale): permette di abdurre l’omero, le alzate laterali sono appunto la massima espressione in quanto ad esercizi per svolgere la funzione per cui è stato concepito questo fascio muscolare. Le alzate laterali andrebbero eseguite a braccia semiflesse, intra o extraruotando leggermente vi è un maggior coinvolgimento del deltoide anteriore o frontale. Il ROM di lavoro del capo laterale è piuttosto limitato e finisce una volta che l’omero con l’abduzione arriva a formare un angolo di 80 gradi col tronco, per proseguire oltre l’omero va a richiedere l’intervento degli elevatori della scapola, quindi non è necessario arriva a 90 gradi o oltre, anzi, sarebbe controproducente. Esistono poi anche altre varianti come le alzate laterali singole su panca inclinata, ottime per sfruttare anche la prima porzione di rom in modo da sfruttare tutte le fibre, oppure la variante al cavo basso. Una valida alternativa alle alzate laterali o comunque da integrare nella seduta, sono le tirate al petto, che grazie agli angoli di lavoro differenti e l’intervento maggiore delle braccia e degli elevatori della scapola permettono di utilizza un carico maggiore, quindi potrebbe essere anche una buona idea inserirlo prima delle alzate laterali per sfruttare il maggior carico possibile. È importante arrivare fino al petto e non oltre, utilizzando una presa ampia circa quanto le spalle e pensare di abdurre il gomito e non di tirare con la mano, in quanto le tirate al petto sono praticamente delle alzate laterali a braccio flesso.

CAPO FRONTALE (anteriore o clavicolare): permette di flettere e intra ruotare l’omero e lo abduce con le sue fibre più vicine al deltoide intermedio, infatti l’esercizio che più rispecchia la funzione per cui è nato sono le alzate frontali. Questo capo, viene però ampiamente coinvolti in tutti i tipi di press come ad esempio la panca piana, per questo talvolta non viene nemmeno stimolato direttamente. Le alzate frontali sono utilizzate frequentemente e possono essere eseguite sia con cavi, che con bilancieri o manubri, durante l’esecuzione il gomito rimane leggermente flesso come per le alzate laterali ed il movimento ha un ROM che permette di arrivare fino ad un angolo di 90 gradi. È importante durante l’esecuzione evitare di sfruttare la forza d’inerzia per sollevare il carico con slanci, sarebbe opportuno partire lentamente e poi accelerare. Si possono utilizzare leggere intra rotazioni durante l’esecuzione se svolta coi manubri, per enfatizzare l’accorciamento, HO DETTO LIEVE, un’esasperazione del movimento potrebbe portare ad infortuni.

CAPO POSTERIORE (o spinale): Per stimolare questo capo abbiamo le alzate prone, che possono essere svolte in piedi oppure seduti su una panca col busto flesso a 90 gradi, o ancora sdraiati su una panca inclinata a 30 gradi. Queste, come le altre due “alzate” rispecchiano a pieno lo scopo per cui è stato concepito il deltoide, il movimento eseguito è un’abduzione lungo il piano trasversale, anche qui va tenuto il gomito semi flesso, così da non sovraccaricare eccessivamente l’apparato legamentoso ed è opportuno non sfruttare la forza di inerzia slanciandosi col corpo per sollevare il carico. È un esercizio svolto frequentemente in modo errato in quanto si tende ad “aprire indietro e non in avanti”, bisogna mantenersi sempre lungo il piano trasversale coi gomiti alla stessa altezza delle spalle, mai tenere i gomiti sotto la linea delle spalle. È consigliabile eseguirle con rotazione neutra nonostante l’Intra rotazione favorisca il coinvolgimento del capo posteriore, questo perché si alza il rischio di infortuni. Il deltoide posteriore viene ampiamente coinvolto in molti esercizi di tirata per il gran dorsale, per questo talvolta non viene stimolato quando non è carente. Spesso viene collocato a fine seduta di dorso per sfinirlo maggiormente e non doverlo nemmeno scaldare, in questo modo si riduce anche lo stress sistemico. Il deltoide posteriore risponde bene ad alto volume e recuperi brevi, quindi è un’ottima idea utilizzare molti sets ad alte ripetizioni con recuperi di 30/45 secondi circa.

TRAPEZIO INFAME PER TE SOLO LAME

Gli esercizi per i deltoidi, o meglio le tre “alzate” che abbiamo appena visto sono piuttosto difficili da eseguire in modo corretto nonostante i movimenti siano molto semplici, questo perché il trapezio funge da elevatore della scapola. Spesso gran parte del movimento, soprattutto quando il carico è al di sopra delle proprie possibilità, viene svolta proprio dal trapezio, che elevando la scapola da l’illusione di aver sfruttato tutto il rom utile del deltoide. Il trapezio ha un’inserzione in comune col deltoide, i movimenti di abduzione coinvolgono infatti entrambi questi muscoli. La differente attivazione di questi muscoli è causata principalmente dalla variazione dell’angolo di movimento, nei primi 80/90° di abduzione circa si ha la maggior attivazione del deltoide a discapito del trapezio che ha invece attivazione maggiore negli angoli superiori a 90°, questo però quando si utilizza un peso adeguato alle proprie capacità. Quindi è fondamentale mettere da parte l’ego in questi esercizi per avere una buona resa in termini ipertrofici, anche perché l’idea di sollevare carichi elevate nelle alzate laterali non penso possa dare soddisfazione, per caricare piuttosto utilizziamo delle distensioni coi manubri o bilanciere sopra la nuca.

QUINDI PER LE SPALLE NON SERVE UTILIZZARE GRANDI CARICHI?

Si e no…. Nonostante gli esercizi sopracitati siano ottimi per il deltoide, questo rimane un gruppo muscolare come gli altri, ovviamente il rapporto tra i vari tipi di fibre (bianche e rosse) è differente, però richiede lo stesso tutti i tipi di stimoli. Qui arrivano in nostro aiuto per “caricare pesoni” le distensioni sopra la testa con manubri o bilanciere, un esercizio che si presta benissimo ad essere svolto con carichi elevati, infatti è un esercizio multiarticolare. Questo esercizio va a coinvolgere il deltoide a 360 gradi, ma la maggior parte del lavoro rimane a carico del capo anteriore, durante la sua esecuzione intervengono anche i fasci clavicolari del petto, un altro motivo oltre gli angoli di lavoro, per cui permette di utilizzare carichi elevati. Proprio per questo non dovrebbe mai mancare in una routine di spalle, generalmente viene inserito ad inizio seduta, quando si è ancora freschi per poter utilizzare il carico più alto possibile, oppure a fine seduta, ma non manca di vederlo utilizzare anche a metà allenamento.

ESEMPIO DI ROUTINE COMPLETA PER I DELTOIDI

4X6/8    OVER HEAD PRESS MANUBRI 120” PAUSA

3X20     ALZATE FRONTALI SUPINO SU PANCA 45 GRADI  60” RECUPER

5X10     ALZATE LATERALI SINGOLE CON FIANCO SU PANCA 45 GRADI 30” RECUPERO

5X20     ALZATE A 90° CON MANUBRI A MARTELLO 30” RECUPERO

COME ALLENARE I FEMORALI

I famosi femorali, muscolo tanto bello ed importante quanto poco considerato, regala tridimensionalità ed impressività alla gamba. Per un bodybuilder è fondamentale avere dei femorali ben sviluppati, così da avere una coscia voluminosa in quanto da soli danno anche 5/10kg di massa. Come dico le gambe in gara fanno il 50% del risultato.

ANATOMIA

I muscoli flessori del ginocchio comprendono bicipite femorale, semimembranoso, semitendinoso e sartorio, svolgono appunto la funzione di FLESSORI del ginocchio, avvicinando la tibia alla coscia (il classico movimento che si svolge alla leg curl). I muscoli flessori si originano dal cingolo pelvico e si estendono lungo le superfici posteriori e mediali della coscia inserendosi sulla tibia e la fibula. Bicipite femorale, semitendinoso e semimembranoso, definiti anche muscoli posteriori della coscia originano a livello della tuberosità ischiatica e la loro contrazione prova estensione a livello dell’anca, infatti sono definiti muscoli biarticolari. Il BICIPITE FEMORALE esteticamente migliora la fascia esterna posteriore della coscia, SEMITENDINOSO E SEMIMEMBRANOSO migliorano la fascia interna posteriore della coscia.

EGOLIFTING IS THE WAY

I flessori del ginocchio sono muscoli che rispondono bene ad alti carichi, in quanto presentano un’alta quantità di fibre veloci (fibre bianche e sono gli stessi che ci permettono di rimanere eretti), infatti la maggior parte degli esercizi che li coinvolgono permettono di caricare svariati kg sul bilanciere. È bene quindi nella seduta stimolarle in modo completo tutte le componente muscolari, quali miofibrilla, sarcoplasma e capillari, ma è bene dare uno stimolo prevalentemente meccanico per ricercare ipertrofia, in quanto è un muscolo che si presta bene a ciò. Come per i polpacci che presentano molte fibre lente (rosse), essendo nati per portarci in giro e quindi essere sottoposti a sforzi di lunga durata, vengono allenati ad alto volume. Quindi sarebbe opportuno nella maggior parte degli esercizi non superare le 8/10 ripetizioni.

ALLUNGA E ACCORCIA

Nell’allenamento per i femorali risulta poi fondamentale inserire sempre almeno due esercizi che diano focus rispettivamente, uno all’accorciamento ed uno allungamento. Quindi risulta logico che la leg curl e lo stacco a gambe semi tese, o il good morning, o un’iperestensione al GHD non possono mai mancare. Questo perché il ROM attivo in cui vengono coinvolti i femorali è davvero ampio ed è necessario segmentarlo in più porzioni, per poi andare ad allenare le fibre che le compongono con esercizi differenti. Ciò è importante perché altrimenti se utilizzassi solo uno stacco da terra ed una leg curl, parte delle fibre rimarrebbe quasi deallenata, visto che in nessuno dei due esercizi è presente una forte componente di stretch muscolare.

CONSIDERIAMO ENTRAMBI GLI SCHEMI MOTORI

È poi necessario nella scelta degli esercizi ricordarsi di inserire sia esercizi che estendono l’anca, sia esercizi che flettono il ginocchio per coinvolgere tutti i posteriori della coscia, basti pensare per capirne il motivo che la leg curl utilizza il femorale, il sartorio e il gracile e lo stacco a gambe semi tese utilizza l’adduttore, il bicipite femorale e il  semitendinoso.

ALLUNGAMENTO MUSCOLARE ED ECCENTRICA

Un altro fattore da tenere in considerazione per allenare i femorali in modo completo è di sfruttare la componente di stretch muscolare che possono regalare appunto stacchi GT, good morning, iperestensioni al GHD e compagnia bella, in quanto facilitano il reclutamento di fibre. È bene ricordare che il gruppo muscolare che si attiva per primo all’inizio della fase concentrica, sarà quello di cui si recluteranno più facilmente le fibre. Proprio per questo motivo bisogna sfruttare al meglio lo stretch in fase eccentrica. Ovviamente per fare ciò è importante eseguire una fase eccentrica controllata, altrimenti nell’inversione da eccentrica a concentrica si rischia di perdere la lombare andando di conseguenza a perdere anche molta tensione sui posteriori della coscia.

RIPOSO

Vista l’alta presenza di fibre bianche (veloci) sono muscoli che necessitano di molto recupero, quindi è sconsigliabile, se allenati correttamente, andare oltre le due sedute settimanali, ovviamente ciò è molto generico e si rifà all’utente medio della sala pesi, le eccezioni possono sempre esserci.

AUMENTARE IL ROM

Nel caso si pecchi di mobilità può correre in aiuto la stessa tecnica utilizza per aumentare il rom negli esercizi di stretching, ovvero allungare i muscoli antagonisti, in questo caso i quadricipiti. È importante avere un buon Range Of Motion da sfruttare per allenare tutte le fibre dei posteriori della coscia in modo completo.

QUALCHE TIPS

In caso di carenza o scarsa attivazione potrebbe tornare utile allenarli come primo gruppo della seduta e sfruttare dei lavori di preattivazione o dei superset come leg curl seguita da stacchi a gambe semitese. La leg curl instaurerà un buon feeling con i femorali, di conseguenza l’attivazione sarà più facile negli stacchi a gambe semi tese.

UN ESEMPIO DI SEDUTA

Un allenamento molto semplice ma completo per i femorali potrebbe essere:

  • Stacchi da terra 4×4/6 con 2/3 minuti di recupero
  • Stacchi a gambe semi tese su rialzo 4×8/10 con 90 secondi di recupero
  • Leg curl 4×20/15 con 1 minuto di recupero

Con una seduta del genere verrebbero allenati in modo completo tutti i posteriori della coscia, sfinite tutte le fibre muscolari che intervengono nelle varie porzioni di rom e dato uno stimolo completo, sia miofibrillare che sarcoplasmatico.