Il grande pettorale è uno dei gruppi muscolari più ambiti dal sesso maschile ed anche uno di quelli che più comunemente piace allenare, contribuiscono allo spessore del torace ed in parte alla tanto ricercata v-shape. Si estende tra la porzione anteriore del torace e la cresta del tubercolo maggiore dell’omero con la sua tipica forma a ventaglio ed i fasci che lo costituiscono prendono diverse direzioni. il gran pettorale è principalmente dedicato al movimento della spalla di flessione, adduzione e rotazione interna dell’omero, collabora nell’azione di inspirazione, dilatando il torace se l’arto è fisso. Il gran pettorale viene spesso considerato dai bodybuilder un antagonista del gran dorsale, ma questo è vero solo per gran parte del movimento, non per tutta l’escursione articolare della spalla, svolge anche un’importante funzione posturale, quindi sarebbe opportuno svilupparlo in modo proporzionato rispetto agli altri gruppi muscolari presenti sul tronco, quali deltoidi, dorsali e addominali.

È importante simolare tutti i fasci
Quando si parla di allenare il petto si sente spesso dire “con questo esercizio alleni il petto alto”, questo perchè nonostante vengano coinvolte quasi tutti i fasci durante i vari esercizi, cambiare inclinazione ed esecuzione nei vari esercizi, cambia le porzioni dei fasci maggiormente coinvolti. I fasci del petto svolgono diverse funzioni e si dividono in:
Fasci clavicolari: adduce, flette e intraruota l’omero;
Fasci sterno-costali: adduce e intraruota l’omero;
Fasci addominali: adduce, intraruota ed estende l’omero dalla posizione di massima flessione
I fasci addominali e sterno-costali solitamente vengono considerati entrambi “petto basso”.
Per sviluppare la porzione bassa del petto (parte addominale) sarà opportuno utilizzare un piano di lavoro neutro come ad esempio una panca piana, oppure un piano declinato che enfatizzerà ancora di più il coinvolgimento dei fasci addominale del petto. Infatti la parte sterno-costale e addominale sono antagoniste della parte clavicolare. Volendo comunque stimolare la fascia sterno-costale a dovere ma utilizzando un piano di lavoro più gentile a per l’articolazione della spalle, si può optare per una panca inclinata fino a 15/20 gradi. Purtroppo i fasci addominali del gran pettorale sono determinati principalmente dalla genetica, infatti esistono soggetti che non li hanno in quantità direttamente proporzionale al resto del muscolo ed altri in cui sono pressoché assenti.
Per sviluppare la porzione superiore del gran pettorale sarà bene utilizzare un’inclinazione maggiore sulla panca, partendo dai 30 grandi fino ad arrivare anche ai 60/70, in quanto bisogna cercare di sollecitare maggiormente i fasci clavicolari, ovvero quelli situati in prossimità della clavicola. È opportuno non superare i 60/70 gradi di inclinazione della panca perché il lavoro andrebbe in buona parte perso, perché maggiormente a carico del deltoide anteriore. Spesso, infatti, in soggetti con deltoidi (e talvolta anche braccia) molto sviluppati rispetto agli altri gruppi muscolari, si può riscontrare un’effettiva carenza del gran pettorale, soprattuto dei fasci clavicolari in quanto il deltoide, essendo dominante, va a rubare molto lavoro ai fasci della porzione alta.

Qual è lo stimolo ottimale per far crescere il gran pettorale?
In palestra, alla ricerca dello sviluppo e della definizione dei pettorali, normalmente si eseguono esercizi che prevedono movimenti lungo il piano trasversale di adduzione (omero che si avvicina al tronco) contro gravità, ai quali talvolta è possibile associare delle rotazioni se si utilizzano manubri, pesi o cavi. I pettorali, come i quadricipiti non hanno una prevalenza tra fibre bianche, rosse ed intermedie, in quanto questa cambia in base ai fasci del pettorale. Quindi sarà opportuno utilizzare un protocollo che vada a coprire tutti i diversi TUT in cui si attivano le varie tipologie di fibre, utilizzando ad esempio un protocollo in stile heatfield o P.h.a.t., in quanto danno uno stimolo completo a tutto il muscolo, miofibrillare con lavori a basse reps, sarcoplasmatico con lavori a ripetizioni più alte e quindi TUT maggior ed infine di capillarizzazione con TUT davvero lunghi e carichi irrisori. Il volume di allenamento ovviamente sarà soggettivo e come sempre è bene ricordare quando si prepara un programma di allenamento, che intensità e volume sono inversamente proporzionali, quindi è opportuno bilanciare con una giusta via di mezzo questi parametri. Ovviamente a seconda della programmazione l’ago della bilancia può pendere maggiormente da un lato o dall’altro.

Ora arriva la fatidica domanda… Manubri o bilanciere?
Parlando con molti utenti ho riscontrato che i manubri vengono nominati più frequentemente come miglior “attrezzo” per allenare i pettorali, meglio del bilanciere e talvolta considerati da alcuni superiori anche ai macchinari isotonici. Nonostante il bilanciere sia più facile da gestire perché come dice il nome bilancia, i manubri rendono più fedeltà ai movimenti per cui è stato concepito il petto. Come già detto il gran pettorale svolge la funzione di adduzione e proprio per questo i manubri vengono reputati più congeniali per allenarli, in quanto permettono appunto questa adduzione ed un maggior accorciamento a fine concentrica. Non essendo vincolati la posizione della mani può essere variata a proprio piacimento durante tutto l’arco di movimento, enfatizzando quindi adduzione ed allungamento, la traiettoria della forza che segue l’articolazione è naturale, cosa che col bilanciere risulta impossibile, una volta impugnato, durante la serie le mani li sono e li rimangono. In fisica il lavoro è determinato da forza per spostamento, dove nel nostro caso per forza si intende il carico sollevato e per spostamento si intende la massima escursione del movimento. Questi parametri sono direttamente proporzionali al lavoro, quindi più è alto lo spostamento e maggiore lavoro farà il muscolo.

Quindi perché se i manubri sulla carta risultano più vantaggiosi rispetto al bilanciere questo viene comunque utilizzato?
Ricordiamoci che per generare ipertrofia è necessario potersi esprimere al meglio nei vari esercizi utilizzando carichi elevati, o meglio, carichi abbastanza elevati da generare uno stimolo ipertrofico. Nonostante i manubri si prestino bene anche a lavori meccanici, sono più limitanti rispetto al bilanciere sul carico. Questo perché i manubri vanno comunque stabilizzati (anche il bilanciere, ma in maniera decisamente minore) e fare ciò ruba molto lavoro al pettorale perché lo limita nel carico. Ovviamente questo discorso vale per stimoli meccanici o neurali dove il reps range è davvero basso, già sopra le sei/otto ripetizioni fanno a dovere il loro sporco lavoro. Ricordiamo inoltre che per avere la massima congestione sul pettorale è necessario eseguire l’esercizio in modo scrupolosamente corretto. Sono molti quelli che, durante le distensioni su panca, commettono numerosi errori, soprattutto per ego, i classici egolifter. È del tutto inutile, tanto varrebbe caricare meno.

Qualche nozione da tenere a mente per eseguire delle distensioni su panca in modo corretto.
-Assumere una posizione distesa sulla panca, addurre e deprimere le scapole, nel caso stiate facendo le distensioni col bilanciere è importante curare l’altezza del corpo rispetto al supporto su cui è caricato.
-Mantenere il petto “in fuori” con adduzione e depressione scapolare per tutta la durata del movimento.
-Mai eseguire le distensioni con la lombare aderente alla panca, ci sovraccaricherà l’articolazione del deltoide. Mantenendo l’adduzione e la depressione scapolare si formerà un leggero arco fisiologico che non è necessario enfatizzare, ma è opportuno matenere.
-Le spalle devono essere ben appoggiate allo schienale, MAI ANTEPORLE si sposterebbe il lavoro sul deltoide anteriore oltre a diventare pericoloso, in tal modo diventa è più difficile iper-estendere l’articolazione del gomito.
-Impugnare il bilanciere in modo che, in posizione di massimo allungamento (barra sullo sterno), l’omero e l’avambraccio formino un angolo di circa 90°. L’impugnatura troppo stretta sposterebbe il lavoro sui tricipiti.
-La fase eccentrica del movimento, ovvero la negativa, deve essere sempre eseguita in modo controllato, a prescindere dal carico di lavoro.
-La traiettoria non è lineare, non disegna una linea perfettamente perpendicolare al pavimento, bensì durante la fase eccentrica il bilanciere si sposta leggermente in avanti verso lo stesso, la contrario durante la fase concentrica si sposta leggermente indietro verso la nuca per poi tornare in linea con le spalle.
-Importante mantenere i piedi ben saldi a terra ed applicare una leggera pressione così da poter sfruttare il leg drive per essere più stabili e poter utilizzare un carico maggiore.
-Il gomito non forma un angolo di 90 gradi col busto ma leggermente più acuto, circa 80 grandi, questo rende molto più gentile l’esercizio a livello articolare per quanto riguarda il deltoide e permette di sfruttare una traiettoria più naturale.
Gli esercizi per la massa per il gran pettorale sono spesso a rischio infortunio per la spalla e se mal eseguiti possono alzare il rischio di lesione alla cuffia dei rotatori. Per questo è importante dedicare il giusto tempo all’apprendimento della tecnica corretta nelle fasi iniziali per poi beneficiare nel tempo di una pulizia di movimento in grado di abbassare il rischio infortunio. Fondamentale in questo senso il corretto assetto scapolare.
