ALTE O BASSE REPS, QUALI SCEGLIERE?

Il mondo del bodybuilding si trova spesso diviso in due fazioni, chi sostiene l’inutilità di TUT e di conseguenza di lavori più lunghi a favore di TUT più brevi e viceversa. Questa divisione era più marcata qualche anno fa, quando c’è stato il “bom” degli allenamenti improntati sulla forza, i bodybuilder stavano praticamente diventando dei powerlifter. Fortunatamente questa, come tutte le altre mode, comprese quelle attuali sono solo passeggere, la forza si è un mezzo davvero utile, ma deve rimanere tale e non diventare il fine per un bodybuilder. L’idea di scrivere questo articolo è nata da una domanda che mi fu posta da uno dei ragazzi che preparo, “coach, ma secondo te sono più proficui lavori da 4/6 ripetizioi o da 15/20?”

MIOFIBRILLA E SARCOPLASMA

Per rendere tutto più chiaro è opportuno prima analizzare da cosa è composto il muscolo… il muscolo è formato da varie unità e corpi differenti. Sono presenti ovviamente le fibre muscolari, di diverso tipo a seconda della funzione, vascolarizzazione e velocità di contrazione (I, IIa, IIx) circondate dal sarcoplasma. Sono presenti anche i mitocondri adibiti alla sintesi di ATP e depositi di grasso, capillari e glicogeno.

Le varie componenti muscolari comprendono:

-Sarcoplasma che costituisce circa il 20% – 30%

-Miofibrille che costituiscono circa il 20% – 30%

-Mitocondri che compongono il 15% – 25%

-Arasso per circa il 10% – 15%

-Altre sostanze sub-cellulari 3% – 7%

-Capillari 4% – 6%

-Glicogeno 3% – 6%

-Tessuto connettivo 2% – 3%

Come si può vedere le componenti maggiormente presenti sono MIOFIBRILLA e SARCOPLASMA, che sono anche quelle da tenere maggiormente in considerazione quando si va ad impostare un programma di allenamento, ma vediamole più nel dettaglio così da capire meglio.

Miofibrilla: è quella che viene considerata “il tessuto muscolare vero e proprio”, ovvero i filamenti di actina e miosina, si manifesta come un ispessimento dei filamenti che costituiscono le miofibrille della cellula. Lo stimolo per l’ipertrofia di questo tipo viene effettuata con alti carichi e basse ripetizioni, sfruttando prevalentemente il sistema anaerobico alattacido di potenza.

Sarcoplasma: è invece l’ambiente che circonda le miofibrille, costituisce la parte liquida della cellula che ospita mitocondri, glicogeno e acidi grassi, ovvero le riserve di energia. Per aumentare di volume, il sarcoplasma richiede un lavoro di resistenza allo sforzo che inneschi l’esaurimento del glicogeno cellulare, che una volta ricostituito in eccesso con la dieta, renderà il muscolo molto più voluminoso. Per ottenere ciò è necessario lavorare sul metabolismo anaerobico lattacido.

QUINDI COME SCEGLIERE IL RANGE DI RIPETIZIONI?

Come abbiamo appena visto quindi nessuno dei due range di ripetizioni risulta essere il migliore a fine ipertrofico, bensì risultano entrambi molto utili ed importanti per avere uno stimolo completo. Uno dei primi a portare un approccio scientifico per quanto riguarda l’allenamento che viene considerato tutt’ora attuale e valido fu Hatfield. Lui basava il suo approccio sull’utilizzo di differenti range di ripetizioni così da colpire il muscolo a 360 gradi. La famosa metodologia Hatfield (vi lascio il link in merito all’articolo https://lucabertalli.com/2020/06/11/metodologia-hatfield/ ).

QUINDI COME IMPOSTARE L’ALLENAMENTO?

Da ciò che abbiamo appena visto si evince quindi che sarà importante coprire tutti i range di ripetizioni in modo da dare uno stimolo completo, vi riporto qui sotto un esempio per una seduta di petto:

  • Panca piana 5×5
  • Croci panca 20 gradi 4×12
  • Chest press 3×25

Classico seduta di allenamento in stile hatfield.

Sarò ripetitivo però è così, non vi è un range di ripetizioni migliore dell’altro, tutti risultano utili perché richiedono l’intervento di diverse tipologie di fibre. Tenendo presente quanto sia importante nel bodybuilding reclutare e sfinire tutte le fibre, risulta quindi semplice capire perché è importante lavorare in modo completo e ve lo sta dicendo un egolifter che considera cardio le serie sopra le 8 ripetizioni. Non limitatevi a ciò che vi piace, o meglio, non fatelo se volete progredire, uscite dalla vostra zona di confort e sperimentate.

Di seguito potete trovare un articolo che ritengo davvero ben scritto per approfondire questo argomento piuttosto importante a cura di Marcello Del Fitto, laureato in scienze motorie e preparatore di natural bodybuilding.

<<Un appunto in merito alla legge di Henneman.
Per chi non la ricordasse: https://www.projectinvictus.it/la-legge-di-henneman-il-cedimento-il-carico-ottimale/?fbclid=IwAR2lY3yrNJOp6RpNfCjaatWYANL_NRprBPo6suCGNfbRMN2Kx7Mrjpxtowc

Il “size-principle” prevede che maggiore è l’intensità – intesa come % di carico sull’attrezzo e non come percezione di sforzo – maggiore è il coinvolgimento delle fibre muscolari di tipo II, ovvero le fibre bianche nonché le più ipertrofizzabili, fino ad arrivare all’80% del massimale in cui si ha un reclutamento completo di tutte le fibre muscolari.

Va precisato che utilizzando carichi maggiori o uguali all’80% dell’1RM non serve raggiungere il cedimento per ottenere un coinvolgimento completo delle fibre muscolari perché lo avremmo anche con una singola ripetizione.

In realtà, però, non occorre caricare sull’attrezzo l’80% del massimale per avere un’attivazione completa di tutte le fibre, ma anzi basta anche molto meno.

Diverse evidenze dimostrano che anche carichi relativi a basse intensità (30% 1RM – circa 20RM) sono sufficienti per reclutare anche le fibre di tipo IIb (non tutte ok, ma una buona parte); i motivi per cui questo avviene sono molteplici: l’accumulo di ioni H+ inibisce la contrazione muscolare (avete presente la sensazione, a fine serie, del muscolo che letteralmente si pietrifica? Ecco…) portando un necessario intervento di fibre aggiuntive per protrarre lo sforzo, inoltre lo stato di ipossia porta ad un metabolismo tendenzialmente anaerobico e di conseguenza all’attivazione delle fibre di tipo II.

Va precisato che per far sì che questo avvenga è necessario raggiungere (almeno) il cedimento.

Facciamo un esempio pratico.

Ipotizziamo che ci stiamo allenando con serie medio-lunghe, recuperi brevi e un carico medio-alto, facciamo un 60/70%.

Come abbiamo anticipato prima con questa intensità si attivano anche un buona parte delle fibre bianche di tipo II (ipotizziamo la metà) ma – come ben sappiamo – queste fibre sono molto forti ma poco resistenti oltre a necessitare molto tempo per recuperare ma la nostra richiesta di contrazione si protrae per tempi (o meglio T.U.T.) più lunghi delle loro capacità.

Secondo il principio del “ricambio” delle fibre stesse (ovvero quando una fibra è stanca subentra l’altra per fronteggiare lo sforzo richiesto) durante il nostro allenamento le fibre rosse lente e le intermedie probabilmente parteciperanno attivamente in tutte queste lunghe e numerose serie, mentre le bianche si “alterneranno” tra loro ma una percentuale di quest’ultime sarà sempre attiva durante la contrazione e ciò fa sì che a fine allenamento avremo reclutato tutte le fibre (non contemporaneamente, ma comunque le avremo coinvolte e stimolate tutte).

Inoltre “il carico esterno non è l’unico parametro che influisce sull’attivazione delle fibre, ma anche la velocità di contrazione determina quali fibre utilizzare. A parità di carico i movimenti più esplosivi richiameranno le fibre più veloci IIb” [Carmelo Bosco].

Tornando al tema iniziale, la differenza è appunto che per ottenere un reclutamento completo di tutte le fibre muscolari con carichi elevati (≥80%) non bisogna per forza arrivare al cedimento mentre con carichi più moderati non solo è indispensabile raggiungerlo ma anzi c’è da andare ben oltre il cedimento (tramite tecniche d’intensità, rest-pause, statiche, eccentriche, ecc.).>>

CONCLUSIONI

Non vi è quindi un range di ripetizioni effettivamente utile e per quanto la teoria di base dica che è necessaria la percentuale X per reclutare X fibre muscolare, come abbiamo appena visto non è effettivamente così. Ciò è da tenere in considerazione per poter sfinire tutte le fibre muscolari del gruppo interessato, quindi ricordatevi di coprire tutti i range di ripetizioni e quanto scritto sopra da Marcello Del Fitto. Questo perché si possono ottenere effetti simili a quelli che si avrebbero con carichi dell’80% dell’1RM anche con carichi del 30%, purchè si raggiunga il cedimento muscolare e/o la velocità di contrazione sia elevata. Ciò può tornare molto utile in contesti quali ipocalorica per aumentare il volume o ipercalorica per veicolare meglio le kcal extra, con un po’ di logica e fantasia sarà semplice sfruttare quanto letto sopra.

BODYBUILDING E CARICO INTERNO

BODYBUILDING

Il bodybuilding a differenza delle altre discipline/attività fisiche quali: basket, calcio, tennis, ecc… Non viene considerato uno sport ma bensì una disciplina fisica. Ciò è più che corretto, nello sport si tende ad utilizzare degli schemi motori molto naturali, i quali richiedo il reclutamento di più unità motorie, così da essere efficiente al massimo. Un esempio banale, il basket, quando si corre in terzo tempo a canestro in schiacciata, il momento in viene spiccato il salto, oltre a richiedere una certa coordinazione, richiede anche molta esplosività, nonché la rapida attivazione di tutte le unità motorie possibili. Tutto ciò nel bodybuilding non avviene, anzi, avviene l’esatto opposto. Nel bodybuilding si cerca di trasferire tutto il carico esterno possibile, al distretto muscolare interessato durante la serie allenante, la tensione percepita sarà il carico interno. Il carico interno è la tensione che percepisce il muscolo X durante la serie che può essere uguale o minore rispetto al carico esterno, ovvero il carico utilizzato. Per fare ciò grazie alla famosa “connessione mente-muscolo”, si cerca (per quanto impossibile) di attivare per spostare il carico, solo il distretto muscolare interessato, cercando di limitare il più possibile di disperdere il lavoro sui sinergisti. Questa infatti è la cosa più innaturale possibile perché in natura bisogna essere funzionali.

CARICO INTERNO

Nel bodybuilding si cerca di trovare la tecnica ottimale per avere il maggior coinvolgimento muscolare del gruppo interessato durante la serie (carico interno elevato) ed il minor rischio infortuni. È la disciplina in cui fa da padrone il carico interno. Ovviamente come già detto non è possibile escludere totalmente le altre unità motorie che intervengono durante il gesto, ma solo limitarne il coinvolgimento. Per esempio quando si esegue una french press si stanno sì “isolando” gli estensori del gomito, ma al contempo vengono coinvolte le articolazioni della spalla, del polso, il retto addiminale per stabilizzare, etc… Quindi l’isolamento puro non può esistere.

CHE COS’È?

Vediamo meglio che cos’è il carico interno…. Il carico interno è la tensione muscolare percepita dal distretto che si vuole allenare con l’esercizio “X” rispetto al carico esterno che invece corrisponde al peso mosso. Il carico esterno sarà maggiore o uguale (rarissimo) al carico interno.
Esempio: si esegue uno squat con 100kg, in questo caso il carico esterno corrisponde ai 100kg utilizzati, il carico interno invece è molto variabile e ciò dipende dalla padronanza della tecnica e dalla propriocezione del soggetto, se chi esegue lo squat possiede un’ottima tecnica e propriocezione, il carico interno (quello percepito) sarà quasi o pari ai 100kg sul bilanciere. In caso contrario invece, visto quanto viene disperso sulle altre unità motorie coinvolte, il carico interno su sarà irrisorio.

FORZA E BODYBUILDING

Grazie a ciò che abbiamo appena visto è possibile anche chiarire il classico dubbio, “perché lui è più grosso ma il suo amico solleva di più?”. La risposta ora risulta abbastanza palese ma vediamo di avere un quadro completo. La forza è un’abilità e va allenata, aggiungiamoci che forza ed ipertrofia non hanno un grafico di progressione lineare e dovrebbe già essere chiaro il motivo, ma proseguiamo… Quando si cerca di allenare la forza massimale sì va ad utilizzare stimoli neurali, in cui lo scopo è quello di sollevare il maggior carico esterno possibile a discapito del carico interno, per fare ciò si ricerca il coinvolgimento di più unità motorie possibili, per avere la massima resa a livello prestazionale. Questo è la medesima cosa che abbiamo visto ad inizio articolo quando abbiamo parlato della schiacciata nel basket, qui lo scopo è ricercare la miglior performance possibile, quindi il carico esterno più alto possibile e ciò va a discapito del carico interno per ovvi motivi. Prendiamo di nuovo in esempio la schiacciata nel basket che rende di più l’idea, prima di partire con la schiacciata si arriva in corsa e poi si salta, non ci si ferma per flettere e distendere le gambe così da strizzare il muscolo per poi saltare così da avere il massimo carico interno, sarebbe controproducente, no?

LA BASE DEL BODYBUILDING

Riuscire a trasmettere un buon carico interno, soprattutto per i novizi risulta alquanto complesso, questo perché oltre una buona propriocezione, ciò richiede anche tecnica e coordinazione. Prendiamo in esempio lo squat, ha uno schema motorio piuttosto complesso e risulterà di conseguenza difficile eseguirlo in maniera ottimale e di conseguenza anche avere un buon carico interno. Un neofita che si approccia a questo esercizio inizialmente sarà scoordinato, dovrà imparare prima lo squat ed a quel punto potrà aumentare il numero di ripetizioni e/o il carico. Per poter aumentare i parametri allenati (volume, intensità, densità), il soggetto sarà naturalmente portata a migliorare la coordinazione intermuscolare, togliendo così parte del carico interno al muscolo target. L’effetto potrebbe così essere quello di vedere i kg dei manubri che aumentano, ma non un reale effetto sui distretti muscolari interessati, si sta aumentando il carico esterno a discapito di quello interno. Invece la base nell’allenamento nel bodybuilding è lavorare sulla propriocezione dell’esercizio, andando “contro natura”, potenziando la coordinazione intramuscolare a discapito di quella intermuscolare. Una volta che avremo imparato a fare ciò potremmo concentrarci sugli altri parametri, sull’alimentazione, sul riposo, etc… Dico “dopo”, per il semplice fatto che se il muscolo non riceve uno stimolo adeguato, le kcal introdotte non avranno utilità per l’ipertrofia, in quanto non ricevendo lo stimolo necessario non le richiederà.

CONCLUSIONI

Il bodybuilding è una disciplina in cui si scende a grandi compromessi, in cui la prestazione non sempre è sinonimo di miglioramento. State però attenti a non esasperare questo concetto ed iniziare ad allenarvi con dei pesi ridicoli. Il muscolo ha comunque bisogno di una tensione adeguata allo sviluppo dell’ipertrofia e per quanto la forza non sia il fine è un mezzo importante e non va lasciata in disparte, in quanto nessuno che sia diventato “grosso” è mai stato debole. Per ciò, il messaggio da portare a casa è che bisogna sì cercare di progredire coi carichi, ma ciò non deve andare a discapito del carico interno.

PROGRESSIONE DI CARICO

Per progredire col carico è necessario costringere il muscolo ad adattarsi al nuovo sovraccarico e crescere.

La progressione che sia di carico o volume è ormai dato per assodato che sia la base nel bodybuilding per crescere, se si riesce ad aumentare il lavoro globale ed è tale da essere recuperato, il muscolo (dieta permettendo) sarà costretto a sviluppare ipertrofia. Il corpo si adatta e quindi non ci si può aspettare miglioramenti continuando a rimanere nella propria zona di confort, bisogna dargli una scossa, cercando appunto di progredire sfruttando stimoli differenti e programmazioni ad hoc. Inizialmente sarà facile aumentare i carichi, i novizi riescono a progredire con estrema facilità, questo perché stanno ancora imparando ad esprimersi, ricordiamoci che la forza è un’abilità e come tale va allenata. Il problema infatti si pone quando si inizia ad essere più navigati, è qui che bisogna mettere in atto le strategie più idonee a sbloccare questa situazione. È vero che forza ed ipertrofia non sono strettamente collegati, però un aumento del carico massimale permette di allenarsi con pesi molto più elevati e di avere una resa a livello ipertrofico decisamente maggiore. Ricordiamoci che l’ipertrofia è un adattamento multifattoriale: danno muscolare, tensione meccanica e stimolo metabolico, altro motivo per cui è bene ricercare una progressione di carico.

LE BASI DELLE PROGRESSIONI

Per migliorare occorre creare una progressione di carico nel tempo. La progressione del carico non deve essere una spada che ti forza ad aumentare pesi e/o ripetizioni di allenamento in allenamento per ‘testarvi’ settimana dopo settimana. La progressione dei carichi deve essere un meccanismo intelligente, per cui accompagniamo il nostro corpo ad uno stabile e cronicizzato miglioramento! Eviterei l’utilizzo dell’autoregolazione, il margine di errore è troppo alto ed è inversamente proporzionale al livello dell’atleta, infatti un novizio ed un intermedio tenderanno quasi sempre ad andare fuori soglia.

ALCUNI ESEMPI DI PROGRESSIONE

1

Una delle svariate possibilità sarebbe cercare di aumentare l’intensità intesa come carico allenante e la densità, ovvero il volume eseguito nell’unità di tempo. Funzionale ma spesso porta ad un deterioramento dell’esecuzione per una ricerca di aumenti forzati o sovraccarico a livello dell’SNC (sistema nervoso centrale) per l’ansia da “prestazione”, ovvero la paura di non riuscire a concludere la seduta con i parametri che ci si era prefissati, salvo che non si decida (e accetti, perché psicologicamente non è facile) di partire a lavorare con un ampio buffer e di conseguenza quasi non allenarsi le prime settimane.

2

Un altro possibile approccio agisce su due parametri contemporaneamente, aumentandone uno ed alleggerendo l’altro. Si può agire aumentando il carico e diminuendo le ripetizioni in maniera lineare durante le settimane e per aumentare la densità di lavoro si possono ridurre i tempi di recupero.

3

Un’altra possibilità molto semplice ed efficace è aumentare le ripetizioni in modo molto graduale nelle settimane, per poi diminuirle, aumentare il carico utilizzato e ripartire. Si possono inserire sulla medesima alzata in sedute differenti anche più di una tabella di progressione utilizzando volume, carico e recuperi differenti, così da rendere più efficace la ricerca di un aumento di prestazioni grazie alla maggior ripetizioni del gesto ed agli stimoli differenti.

4

Si può anche decidere di mantenere serie, ripetizioni e recuperi fissi ed aumentare solo gradualmente il carico nelle settimane, partendo con una percentuale di carico più bassa di quella che verrebbe normalmente usate per eseguire le serie e le ripetizioni indicate. Si può, sempre mantenendo fissi volume e recuperi, giocare alternando percentuali di carico alte e basse nelle settimane, ciò è utile perché eseguire serie con ampio buffer permette di apprendere meglio lo schema motorio e rendere migliore l’attivazione a livello neurale.

ESEMPIO 3 e 4

Vi porto in esempio la terza e la quarta delle molteplici possibilità di lavoro per ricercare una progressione di carico, in quanto sono quelle che sono solito applicare ed utilizzare, ipotizziamo di eseguire sia la panca piana che la french press due volte a settimana nella stessa seduta, seguendo per la panca piana un giorno la tabella A ed un giorno la B, mentre per la french press un giorno la tabella B ed un giorno la C. La ripetizione durante una settimana dello stesso gesto permette di migliorarne l’apprendimento dello schema motorio e di conseguenza la resa in termini di performance dello stesso. Per la french press verranno utilizzate le tabelle con i range di ripetizioni più alte, in quanto stiamo allenando un gruppo muscolare piccolo ed avendo sempre come fine ultimo l’estetica, avrà una resa migliore a livello ipertrofico rimanendo in un range di ripetizioni medio-alto, al contrario del gran pettorale che risponderà bene anche a ripetizioni più basse. I tempi di recupero sono abbastanza dilatati, soprattutto per la tabella A viste le ripetizioni molto basse, questo per permettere all’SNC di poter avere comunque una buona resa. La mancanza di un recupero adeguato per l’SNC, che comunque non ha la stessa ripresa che si ha a livello fisico implicherebbe uno stallo, in quanto non permetterebbe di potersi esprimere al meglio reclutando in modo ottimale tutte le unità motorie che partecipano al gesto. Il lavoro partirà con un leggerissimo buffer per permettere la progressione nelle settimane, ci sarà aumento iniziale del volume, dopo di che una diminuzione dello stesso in concomitanza con un aumento del carico, per poi ripetere. Una progressione molto semplice ed efficace.

TABELLA A  UTILIZZO UN 7/8RM CON  3 MIN RECUPERO

WEEK 1 4X4

WEEK2 2X5  2X4  STESSO CARICO DELLA SETTIMANA 1

WEEK3 4X5  STESSO CARICO DELLA SETTIMANA 2

WEEK4 4X4 +2/3% DEL CARICO DELLA SETTIMANA 1

WEEK 5 2X5  2X4  STESSO CARICO DELLA SETTIMANA 4

WEEK6 4X5  STESSO CARICO DELLA SETTIMANA 5

TABELLA B UTILIZZO UN  9/10RM CON  2 MIN RECUPERO

WEEK 1 4X6

WEEK2  2X7  2X6  STESSO CARICO DELLA SETTIMANA 1

WEEK3  4X7  STESSO CARICO DELLA SETTIMANA 2

WEEK4  4X6  +2/3% DEL CARICO DELLA SETTIMANA 1

WEEK5 2X7  2X6  STESSO CARICO DELLA SETTIMANA 4

WEEK6  4X7  STESSO CARICO DELLA SETTIMANA 5

TABELLA C UTILIZZO UN  11/12RM CON  2 MIN RECUPERO

WEEK 1 4X8

WEEK2 2X9  2X8  STESSO CARICO DELLA SETTIMANA 1

WEEK3  4X9 STESSO CARICO DELLA SETTIMANA 2

WEEK4 4X8  +2/3% DEL CARICO DELLA SETTIMANA 1

WEEK5  2X9  2X8  STESSO CARICO DELLA SETTIMANA 4

WEEK6  4X9   STESSO CARICO DELLA SETTIMANA 5

Queste tabelle durano solo sei settimane perché servono come esempio, la progressione dopo può essere portata avanti anche variando serie e ripetizioni valutando il tonnellaggio e mantenendo sempre la stessa teoria di base, ovvero carico di volume, dopo di che scarico seguito da aumento di intensità.

Per quanto riguarda il quarto esempio invece, verranno come già detto aumentati i carichi durante le settimane mantenendo volume e recuperi invariati, ricercando solo un aumento di carico. Qui sotto ad esempio vi mostro due tabelle con le percentuali di lavoro invertite nelle settimane, questo risulta davvero comodo per poterle applicare nelle medesima seduta a gesti differenti, ad esempio con squat e stacco, o panca piana e french press. Un giorno ci ritroveremo uno squat leggero ed uno stacco pesante, viceversa la settimana successiva, in questo modo l’SNC non ne risentirà rischiando di rendere poco produttiva la seduta.

TABELLA A

WEEK1 6×3 85%

WEEK2 6×3 70%

WEEK3 6×3 87.5%

WEEK4 6×3 72.5%

WEEK5 6×3 90%

WEEK6 6×3 75%

TABELLA B

WEEK1 6×3 70%

WEEK2 6×3 85%

WEEK3 6×3 72.5%

WEEK4 6×3 87.5%

WEEK5 6×3 75%

WEEK6 6×3 90%

Provate e trovate l’approccio che si addice di più a voi anche solo a livello ludico, ricordando però che se il fine è l’ipertrofia allora la forza è solo un mezzo ed il suo ruolo deve rimanere tale.