PANCA PIANA

Lavorando ormai da svariato tempo nell’ambito fitness ho avuto la possibilità di notare quanto l’esecuzione della panca piana venga storpiata, in palestra vi è la possibilità di osservare qualsiasi tipo di esecuzione fuorché quella corretta, salvo in rari casi.
Aggiungiamo a tutto ciò che gli utenti che eseguono in modo scorretto questo esercizio sono anche quelli che si lamentano dei frequenti dolori alla cuffia dei rotatori.
Questo dolore è giustamente causato da un sovraccarico innaturale a cui vengono sottoposte le spalle come conseguenza di un’errata tecnica di esecuzione.

video tutorial panca piana

Muscoli coinvolti

La panca piana permette di sollevare carichi molto elevati, ciò grazie anche alla moltitudine di muscoli coinvolti oltre al petto.
I muscoli principalmente coinvolti nell’esecuzione della panca piana sono:

-Gran pettorale: Questo è il gruppo principe coinvolto nell’esecuzione di questa alzata, che copre la maggior parte (o perlomeno dovrebbe) del lavoro svolto.

-Deltoide: Principalmente i fasci mediali ed anteriori, questi due fasci muscolari agiscono da propulsori quando il bilanciere raggiunge il petto. È importante ricordare che in base alla conformazione del soggetto il deltoide può diventare o meno il principale motore di spinta nella panca piana, mentre il petto rimarrebbe a svolgere una semplice funzione stabilizzatrice.

-Tricipite: L’azione del Tricipite brachiale durante l’esecuzione della Panca Piana risiede nel coadiuvare l’estensione dell’omero in particolare negli ultimi gradi di estensione del gomito.

I muscoli secondari coinvolti nell’esecuzione della panca piana invece svolgono prettamente un lavoro di stabilizzazione e sono:

-Il Gran Dorsale:Per quanto concerne la Panca Piana, il Gran Dorsale adduce, estende e ruota internamente l’omero, ma partecipa anche all’estensione del tronco ed alla retroposizione della spalla.

-il Trapezio:Inutile specificare che il Trapezio (insieme all’Elevatore della scapola) è responsabile di quella fastidiosissima sensazione che molti incontrano nell’esecuzione della Panca Piana: scomodità nel trovare il setup,

-il Bicipite:Interessando l’articolazione della spalla, la Panca Piana non può evitare di coinvolgere il muscolo Bicipite Brachiale.

-i muscoli del bacino e degli arti inferiori, che agiscono da “arco dinamico”

ARCO

L’esecuzione della panca piana prevede innanzi tutto la presenza “dell’arco”, che non deve essere estremizzato, se non per necessità, come si vede fare a molti atleti nel panorama della forza.
La presenza dell’arco a livello lombare è fisiologica e deve essere presente, ciò è dovuto al corretto settaggio in preparazione all’alzata, in quanto l’adduzione e depressione scapolare porta il corpo a trovarsi con una leggera curva lombare.
Questa, unita all’adduzione e depressione scapolare permette alle spalle di trovarsi in una posizione per cui l’alzata risulta molto più gentile a livello articolare.
Il risultato è quindi un “arco” unico, che parte dalla zona del trapezio (a contatto con la panca) e termina con i glutei, anch’essi appoggiati alla panca.

Partendo dalla testa, sul rachide notiamo:

-rettilineizzazione della fisiologica lordosi cervicale

-riduzione della altrettanto naturale cifosi dorsale

-eventuale accentuarsi della lordosi lombare (non sempre presente)

La schiena presenta un assetto in estensione rispetto alla posizione che, ad esempio, manterrebbe in condizioni di riposo.

SCAPOLE

Le scapole, quando si parla di Panca Piana, vengono spesso citate come principali responsabili della bontà del movimento, tutto ciò è vero, ma fino ad un certo punto.
Il loro comportamento deve essere sempre considerato in relazione all’assetto di estensione del torace (arco) e al punto dell’alzata a cui facciamo riferimento.
In Panca Piana, le scapole devono potersi muovere in modo sincrono rispetto alla discesa del bilanciere.
Le scapole non vanno mai forzate in una posizione artificiale, ma accomodate in un’adduzione e una depressione prettamente soggettive e soprattutto relazionate alla capacità di estendere il torace.
All’adduzione e depressione scapolare non va mai associata alcuna percezione di irrigidimento o accorciamento muscolare.
Le scapole devono potersi muovere durante la discesa e la salita del bilanciere, senza essere bloccate o eccessivamente stabilizzate in modo artefatto.

PRESA
L’ampiezza è un fattore totalmente soggettivo, che varia in base alla conformazione del soggetto ed alla predominanza dei gruppi muscolari coinvolti. La larghezza della presa va di conseguenza a mutare la traiettoria del bilanciere, una presa più larga porta ad una traiettoria più perpendicolare al pavimento.

LEG DRIVE

Apriamo subito una piccola parentesi prima di parlarne, la panca piana eseguita col leg drive NON fa male alla schiena.
Chiunque abbia studiato un minimo di biomeccanica e sia dotato di capacità logica può ben intuire che la pressione a carico dei dischi vertebrali in posizione di clinostatismo supino è minore rispetto a tutti gli altri posizionanti del tronco, come ad esempio la postura ortostatica o seduta.
Detto ciò torniamo al leg drive, il leg drive è quella tensione presente negli arti inferiori in TUTTE le fasi di esecuzione della Panca Piana, permette di avere un appoggio solido e costante grazie al piede a terra. I piedi però, per poterlo sfruttare a pieno devono essere nella posizione corretta, così che possano esercitare una pressione costante.

ERRORI COMUNI

Sono tanti gli errori che si possono vedere in palestra dall’utente medio, dall’anteposizione delle spalle all’anteroversione del bacino, ma vediamoli più nello specifico….

ANTEROVERSIONE DEL BACINO

Per compensare una mancata mobilità toracica, è spesso osservabile il tentativo di contrarre intensamente i muscoli lombari. I muscoli lombari e paravertebrali non devono essere chiamati eccessivamente in causa durante l’esecuzione della Panca Piana, pena la perdita di controllo del bilanciere ad alto carico.

BILANCIERE CHE APPOGGIA NELLA ZONA DEL COLLO (CLAVICOLE)

Il bilanciere non deve mai arrivare alla base del collo, altrimenti si andrà incontro ad un forte stress dei legamenti gleno-omerali.

Portare il bilanciere in alto sul torace permette effettivamente di allungare i pettorali in modo maggiore rispetto a quanto concesso da altre traiettorie.

Tuttavia, ciò non è rilevante: in Panca Piana il fattore principale è l’integrità strutturale, unita ad un lavoro SINERGICO della muscolatura.

Lo stretching del tessuto connettivo dei pettorali potrebbe offrirti sì una percezione di lavoro e isolamento, ma questo non avrà incidenza sulla crescita muscolare effettiva.

INSPIRARE DURANTE LA FASE ECCENTRICA

È un errore piuttosto grossolano, questo perché inspirando il torace modifica il suo assetto, è quindi opportuno iniziare la fase eccentrica dopo aver preso fiato.

CULO ALZATO

Situazione che si verifica veramente di frequente, è dovuta alla mancanza di una forza adeguata al carico che si cerca di sollevare, sollevando il culo dalla panca si va a cambiare l’assetto e ci si trova in una posizione più “favorevole” per sollevare qualche kg extra sul bilanciere.

CONCLUSIONI

Come ampiamente esposto, la Panca Piana non è un elenco di “regolette” da rispettare, ma un insieme di fattori da tenere monitorati in contemporanea e un insieme di atteggiamenti consequenziali l’uno all’altro.
Si tratta di un esercizio piuttosto complesso, che richiede di memorizzare molteplici nozioni, che però vanno anche applicate.
Infatti a differenza dell’immaginario comune, la panca piana è un esercizio davvero molto complesso e che andrebbe imparato a dovere prima di cercare di sollevare cariconi senza controlli, per evitare l’insorgere di infortuni e per renderlo produttivo.
Quindi memorizzate bene queste nozioni base ed applicatele, la rese a livello prestativo ed ipertrofico ne gioverà molto.

SQUAT: THE BIG LIFT

Lo Squat è un esercizio multiarticolare che permette di allenare la muscolatura degli arti inferiori (glutei, quadricipiti e femorali). Lo Squat consiste nel movimento di accosciata, ovvero il piegamento sulle gambe. Lo squat viene anche utilizzato in ambito clinico e riabilitativo per il rafforzamento dei muscoli degli arti inferiori e dei tessuti connettivi in seguito ad infortuni. E’ usato soprattutto come trattamento terapeutico per lesioni ai legamenti, disfunzioni patellofemorali, instabilità della caviglia. Pur mostrando numerosi benefici sia ipertrofici che riabilitativi NON è un esercizio adatto a tutti, nessuno esercizio in fondo lo è. Si parte, inizialmente, in piedi, con spalle, bacino e caviglia allineati sullo stesso asse, in posizione eretta. Attraverso la flessione simultanea di anca, ginocchio e caviglia si raggiunge la posizione di accosciata. Durante il movimento di accosciata vengono coinvolti anche i muscoli abduttori e adduttori, soprattutto in relazione alla profondità e al range di movimento, insieme ai muscoli soleo e gastrocnemio che regolano il comportamento della caviglia in relazione al grado di estensione del ginocchio. Stimola inoltre i muscoli erettori spinali, il traverso dell’addome e gli obliqui. E’ stato dimostrato che sono circa 200 i muscoli che vengono più o meno attivati durante l’esecuzione dello squat.

Uno Squat ben eseguito è in grado di allenare la muscolatura.

Un’esecuzione corretta dello Squat è di grandissima importanza, sia per evitare di incorrere in infortuni, sia per poter progredire coi carichi e renderlo efficace a fine ipertrofico. Il classico back squat, quindi quello eseguito col solo bilanciere, è da prediligere alle varianti come quella al multipower in quanto permette il mantenimento delle CURVE FISIOLOGICHE della schiena, come conseguenza di un movimento libero da vincoli esterni. Lo squat libero permette anche l’acquisizione di ABILITÀ MOTORIE, diventando COORDINATO. Puoi scolpire il tuo corpo solamente se sei bravo a muoverlo.

Dove guardare quando si squatta?

Donnelly et al. in uno studio condotto nel 2006 non hanno evidenziato differenze sull’esecuzione o sulla performance durante lo squat quando si posiziona lo sguardo in avanti o verso l’alto. Al contrario, guardare in basso mentre si esegue uno squat aumenterebbe i gradi di flessione del tronco e dell’anca aumentando le forze che gravano su di essi e quindi anche i rischi di infortunio. Secondo Francouer sarebbe opportuno guardare un punto ben preciso durante l’intero movimento, questo aiuterebbe a tenere la testa su senza abbassare lo sguardo. È bene ricordare che anche lo posizione della testa è importante, bisogna mantenere un assetto neutro in quanto un eccessiva estensione cervicale potrebbe essere causato da un deficit di estensione toracica.

Il terreno sotto i piedi non deve mancare.

È fondamentale che il piede rimanga ancorato a terra durante tutto il movimento, senza alcuno sbilanciamento su avampiede o tallone, mantenendo inalterato l’appoggio a terra vi è un maggiore sviluppo muscolare, di coordinazione e di controllo. È importante, durante l’esecuzione, focalizzarsi sul mantenere una stabilità ed una pressione costante sul terreno, in quanto uno sbilanciamento su tallone o avampiede, oltre ad essere deleterio per le articolazioni, porterebbe ad escludere parzialmente l’intervento della catena cinetica posteriore (se finisco sulle punte), o anteriore (se finisco sui talloni). La posizione dei piedi è soggettiva, un soggetto col bacino largo o il femore lungo utilizzerà una stance ampia, viceversa un soggetto col bacino più stretto o il femore corto, questo per permettere l’incastro in buca. Può tornare utile una piccola extrarotazione del piede per permettere al corpo di lasciar scorrere in fisiologia la testa del femore rispetto al bacino. È importante osservare un soggetto in posizione eretta perché ci permette di capire quale sia la posizione più naturale a lui per mantenersi in equilibrio. La posizione dei piedi da adottare durante lo Squat molto probabilmente sarà simile a quella adottata dal corpo in quella circostanza. Esempio:

  • se un soggetto in posizione eretta avrà i piedi molto dritti, allora probabilmente quando farà Squat non dovrà discostarsi più del dovuto da quella posizione.
  • Un soggetto che tiene i piedi molto “a papera” (come il sottoscritto che ha i piedi piatti) quando è in piedi, con ottima probabilità deve assumere una posizione con i piedi e di conseguenza i femori extraruotati.

Altra cosa importantissima di cui tenere conto nello squat è di scaricare il peso al centro del piede per i motivi sopracitati. È infatti consigliabile di imparare inizialmente lo squat scalzi o con delle suole piatte, meglio evitare scarpe da ginnastica o tecniche (quelle col tacchetto), perché non permetterebbe di percepire al meglio il terreno e di imparare a mantenere il piede saldo a terra.

Le ginocchia non devono mai andare oltre le punte dei piedi

Una delle frase più ripetuta e più falsa mai sentita, assieme a molte altre come “ devi serrare bene le ginocchia a fine concentrica” che hanno portato da un’idea dello squat totalmente errata e troppo generalizzata. L’articolazione del ginocchio è la più grande e strutturalmente più complessa dell’organismo. Essa comprende l’articolazione tibio-femorale che, sul piano sagittale, permette un movimento da 0° a circa 160°. Essa comprende sia l’osso della tibia che del femore. Durante il movimento è visibile una rotazione assiale, con il femore che tende a ruotare lateralmente durante la flessione e medialmente durante l’estensione rispetto alla tibia. All’articolazione tibio-femorale assiste anche l’articolazione patello-femorale (o femoro-rotulea) nella quale la rotula scivola oltre la superficie trocleare del femore durante la flessione e l’estensione del ginocchio.  È essenziale evitare di creare blocchi meccanici e TORSIONI ARTICOLARI a carico del ginocchio. Il corretto posizionamento dei piedi determina l’assenza di stress a carico del ginocchio. Qualsiasi tipo di blocco articolare dato da un’estremizzazione non permetterà al corpo di progredire. Per risolvere molto in fretta il dubbio su come devono andare le ginocchia basta far seguire la stessa direzione in cui si “guarda” la punta dei piedi. Infatti la maggior parte degli infortunei alle ginocchia (e non solo) nello squat è data da un errata aderenza del piede al terreno. Questo articolo infatti dimostra che lo squat è un’esercizio sicuro se eseguito correttamente: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/11194098/ quando siamo in piedi prima di scendere, è importante che non ci sia nessun tipo di tensione muscolare da parte dei quadricipiti e dei glutei in modo da permettere uno scorrimento fisiologico delle articolazioni senza freni inibitori. Invece un’attivazione di quadricipiti o glutei esasperata non permette il fisiologico allungamento degli stessi nella fase di discesa, causando tensioni tendinee in prossimità delle ginocchia. Per approfondire l’analisi muscolo–legamentosa a carico del ginocchio vedere: https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0021929096001194 )

La schiena deve stare dritta come se avessi un pale nel ****

La posizione che deve assumere la schiena durante l’alzata è stata a lungo dibattuta come per le ginocchia. Il posizionamento della schiena in partenza deve essere il più simile possibile a quello che si ha quando in posizione eretta, ovvero quando ci si trova in piedi senza un sovraccarico esterno. Il mantenimento delle curve fisiologiche è essenziale quando ci si approccia ad uno Squat. È bene evitare di stravolgere il proprio assetto in presenza di un sovraccarico esterno, il corpo si muovo bene e in sicurezza, quando tronco e arti giacciono in una posizione che non si allontana troppo da quella mantenuta nella vita di tutti i giorni. Durante la discesa è bene limitare l’inclinazione in avanti della schiena, sul piano sagittale, questo però non deve portare all’errore opposto esasperando la verticalità del busto. La nostra colonna vertebrale è fatta per reggere carico senza discostarsi dalla posizione di NEUTRALITÀ in quanto non avrebbe modo di ammortizzare altrimenti. Per mantenere la colonna in una posizione ideale è infatti importante scaricare il peso sul piede in modo corretto. In risalita ovviamente la schiena non deve vedere alcun tipo di flessione. Un buono Squat prevede il mantenimento dello stesso assetto in termini di inclinazione del busto e curve fisiologiche da inizio a fine movimento. La stabilità del “core” risulta fondamentale per ridurre al minimo i rischi di infortunio. Diversi studi infatti hanno dimostrato che una ridotta stabilità del core, soprattutto nelle donne, aumenterebbe i rischi di infortunio (Leetun et al.,2004). L’addome ha l’importante funzione di aumentare la stabilità della colonna attraverso la co-contrazione coi muscoli lombari. La stabilità quindi nello squat è garantita dall’utilizzo della muscolatura intorno alla zona lombare. Di conseguenza quando questa viene a mancare sarebbe opportuno lavorare in modo diretto i gruppi muscolari interessati per avere poi un beneficio sull’alzata.

Lo squat quindi se eseguito rispettando quanto scritto sopra non risulta essere un esercizio pericoloso, anzi, tutto il contrario! In uno studio riguardante la prevenzione delle lesioni del legamento crociato anteriore nel calcio, vediamo come spesso le cause siano di natura intrinseca (e non da contatto), ovvero errate sinergie muscolari o lassità articolari che portano all’impossibilità di una corretta gestione delle forze di taglio e quelle in torsione (per l’articolo https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19452139 ).

Nello squat bisogna scendere sotto il parallelo.

Una frase che ormai rimbomba nella testa di chiunque, ma cosa significa scendere sotto il parallelo? Significa trovarsi a fine eccentrica con l’anca più bassa rispetto al ginocchio. Se è vero che scendere sotto il parallelo è importante per una serie di fattori, è anche vero che molti soggetti non riescono ad affrontare tutta la discesa rispettando il corretto assetto fisiologico. Tra i fattori che ne limitano la completezza del gesto è possibile trovare:

  • Un’eccessiva rigidità miofasciale, dovuta spesso ad una mancata elasticità in determinati gradi di movimento richiesti dal movimento di accosciata. In questo caso potrebbe tornare utile uno stretching delle zone che limitano il corretto assetto sotto carico.
  • Una mobilità articolare ridotta, spesso alimentata da un errato assetto sotto carico (mi rivolgo a tutti i bodybuilder, basta squattare col culo, o le vostre accosciate saranno sempre più orribili).
  • Mancanza di coordinazione, questo per fortuna è il fattore meno problematico da risolvere con un lavoro adeguato sulle proprie abilità motorie.

È importante eseguire uno squat sotto il parallelo sia per attivazione muscolare che a fine ipertrofico. Gli errori dello squat possono avere origine diversa: neuromuscolari, di stabilità e forza, di mobilità.

1.PARTE SUPERIORE -Posizione della testa -Posizione del torace -Posizione del tronco
2.PARTE INFERIORE -Posizione dell’anca -Posizione del ginocchio -Posizione della tibia -Posizione dei piedi 3.MOVIMENTO -Discesa -Profondità -Risalita

Prima dell’esecuzione è consigliato inalare circa l’80% di aria della massima capacità di inspirazione e bloccare il respiro durante la discesa per aumentare le forze intra-addominali e migliorare quindi la stabilità della colonna vertebrale (manovra di Valsalva). La manovra di Valsalva provoca l’aumento della pressione intra-addominale e intra-toracica in questo modo le forze all’interno possono essere distribuite in varie direzioni diminuendo la tensione sui dischi vertebrali e distribuendola sui muscoli, aumentando così la forza e la velocità del movimento. La respirazione compressiva negli esercizi di forza massimale permette un maggiore incremento della forza pari a circa il 10 per cento, mentre andrebbe evitata negli esercizi con più ripetizioni.

Vediamo ora le due tipologie di squat più conosciute:

Squat low bar: La variante con low bar si presta bene ad essere utilizza da soggetti che presentano un atteggiamento cifotico o lordotico troppo accentuati. Il bilanciere viene appoggiato più in basso di quanto avviene negli squat che si vedono più frequentemente (high bar, ma ne parleremo dopo), a livello dell’angolo superiore della scapola. Ciò permette di mantenere il petto più aperto, però porterà ad una maggior flessione del busto, in quanto il peso deve sempre cadere al centro del piede. Per questo è una tipologia di squat da preferire su soggetti avanzati, in quanto la precisione sarà fondamentale visto che il carico graverà maggiormente su bassa schiena. Permette di sollevare più kg in quanto minimizza il braccio di leva durante il movimento (come se si fosse più bassi). Proprio per questo motivo è utile anche per soggetti con femori molto lunghi o con poca mobilità alle ginocchia, in quanto tendono ad avere una maggior flessione del busto rispetto a soggetti brevilinei o con ampia mobilità ed un posizionamento più basso del bilanciere renderà tutto più naturale. Fondamentale non cambiare l’assetto del tronco una volta sollevato il bilanciere dal rack.

Squat high bar: lo squat high bar (o perlomeo il setting) è quello che viene utilizzato più frequentemente, Il bilanciere va posizionato sui trapezi, più precisamente a livello della spina scapolare e NON sul rachide cervicale. In questa variante viene mantenuta molta più verticalità rispetto alla versione low bar e vi è maggior attivazione dei quadricipiti e maggior esclusione della catena cinetica posteriore (femorali e glutei). L’esecuzione a barra alta è quella che più si adatta a soggetti che sono dotati di un’ottima mobilità dell’asse anca-ginocchio-caviglia, in grado quindi di mantenere la verticalità del busto durante l’accosciata. È sicuramente la variante più adatta da insegnare a chi si approccia per le prime volte allo squat in quanto sono presenti meno tensioni sulla schiena, evita che vi siano tensioni nel blocco superiore (cosa normale irrigidirsi quando non ci  si sente sicuri nell’eseguire un esercizio) ed avendo una tecnica più semplice della sua versione low bar è più semplice da apprendere.

STACCO SUMO

LA STACCO È UNA SPINTA, NON UNA TIRATA! Fissatevelo in testa, perché se si commette questo errore si eseguirà in modo errato anche tutto il resto dell’alzata, fatta questa premessa possiamo cominciare. A fine articolo potete trovare il video tutorial dello stacco sumo.

Lo stacco sumo, come il fratello, lo stacco regular, è sempre presente nelle competizioni di powerlifting, non viene utilizzato solo in contesti in cui si ricerca un aumento delle prestazioni, ma anche nel fitness e bodybuilding, ove il fine primo è l’estetica.

MUSCOLI COINVOLTI

Lo stacco sumo coinvolge ampiamente tutta la muscolatura degli arti inferiori, oltre la catena cinetica posteriore della muscolatura del tronco. Tra i muscoli degli arti inferiori maggiormente coinvolti troviamo adduttori, femorali e glutei, vengono coinvolti anche quadricipiti ed il muscolo piriforme vista la sua funzione da extraruotatore dell’anca. Il muscolo piriforme in questa alzata viene largamente sollecitato e potrebbe dar problemi a chi cerca di passare in modo troppo frettoloso dallo stacco regular a quello sumo.

Compiti dei gruppi muscolari coinvolti nello stacco sumo:

Il quadricipite: ha il compito di estendere la gamba.

Il gluteo: ha funzione di estensione del femore, compito che svolge assieme ai femorali.

Il femorale: svolge una funzione sinergica a quella del gluteo, estende la coscia ed allo stesso tempo flette la gamba.

La schiena: svolge un lavoro di isometria per mantenere la neutralità e far sì che le nostre spalle non si stacchino.

Il trapezio: interviene a fine della fase concentrica per permettere di sollevare le spalle.

SETTAGGIO

È importante posizionare i piedi ad un’angolazione ottimale con le tibie attaccate al bilanciere visto che se l’alzata verrà eseguita nel modo corretto il bilanciere scorrerà lungo il corpo. Le punte dei piedi dovrebbero essere extraruotate a circa 80 gradi, le braccia vengono distese verso il basse cercando tenere il petto ben in alto, per fare ciò si dovrebbe scendere mantenendo la schiena perpendicolare al terreno fino a che la nostra mobiltà ce lo permette, dopo di che si dovrebbe flettere la schiena in avanti andando ad afferrare il bilanciere. Le tibie devono mantenere la verticalità ed il bacino si deve avvicinare il più possibile al bilanciere, così da poter mantenere il busto il più dritto possibile.

ESECUZIONE

Lo stacco sumo a differenza del fratello che richiede una buona dose di ignoranza e cattiveria, è probabilmente l’alzata più tecnica presente nel mondo del powerlifting e richiede una discreta mobilità dell’anca. Se non siete in grado di posizionarvi sufficientemente a gambe larghe davanti ad un bilanciere con i piedi rivolti in fuori e di chinarvi per afferrarlo, lo stacco sumo non è per voi. Una volta settati nel modo corretto si inizia a SPINGERE (non tirare), il bilanciere comincia la sua salita, arrivati all’altezza del ginocchio, sempre spingendo verso l’altro si inizierà a verticalizzare il busto “buttando” in avanti l’anca. Sarà opportuno continuare così fino alla fine della fase concentrica in cui si dovranno portare indietro le spalle per chiudere l’alzata e renderla valida. La schiena dovrà essere mantenuta bloccata per tutta la prima metà del movimento come nello stacco regular. Prima di iniziare la fase di spinta sarà opportuno eseguire la manovra di Valsalva per mantenere la compattezza del tronco durante la fase concentrica. La manovra di Valsalva consiste (detto alla buona) nello spanciare riempiendo di aria la pancia.

ERRORI COMUNI

-Spesso si vedono stacchi eseguiti con ripetizioni che terminano con le spalle chiuse in avanti, in questo modo l’alzata non sarebbe completa, è importante portarle indietro a fine concentrica.

-Come già detto in precedenza lo stacco sumo è un’alzata molto tecnica, quindi strattonare il bilanciere in modo brusco è una pessima idea, in quanto l’esecuzione del movimento diventerebbe abbastanza scomposta. È importante partire decisi e poi accelerare.

-Una chiusura eccessiva che potrebbe provocare danni all’esecutore.

-Utilizzare un peso troppo elevato che porti a sollevare per prima l’anca. La salita deve essere fluida e con il tronco fisso fino alla fine della prima metà dell’alzata.

PRESE UTILIZZABILI:

-La presa doppia prona, che permette di mantenere la miglior simmetria del corpo e che è la medesima che anche io sono solito utilizza con l’ausilio delle classiche grips. In questa presa entrambe le mani afferrano il bilanciere con una posizione prona

-La presa mista, sicuramente più salda della doppia prona se eseguita senza supporti. In questa presa le mani sono una in posizione prona ed una in posizione supina.

– l’hook grip, in Italiano presa ad uncino, le mani sono entrambe in posizione prona ed il pollice è stretto tra indice, medio e bilanciere. Utilizzata da pochi atleti in ambito powerlifting, ma da qualsiasi atleta in ambito weightlifting.

SISSY SQUAT

Il Sissy Squat è un esercizio di muscolazione che viene utilizzato per migliorare l’ipertrofia dei quadricipiti ed è anche molto valido, ma è sempre meno eseguito nelle palestre, poiché lo si ritiene dannoso (o potenzialmente dannoso) per l’articolazione del ginocchio. È un esercizio di puro isolamento dei quadricipiti  in quanto va totalmente a tagliare fuori glutei e femorali dal movimento, andando a creare praticamente una sorta di leg extension a corpo libero. Infatti il sissy squat può essere considerato un esercizio monoarticolare, nonostante richieda una forte isometria da parte di tutto il corpo, ciò per evitare che ci si accartocci come fuscelli durante la concentrica, l’unica azione prevista è quella di estensione della tibia.

SISSY SQUAT ALLA VINCE GIRONDA

Il sissy squat si diffuse grazie a Vince Gironda, ideatore della famosa metodica 8×8, questo programma consisteva nella combinazione di alcuni esercizi seguendo quel dato schema di lavoro con tempi di recupero di appena 30”, lui era un sostenitore delle sedute “brevi” 40/60 minuti. Il sissy squat alla gironda si divide in tre fasi:

 –Flessione delle ginocchia con busto in leggera estensione, spalle sopra i talloni.

-Portare i glutei vicino ai polpacci, per poi scendere verso i talloni.

Risalita grazie all’utilizzo dei quadricipiti ripercorrendo la medesima traiettoria, all’inverso.

SISSY SQUAT CLASSICO

Io personalmente non sono amante di questa variante che porta prima dell’inizio della fase concentrica (terza fase) in posizione di “simil squat”, preferisco di gran lunga la versione classica, che salta questa fase di “raddrizzamento del busto”. Questo perché il lavoro a carico dei quadricipiti, soprattutto tra la fine e l’inizio della concentrica è decisamente maggiore.

La variante classica va così eseguita: abbasare il corpo all’indietro mentre le ginocchia si piegano, cercando sempre di mantenere una linea retta con la schiena e le ginocchia. Scendere il più possibile cercando di portare i glutei quanto più possibile vicino alle caviglie, senza perdere l’equilibrio e soprattutto nei limiti della propria mobilità. Durante la discesa i talloni si andranno ad alzare da terra per permettere di arrivare quanto più profondi possibile. Dopo di che risalire spingendo contro il pavimento come a voler distendere la gamba.

FORZE DI TAGLIO

Il muscolo quadricipite si divide  in quattro vasti:

Retto Femorale: origina dalla spina iliaca antero-inferiore e dalla capsula dell’articolazione dell’anca. Da qui scende centralmente e si attacca alla rotula.

Vasto Mediale: origina tra la diafisi e il collo del femore. Si inserisce con un tendine che si fonde con quelli delle altre parti del quadricipite.

Vasto Laterale: origina superiormente dal grande trocantere del femore e dalla superficie anterolaterale del femore e si inserisce alla rotula.

Vasto Intermedio: origina dalla parte superiore della diafisi femorale e termina con un tendine assieme alle altre tre parti.

Fatta questa piccola premessa possiamo parlare delle famose forze di taglio, ovvero quelle forze che agiscono in direzione parallela ad una superficie, mentre la base rimane immobile. La pressione esercitata in un’articolazione sarà data quindi dal risultato di queste forze assieme a quelle applicate perpendicolarmente, ed eventualmente in torsione, è importante capire quali siano i movimenti o gli angoli di lavoro in cui queste forze possono risultare dannose. Il sissy squat sicuramente vede le stesse problematiche della leg extension riguardo le tensioni a carico del legamento crociato anteriore. Chi si allena in palestra corre il rischio di farsi male qualora utilizzasse questo esercizio con un carico troppo elevato, ma è bene sottolineare come utilizzare un carico eccessivo in un esercizio di isolamento sia inutile, poiché la maggior parte del lavoro si effettua con altri esercizi ben più importanti.

Durante l’esecuzione del Sissy Squat mediante l’uso della Roman Chair (QUESTA NON è LA PANCA PER IL SISSY SQUAT, METTETEVELO IN TESTA) le forze di trazione sul crociato anteriore risultano essere particolarmente più impegnative rispetto all’esecuzione più canonica in piedi, è però possibile modulare il coinvolgimento del ginocchio modulando l’inclinazione del busto.

Poi è importante non iniziare subito con alti sovraccarichi ma procedere per gradi, così da educare il corpo a questo stimolo e tensione, evitare cambi di velocità di esecuzione repentini e lo stesso nell’inversione da eccentrica a concentrica, meglio evitare di rimbalzare sfruttando la forza di inerzia, sarebbe bene anche evitare di estremizzare più del dovuto posizioni di accorciamento e allungamento.

SET UP

ùNel set up del sissy squat classico è importante ricercare un appoggio stabile dell’avampiede sul pavimento, partire con le ginocchia leggermente flesse. Nella fase eccentrica è importante ricercare una flessione delle ginocchia sul piano sagittale e mantenere neutrali rachide e bacino. In buca è importante ricercare massima stabilità ed equilibrio, mantenere invariata la posizione del corpo tra ginocchia e spalle. Durante la fase concentrica fondamentale risalire spingendo contro il pavimento, estendere il bacino per estremizzare lavoro dei quadricipiti e del core durante la fase finale di risalita ed arrivare fino a dove vengono mantenute inalterate le pressioni su quadricipiti, quindi un rom parziale.

Nonostante sia un esercizio di isolamento in cui occorra essere cauti visto lo stress a carico di una singola articolazione, il sissy squat si presta bene ad essere sovraccaricato tenendo sul petto un disco oppure come piace a me, riempiendo di pesi un vecchio zainetto ed indossandolo con la parte delle tasche sul petto.

LEG EXTENSION E SISSY SQUAT

Ho già nominato più volte nel corso dell’articolo la leg extensione in quanto come il sissy vieni proposto come esercizio di totale isolamento per i quadricipiti e anche lei a suo volta va a presentare forze di taglio a livello articolari piuttosto elevate. Nonostante ciò viene comunque utilizzata più del sissy squat per pochi semplici motivi… Il primo è che l’esecuzione è veramente semplice e quindi risulta complesso eseguirla in modo errato, al contrario del sissy squat. In secondo luogo la leg ex permette di selezionare il carico ed il rom utilizzabile, cosa che nel sissy squat risulta piuttosto ostica.

Ritengo che questi due esercizi possano e debbano convivere in una stessa seduta, in quanto permettono di segmentare le porzioni di ROM dei quadricipiti in cui ricercare il massimo lavoro, così da sfinire a pieno tutte le fibre muscolari. La leg extension pone il picco di massima contrazione in accorciamento, mentre il sissy squat in allungamento. Un’idea di seduta completa in cui inserirli entrambi potrebbe essere questa:

  • Squat o pressa con un reps range basse così da ricercare uno stimolo meccanico (miofibrillare)
  • Sissy squat con negativa lenta e fermo in allungamento a reps medie, così da ridurre i rischi di un’esecuzione troppo veloce con cambi repentini e da poter enfatizzare il lavoro in massimo allungamento e dare uno stimolo sarcoplasmatico
  • Leg ex a reps alte, così da ricercare lavoro in massimo accorciamento

A mio avviso il sissy squat è un’esercizio fantastico che risulta efficace in svariate occasioni, un MUST HAVE della propria seduta di quadricipiti.

BENVENUTI NEL MIO BLOG

Se ti trovi qui e stai leggendo questo articolo, significa che è la prima volta che visiti il mio blog, quindi ne approfitto per parlarti un po’ del motivo per cui ho deciso di aprirlo.

Tutto è nato in modo molto semplice, ho cominciato a pubblicare su instagram post divulgativi inerenti ad esercizi, metodologie di allenamento, sulla biomeccanica del movimento e svariati altri argomenti. Il problema di instagram però è che ciò che si può scrivere sotto le foto è piuttosto limitato e non mi permetteva di dire tutto quel che avrei voluto, nemmeno continuando il testo nei commenti. Quindi eccoci qui!

In questo blog voglio portarvi contenuti inerenti al mondo del fitness e del bodybuilding per poter rendere le nozioni che lo riguardano più accessibili a tutti e poi perchè oggettivamente mi diverte molto. Potete trovare video del genere, oltre a semplici vlog di allenamento o vita quotidiana, anche nel mio canale youtube di cui vi lascio un video qui sotto.

La mia passione per il bodybuilding è nata qualche anno fa e fin da subito ho iniziato a leggere ed assimilare ogni informazione possibile, infatti ho passato la classica fase iniziale dei mega bibitoni di proteine in polvere in qualsiasi spuntino, dei mille pasti e le caseine prima di dormire per evitare il catabolismo. Sì, purtroppo è capitato anche a me, ma “ehi”, sono cose che succedono.

Spero quindi che ciò possa essere utile ed interessante, ora non voglio tediarvi oltre e vi lascio alla lettura degli articoli.